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Il Cucuzza Euclide di Caltagirone ricorda le vittime dimenticate della mafia: Serafino Fama

Il 9 novembre 1995 a Catania venne barbaramente ucciso dalla mafia l’avvocato penalista Serafino Famà. Nel 26° anniversario dell’attentato l’IIS “Cucuzza Euclide” di Caltagirone lo ha ricordato con una conferenza dibattito alla presenza dei rappresentanti della Camera Penale di Caltagirone Avv. Giovanni Bellino e avv. Emanuele Alberghina, dei figli dell’avv. Serafino Famà, Fabrizio e Flavia, della prof.ssa Benedetta Russo e prof.ssa Marinella Crapanzano che hanno organizzato l’evento.

Sono state coinvolte tutte le classi del triennio, alcune in presenza e le altre in videoconferenza.

La nostra scuola con iniziative come quella odierna – afferma la dirigente Adele Puglisi – intende far percorrere ai propri studenti quel processo che conduce dal ricordo alla memoria. I ricordi sono una sequenza di fatti spesso legati all’emotività, la memoria va costruita legando i singoli ricordi ad una mappa che ci consente di leggere con razionalità gli eventi. La presenza dei figli dell’avv. Famà oggi ci testimonia non solo il dolore dei familiari ma come il dolore può e deve trasformarsi in testimonianza, in esempio per chi, da cittadino, è e sarà sempre chiamato a comiere il proprio dovere a prescindere dal ruolo che è chiamato a compiere nella società”.

La camera penale di Caltagirone è un’associazione di avvocati penalisti ed è costantemente chiamata a tutelare i valori del diritto penale delle persone a prescindere se si taratta di vittime o di imputati – afferma l’avv. Giovanni Bellino componente del direttivo della Camera Penale di Caltagirone – con l’iniziativa di oggi vogliamo ricordare un avvocato penalista di grande levatura morale che ha fatto il suo dovere fino all’estremo sacrificio. Iniziative lodevoli come queste rappresentano quel sasso lanciato nelle acque della memoria e ci auguriamo che le onde di questa memoria si propaghino nel futuro delle nuove generazioni”.

In un sistema democratico bisogna sempre garantire i diritti degli imputati infatti, quando inizia una dittatura i primi ad essere arrestati sono gli avvocati”, - così esordisce Fabrizio il figlio di Serafino Famà – nel ricordare il padre e cita ciò che egli affermava parlando del diritto – dovere della difesa penale, “nel rapporto fra l’assistito e l’avvocato difensore dev’esserci sempre la scrivania come metafora del giusto distacco che deve mantenere la difesa. La scrivania che è anche quel contenitore dei documenti necessari a costruire la difesa”.

Tra la commozione Fabrizio e Flavia ricostruiscono la sera dell’assassinio raccontando dettagli e particolari che commuovono gli alunni. Per oltre dieci anni non hanno più parlato di quella sera conservando un ricordo sordo di quel dolore. Poi l’incontro con Libera “ci ha ridato dignità e coraggio – afferma Flavia Famà - Quando sei parente di una vittima di mafia hai vergogna, per prima cosa ti feriscono le insinuazioni di giornalisti superficiali, poi ti abbandonano gli amici perché pensano che possano essere coinvolti in altri agguati anche i familiari supestiti. Libera ci ha messo in contatto con altri familiari di vittime della mafia. Ho incontrato Rita Borsellino e sentirla parlare di Paolo non come magistrato ma come fratello mi ha dato la spinta per trasformare la mia memoria in impegno affinchè quello che è successo a mio padre non accada a nessun altro uomo. Nunca mas come si dice in Sud America”.

La proiezione del documentario “Tra due fuochi –Serafino Famà storia di un avvocato” ed un dibattito con gli studenti hanno concluso l’iniziativa.

Sebastiano Russo

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