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IL COVID – 19 e gli interventi economici del Governo.

Numerosi sono i commenti e le analisi più o meno critiche rispetto agli interventi messi in campo dal Governo per far fronte al peggioramento della crisi economica dovuta al COVID – 19.

 I provvedimenti sono stati sostanzialmente due: il DPCM “Cura Italia”e il D.L. “Rilancia Italia” quest’ultimo da convertire in legge. Le risorse impegnate si sono tradotte in sussidi, finanziamento della C.I.G., prestiti garantiti dallo Stato, sostegno al reddito, aiuti di diverso tipo sia a famiglie che a imprese. Gli interventi finanziati hanno tutti un intento risarcitorio. Sono interventi a pioggia che non hanno ne funzione redistributiva e non sono nemmeno classificabili come investimenti.

Gli interventi contenuti nei due provvedimenti hanno la sola funzione di salvare il sistema sociale ed economica aiutandolo ad uscire fuori dal pantano nel quale è finito a causa del lokdown. Potremmo dire che i due DPCM sono ispirati alla massima Primum vivere, deinde philosophari. Il “philosophari” è riservato alla seconda fase ossia quella dello sviluppo e della crescita legata, per larga parte, a ciò che l’Unione Europea vorrà fare. Leggendo i due provvedimenti la domanda che mi sono posto è quanto gli interventi messi in campo rispondono al nostro sistema sociale ed economico.

Per provare a darmi una risposta ho fatto riferimento al “Censimento permanente delle imprese” curato dall’Istat e pubblicato a febbraio 2020. La relazione illustrativa dei dati esordisce evidenziando che "Il Censimento permanente delle imprese ha interessato un campione di circa 280 mila imprese con 3 e più addetti, rappresentative di un universo di poco più di un milione di unità, corrispondenti al 24,0% delle imprese italiane, che producono però l’84,4% del valore aggiunto nazionale, impiegano il 76,7% degli addetti ( 12,7 milioni di unità lavorative) e il 91,3% dei dipendenti, costituendo quindi un segmento fondamentale del nostro sistema produttivo. ( …) I due terzi delle imprese ( 821 mila, pari al 79,5% del totale) sono micro – imprese ( con 3-9 addetti in organico), 187 mila ( pari al 18,2%) sono di piccole dimensioni ( 10-49 addetti), mentre le medie ( con 50 – 249 addetti) e le grandi imprese ( con 250 addetti e oltre ) rappresentano il 2,3% delle imprese osservate ( 24 mila unità), di cui 3 mila grandi. Più di metà è attiva al Nord ( il 29,2% nel Nord – Ovest e il 23,4% nel Nord – est), il 21,4% al Centro e il 26,0% nel Mezzogiorno".

Sempre dal “Censimento” Istat si evince che tre imprese su quattro sono controllate da una persona fisica o da una famiglia, sono in sostanza imprese familiari dove lavorano in prevalenza appartenenti allo stesso nucleo familiare. Tra gli obiettivi strategici vi è la difesa della posizione acquisita sul mercato. Solo un’ impresa su tre, soprattutto a Nord, sperimenta cambiamenti di processo, prodotto e mercato investendo sull’innovazione e la formazione. Oltre la metà delle imprese dichiara di intrattenere rapporti con altre aziende o istituzioni il che sta a significare che il sistema economico è integrato e complementare attivando sinergie. Il mercato al quale si rivolgono è prevalentemente locale da qui la sofferenza riveniente dalla contrazione della domanda interna. Sono le imprese del nord ad essere attratte dai mercati sovranazionali e la cosa si comprende vista l’integrazione del sistema produttivo Padano con quello Mitteleuropeo. Non a caso il Presidente della Camera di Commercio tedesca, tempo fa, ebbe modo di dichiarare come fosse necessaria, per l’economia tedesca, la riapertura del nostro sistema produttivo. Ultime cose da segnalare: il progressivo utilizzo del web per vendere beni e servizi prodotti; la crescita, negli ultimi dieci anni, dell’autofinanziamento con la conseguente riduzione dell’esposizione bancaria; la flessione del numero di micro – imprese ( con 3 – 9 addetti) al quale non ha corrisposto una riduzione degli occupati. Da quanto riportato nel “Censimento delle imprese” evinco che il DPCM “ Cura Italia” e il D.L. “Rilancia Italia” si sono limitati a dare risposte ad un sistema sociale ed economico consolidato.

