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I vecchi attori del nuovo Egitto

Se ogni rivoluzione ha i suoi luoghi-simbolo quella egiziana, che più d’ogni altra fra le Primavere Arabe s’interroga sull’effettiva essenza del cambiamento, continua a vivere momenti topici in quegli spazi venerati e temuti. Accanto a Tahrir per i cairoti Maspero assume significati molteplici.

Si tratta d’uno spazio della capitale situato sul lungo Nilo (le Corniche) e noto ai turisti come attracco delle feluche per i tour sul fiume. Su quel lato del Maspero c’è il Cairo moderno con tanto di mega hotel a cinque stelle, eppure dietro un paio d’isolati, a non più di cinquecento metri dal cuore di Tahrir, appare la città abbandonata e fatiscente con casupole sgarrupate, abitate da una moltitudine misera che pratica la propria economia del vicolo.

Non solo il commercio attualissimo: dai ricambi auto, all’hi-fi e computeristica ma quello ordinario di abbigliamento e cibo. Quest’ultimo può essere addirittura il pollame allevato in loco nelle stie disposte lungo le viuzze o il latte ovino munto da pecore uscite incredibilmente da recinti-garage. Al Maspero della città-vetrina si staglia l’enorme edificio della televisione di Stato, un complesso elefantiaco un po’ lugubre in stile real-socialista come altri della Cairo anni Cinquanta. Lì sotto nell’ottobre 2011 ci fu uno dei massacri che gli oppositori ricordano come fra i più odiosi della giunta Tantawi. Fu attuato contro i copti da provocatori baltagheyah che poi lasciarono il campo alle sparatorie della polizia intenzionata a seminare terrore, coadiuvata nell’azione dai subdoli annunci televisivi contro i “ribelli”. Domenica scorsa il Maspero è stato al centro di nuovi tafferugli. Senza morti ma con parecchi feriti. Centinaia di manifestanti si recavano sotto la sede televisiva chiedendo che l’emittente ricordasse la “melina” praticata dallo Scaf nel passaggio delle consegne ai civili. Sul posto hanno trovato gruppi di “difensori”, teppisti e agenti in borghese, con cui si sono scontrati.

Tantawi dichiara che darà spazio ai civili a giugno dopo l’elezione presidenziale. Gli oppositori gli controbattono che a quel punto i princìpi della nuova Costituzione saranno già scritti, a vantaggio degli antichi privilegi militari anziché del popolo. E per la carica presidenziale, in assenza di figure significative – El Baradei ha rinunciato alla candidatura e la stessa Fratellanza Musulmana non presenterà suoi uomini per l’incarico - la sorpresa potrebbe venire da un confronto fra elementi di basso profilo, personale e morale. Uno di questi è il mubarakiano o tantawiano Ahmed Shafiq, maresciallo dell’Aeronautica ed ex ministro accusato di corruzione, già attivo con una personale campagna propagandistica.

L’elezione di un presidente fantoccio potrebbe risultare assai pericolosa perché farebbe da maschera alle forze che lo piloterebbero. Domenica e lunedì scorsi s’è votato per la Camera Alta. Nel collegio del Cairo stavolta la partecipazione è stata inferiore alle aspettative. Organi d’informazione interni riportano dichiarazioni di elettori divisi fra chi sostiene d’aver partecipato a tutte le ultime consultazioni (referendum su emendamenti costituzionali, Assemblea del Popolo e Consiglio della Shura) e altri che sottolineano come in quest’ultima tornata neppure i partiti si sono mobilitati granché.


Secondo i meccanismi elettorali i deputati della Camera Alta dipendono per un terzo dalla scelta dell’urna e per due terzi da quella dei partiti. Qualche componente secolare, in verità ampiamente minoritaria, ha espressamente boicottato questa fase che avrà il turno conclusivo il 14-15 febbraio. La motivazione era “l’ampio uso di slogan religiosi praticato dai partiti islamisti”. Gli interessati naturalmente rispediscono l’accusa al mittente. Ma sono attesi alla “prova del nove” che segnerà il nuovo corso politico egiziano: la riscrittura della Costituzione.

L’occhio è puntato sui molti rappresentanti che il Partito della Libertà e Giustizia, in virtù dell’ampio successo, porterà nella commissione incaricata a formulare i commi della Carta. Non sarà una maggioranza assoluta però la Fratellanza avrà un buon numero dei 100 membri previsti. Beh, i rumour parlano di espliciti contatti che i vertici del gruppo stanno avendo con uomini dello Scaf per barattare una sorta di ‘garanzia costituzionale’ ai finanziamenti alle Forze Armate col sostegno al principio che definisce la legge islamica una delle fonti del diritto egiziano. Niente a che fare con la Shari’a perché sarebbero previste libertà religiosa e di pensiero comunque un bel pilastro islamico inserito nella legislazione nazionale.

Allo scambio di favori si presterebbero gran parte dei membri della commissione con un vantaggio concreto per i vecchi privilegi militari e per l’Islam politico. Rimarrebbero beffati sia i militanti di Tahrir sia i sostenitori d’un laicismo sinceramente democratico che vivono entrambi la contraddizione dell’emarginazione frutto dell’auto esclusione dalla sfida elettorale o della sonora sconfitta. Eppure gli accordi istituzionali hanno sullo sfondo concreti agganci alle prospettive economiche e finanziarie con cui la politica nazionale deve fare i conti mentre quella internazionale è già pronta a condizionare le scelte d’un Esecutivo che resta ancora tutto da costruire. Ancora una volta molto ruoterà attorno alla Fratellanza Musulmana che dovrà scegliersi la partnership - laica o salafita -.

Nel primo caso con una maggioranza più ristretta (col Blocco Egiziano), nel secondo con un ampio seguito (Al-Nour) che politicamente non piace a Washington né alle petromonarchie del Golfo. Questi possono promettere al futuro governo i propri dollari, l’Arabia Saudita addirittura il doppio (4 miliardi) di quanto proposto dagli Stati Uniti. Offerte allettantissime per un’economia collassata dall’anno di proteste ma che recano la pesante contropartita dell’ingerenza

Sul fronte interno con le ipotesi menzionate riguardo ai militari, sul panorama mediorientale con la riproposizione di un Egitto moderato, se non un cane da guardia dell’Occidente come ai tempi del Raìs, qualcosa di ben poco rivoluzionario. Un Islam che usi la preghiera del venerdì solo per orientare i fedeli e li tenga lontani da qualsiasi revanche politica. Questo è il calice offerto alla Fratellanza. 


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