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 Home page > Attualità > Europa > Il Consiglio di stato francese: no alle calciatrici col velo

Il Consiglio di stato francese: no alle calciatrici col velo

Mentre il paese è sconvolto dal nuovo caso di razzismo tra le forze di polizia, costato la vita a un ragazzo di 17 anni a Nanterre, il Consiglio di stato – il massimo organo di giustizia amministrativa – della Francia ha preso una brutta decisione.

L’articolo 1 della normativa della Federazione calcistica francese, risalente al 2016, vieta di scendere in campo indossando “simboli o vestiti che manifestino palesemente un’opinione politica, filosofica, religiosa o sindacale”.

Il Consiglio di stato ha stabilito che questa norma non è discriminatoria e pertanto l’articolo 1 non va cambiato: le calciatrici che indossano il velo continueranno a non poter disputare partite di calcio ufficiali.

La Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa), che per molti versi non può essere considerata incline al rispetto e alla promozione dei diritti umani, già nel 2014 aveva annullato il divieto di disputare le partite indossando il velo.

Alla faccia della retorica sulla necessità di rendere lo sport femminile più inclusivo: le calciatrici musulmane continueranno a subire un trattamento diverso dalle altre colleghe e dunque discriminatorio.

Founé Diawara, co-presidente del collettivo Hijabeuses che aveva promosso l’azione giudiziaria presso il Consiglio di stato, ha così commentato la sentenza del Consiglio di stato:

“Poteva essere l’occasione per porre rimedio a una norma sbagliata ed è stata un’occasione persa. La nostra non è una battaglia politica o religiosa, noi chiediamo che sia rispettato il nostro diritto di partecipare alle manifestazioni sportive. Molte donne, ogni fine-settimana, sono escluse dai campi di calcio solo perché indossano il velo”.

La sentenza del Consiglio di stato incoraggerà un gruppo di senatori che vuole fare del contenuto dell’articolo 1 del calcio una legge nazionale da applicare a tutti gli sport.

Il diritto internazionale dice chiaramente che la neutralità o il laicismo di uno stato non sono ragioni legittime per imporre limitazioni ai diritti alla libertà di espressione e di religione, quali ad esempio divieti generali riguardo a simboli culturali e religiosi. Ogni limitazione del genere dev’essere giustificata dai fatti, non da presunzioni e pregiudizi.

(La foto è tratta dal portale https://alliancecitoyenne.org/hijabeuses/)

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