Se qualcuno auspicava che con i sopra richiamati provvedimenti il Governo avrebbe potuto operare con politiche redistributive miranti a riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud e tra classi sociali era fuori strada. Per come stanno le cose il Governo non poteva fare diversamente. Se oltre la metà delle imprese sono concentrate nel Nord è del tutto evidente che la maggior parte delle risorse impegnate finiscono con il riversarsi in quelle aree. Questo principio vale anche per gli strumenti di finanziamento concordati a livello di Unione Europea e cioè : SURE e Fondo BEI a sostegno delle imprese. Se vogliamo dirla tutta persino l’eventuale attivazione della linea di credito per spese sanitarie del MES si tradurrebbe in un trasferimento di maggiori risorse verso le regioni del Nord. Infatti le Regioni più colpite sono: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. Essendo queste le Regioni in sofferenza sono quelle che chiederanno e avranno le maggiori risorse finanziarie per far fronte alle spesse sanitarie. Ciò che emerge è che, con politiche dell’offerta, sia in caso di crisi che di crescita, sono le aree più sviluppate e ricche ad attrarre risorse.

Dal contesto ciò che emerge è che ad uscire dalla crisi saranno ancora una volta le regioni settentrionali con il conseguente allargamento della forbice tra Nord e Sud. In aggiunta a questo dato non proprio esaltante sono emersi due fattori di criticità non secondari. Il primo attiene il sistema bancario, non a caso negli ultimi dieci anni l’autofinanziamento da parte delle imprese è cresciuto e i costi di negoziazione dovuti al regionalismo differenziato. Queste due criticità insieme alla necessità di dover superare il divario Nord/Sud sono le sfide che il governo dovrà affrontare con la vera e propria fase due che è quella del “ philosophari.”. Se sistema bancario e regionalismo differenziato sono ostacoli da superare affrontando la legislazione bancaria nel primo caso e nel riscrivere il Titolo V della Costituzione nel secondo, quello relativo al superamento del divario nord/sud ha come unica chances l’istituzione del “Recovery Fund”. Solo con l’istituzione di questo strumento e quindi con la possibilità di poter accedere a risorse finanziarie non a debito che è possibile mettere in campo politiche di investimenti.

Le risorse finanziarie rivenienti dal “Recovery Fund” dovrebbero servire a finanziare lo Stato imprenditore e non a creare condizioni per l’accesso al credito seppure a condizioni particolarmente favorevoli. Anche nel caso in cui il Recovery Fund fosse in parte condizionato sarebbe comunque un’occasione da non perdere, sempre ammesso che le condizioni fossero tali da consentire interventi espansivi e non di “austerità espansiva”. Il moribondo non è mai stato salvato dai salassi. In conclusione i provvedimenti emanati fino ad ora dal Governo, pur presentando alcune criticità, rispondo al sistema sociale ed economico per quello che è. Altra cosa è mettere in campo politiche di sostegno alla domanda in funzione dello sviluppo, della crescita e del superamento delle diseguaglianze tra territori e pezzi di società. Per fare questo la battaglia a livello europeo per il “Recovery Fuind”, insieme al ruolo che sta svolgendo la BCE, è fondamentale. Mai come in questo momento c’è bisogno di più Europa.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.121) 29 maggio 2020 22:49

    Blank news > L’espressione “passo dopo passo” indica come spostarsi, ma non esplicita una qualche meta da raggiungere ed il relativo impegno.

    E spostarsi a zigzag o altalenando avanti/indietro serve soltanto a far passare del tempo. Magari sperando che arrivi a portata di mano una qualche opportunità da cogliere al volo.

    I problemi, tanti e seri, nascono quando questa è l’impronta (matrice) comune della propaganda elaborata dalle forze politiche di vario orientamento.

    Prima è una gara scambievole di promesse altisonanti. POI, per chi ottiene la guida del paese, è tutto uno scaglionare nel tempo azione dopo azione quanto meno cercando di non squilibrare troppo il bilancio.

    Da anni il rapporto Debito/Pil ne è la riprova.

    Con l’emergenza in atto è bene stare con i piedi per terra ed evitare clan di Primi Super Cives interessati …

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