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Idrogeno, la nuova frontiera energetica?

Parlare di “transizione energetica” è facile, addirittura pop di questi tempi, ragionarci seriamente è una sfida ben più ardua. 

Il tema della transizione e del mix energetico ideale per un’impresa, un settore industriale, un Paese è da affrontare con pragmatismo e lungimiranza, in quanto impone di tenere contemporaneamente sott’occhio diversi scenari e diversi archi temporali. Risulta necessario tenere in considerazione che gli scenari di lungo periodo molto spesso non sono altro che la somma della programmazione di diversi altri di breve periodo, e sfatare diversi luoghi comuni: ad esempio, urge tenere in conto il fatto che nella famiglia delle risorse tradizionali ve ne sia una, il gas naturale, capace di garantire un impatto minore in termini ambientali ed economici, mentre in campo di risorse naturali si assisterà nei prossimi decenni a fenomeni notevoli di path dependence.

Ovvero ricerche e investimenti avviati ora potrebbero produrre i loro effetti nei decenni a venire, col procedere della decarbonizzazione. Data la forte strumentalizzazione del dibattito sul nuclearela risorsa più “green” in assoluto, un campo in cui si può programmare, studiare e ragionare con lungimiranza in piena serenità è quello dell’idrogeno. E l’Italia è ben piazzata per presentarsi come leader nell’economia dell’idrogeno.

Snam lancia la sfida

Nella giornata del 10 ottobre Snam ha organizzato a Roma l’evento The Hydrogen Challenge in cui il tema dell’idrogeno è stato posto sul tavolo e analizzato da diverse prospettive. In particolare, è stata evidenziata la redditività di lungo periodo di politiche e investimenti volti a stimolare l’uso dell’elemento più comune dell’universo come fonte di generazione energetica. Alla presenza di due importanti esponenti del Movimento Cinque Stelle, il titolare del Mise Stefano Patuanelli e il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, e di una platea di ad e manager di grandi imprese e società bancarie Snam ha presentato un rapporto congiunto con Mckinsey sul tema, annunciato partnership e l’avvio di un piano di investimenti da 850 milioni di euro.

L’idrogeno, sottolinea Industria Italiana, “non genera nei suoi vari utilizzi emissioni climalteranti e inquinanti e può essere trasportato e stoccato utilizzando le infrastrutture già esistenti”. L’associazione Hydrogen Council, di cui fa parte anche Snam, ha stimato che il valore dell’economia dell’idrogeno è destinato ad aumentare esponenzialmente, passando dai circa 100 miliardi di dollari l’anno di oggi a 2.500 miliardi di dollari nel 2050. E soprattutto, secondo lo studio presentato al meeting, “questo gas pulito potrebbe arrivare a coprire quasi un quarto (23%) della domanda nazionale di energia entro il 2050 in uno scenario di decarbonizzazione al 95%”.

Le potenzialità dell’Italia

Snam non pubblica dati pro domo sua ma si inserisce in un filone analitico che ha avuto un punto di svolta nel rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Aie), intitolato “The future of hydrogen: seizing today’s opportunities” e presentato al G20 di Osaka. Il report, in particolare, suggerisce lo sviluppo di tecnologie che consentano di passare dalla produzione di idrogeno “grigio”, con impiego di anidride carbonica, a ben più sostenibili tipologie “blu”, con impiego di strumenti per la cattura del carbonio, per arrivare poi a un idrogeno verde che sfrutti proprietà elettrolitiche derivanti dall’impiego di fonti pulite.

In quest’ultimo campo, che Snam prevede dominante dal 2050 in avanti, il Belpaese potrebbe ricevere incoraggiamenti positivi dalle analisi di scenario. Come sottolinea Il Sole 24 Ore, in Italia “i costi dell’idrogeno “verde”, data la forte presenza di rinnovabili nella penisola, potranno essere competitivi già entro il 2030, in anticipo rispetto ad altri mercati europei. Il maggior potenziale di utilizzo riguarderà il settore dei trasporti (camion, bus e treni), quello residenziale (riscaldamento) e alcune applicazioni industriali (per esempio, la raffinazione e i processi che richiedono elevate temperature), dove ora viene utilizzato l’idrogeno “grigio”.

Costruire il presente per sognare il futuro

Parlare delle potenzialità di una fonte come l’idrogeno è istruttivo perchè richiama alle necessità del presente. Come pensare di sviluppare un settore energetico forte nelle competenze del mondo rinnovabile se a essere snobbate sono le fonti tradizionali? Con che capitali aziende come Eni e Snam potranno essere protagoniste in futuro se nel Paese il presente è fatto di impedimenti, ostacoli allo sviluppo e freno agli investimenti?

L’Italia deve sanare questa schizofrenia energetica al più presto. Non si può essere pragmatici sulle prospettive di lungo periodo e ottusamente manichei nelle scelte del presente. Il dibattito su infrastrutture energetiche, trivellazioni offshore e prospettive d’investimento dei campioni nazionali è in tal senso istruttivo. All’idrogeno si potrà arrivare gradualmente: magari passando per la strada maestra che oggi appare parallela alle rotte del gas naturale. Sempre che ai governanti di oggi e domani questo fatto appaia chiaro: i primi passi del Conte II su stop alle trivellazioni, con annesso “furto di gas” nell’Adriatico da parte dei Paesi coi mari confinanti, e il dibattito sempre più autoreferenziale sui gasdotti che potrebbero diventare le rotte dell’idrogeno del futuro sono in assoluta continuità con il recente passato. Urge più che mai una lezione di realismo: in campo energetico il futuro si costruisce con le decisioni lungimiranti del presente.

Foto: Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

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