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Il Consiglio di sicurezza dell’Onu condanna la repressione in Siria: no del Libano

Dopo due giorni di intense discussioni che hanno dimostrato la difficoltà di convergere su un progetto di risoluzione, i quindici membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno infine adottato ieri una dichiarazione abbastanza generica che si limita a condannare l'uso della forza contro i civili da parte del governo siriano, la cui repressione dal 15 marzo - giorno d’inizio delle proteste - a oggi, avrebbe causato più di 1600 vittime. 

Il Consiglio ha espresso "grave preoccupazione per il deteriorarsi della situazione in Siria e si rammarica profondamente per la morte di centinaia di persone" e riconoscendole come reponsabili "invita le autorità siriane a rispettare pienamente i diritti umani e di rispettare i loro obblighi ai sensi della legislazione internazionale".

Il Libano, unico paese arabo del Consiglio, nel cui governo è ormai imponente la presenza di Hezbollah - 16 i suoi ministri su un totale di 30 -, in qualità di membro non permanente si è dissociato da questa affermazione.
 
Anche se nei fatti l’avversità di Beirut non comporta privazioni di espressione da parte del Consiglio, da un punto di vista politico il peso della unanimità nella richiesta avrebbe potuto avere un peso specifico maggiore. 
 
Temendo un intervento militare come accaduto in Libia - e come del resto era già stato prospettato da un progetto presentato da Gran Bretagna, Francia, Germania, Portogallo, e avallato dagli Stati Uniti - anche Russia, Cina e un gruppo di altri paesi nei giorni precedenti avevano ostacolato l’azione dell’ONU, ma l’acuirsi della violenza e della repressione degli ultimi giorni ha sbloccato la situazione facendo propendere tutti i membri verso un accordo.
 
Alla fine con l'apporto di alcune modifiche nella formulazione del testo, i vari paesi permanenti e non sono riusciti a convergere verso una “più equilibrata” dichiarazione non risolutiva. 
 
Ci troviamo comunque di fronte a una vera e propria svolta nell’atteggiamento della comunità internazionale, un primo importante passo del Consiglio che, per la prima volta dal 15 marzo, si esprime sull’argomento, riconoscendo come responsabili il presidente Bashar al-Assad i suoi funzionari di governo.
 
L’appello alle autorità siriane oltre al cessare l'uso della forza contro le città colpite, mira anche a ottenere una piena cooperazione con l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, il che consentirebbe finalmente un accesso rapido e senza ostacoli ai tanti dipendenti già pronti all'intervento delle agenzie umanitarie internazionali.

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