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I punti di vista di Edgar Morin su Marx

La raccolta di saggi “Pro e contro Marx” riunisce le riflessioni di un grande pensatore francese su alcuni contributi intellettuali di Marx (www.erickson.it, 2010).

L’interesse di Morin per Marx si è focalizzato sugli scritti giovanili, in particolare sui “Manoscritti economico-filosofici del 1844”, dove appare la figura di un titano del pensiero che riesce a riunire la filosofia, la storia, l’economia, la sociologia in una moderna antropologia scientifica.

Morin elabora un’antropologia più complessa, abbandona le semplificazioni di carattere maschile e considera l’essere umano come entità individuo-società-specie. Ma il pensiero marxiano resta ancora molto attuale: Marx è stato uno dei primi pensatori della mondializzazione e ha descritto “un capitalismo che crea non solo un prodotto per il consumatore, ma un consumatore per il prodotto”. Il sociologo francese prende in esame il pensiero critico di Marx da quattro punti di vista: la scienza, la tecnica, l’economia, il profitto. Si potrebbe quindi considerare Morin come il grande maestro della complessità che valorizza “l’unità che produce e contiene le diversità”, poiché “le nostre idee migliori sono spesso quelle che collegano mondi diversi” (Marvin Minsky).

Inoltre Morin ritiene che l’astrazione matematica può generare “una scissione con il concreto”. La matematizzazione è un processo che “taglia e isola”, che può formare delle “menti parcellizzate e tecno-burocratizzate” che “percepiscono le realtà viventi e sociali secondo la concezione meccanicistica-deterministica, valida soltanto per le macchine artificiali” (1994). L’analisi di un concetto, di un oggetto o di un fatto, necessita quasi sempre dell’integrazione con un processo di sintesi, in una discussione e valutazione sistemica più generale, e risulta migliore se resa è operativa attraverso il punto di vista di più osservatori e pensatori. E di solito le risposte le danno le persone istruite, mentre le domande utili e migliori le fanno le persone intelligenti.

Comunque nella prefazione lo stesso Morin delinea in modo molto preciso le sue posizioni e afferma: “Così, per me, Marx è “multipresente”, ma mai dominante. Maestro di pensiero ma mai padrone del mio pensiero. Il mio rapporto con il suo pensiero è al tempo stesso complementare, concorrente e antagonista, cioè complesso”. Purtroppo però il sistema educativo occidentale di massa è burocratico, conformista e nozionista, e perciò le idee più innovative e utili saranno diffuse dalle persone che vivono in particolari sottoculture educative e scientifiche, come quelle nordeuropee (in particolare i cittadini della Svezia, della Danimarca, della Finlandia e dell’Olanda). 

Per quanto riguarda l’alienazione e lo sfruttamento che nascono nelle diverse società si potrebbe affermare che dipende dall’eccessivo numero degli esseri umani. L’essere umano si è evoluto come cacciatore-raccoglitore nei piccoli villaggi. Finché gli esseri umani erano poche centinaia o migliaia di individui in una regione più o meno grande, i rapporti erano più paritari e c’era meno bisogno di vendersi o di svendersi per sopravvivere. Anche oggi i paesi dove la qualità della vita è migliore sono quelli dove c’è il controllo delle nascite e quindi dove gli uomini non si riproducono senza criterio come gli animali. In un certo senso le classi dominanti esistono e sfruttano altri uomini, anche perché ci sono classi che si riproducono di più di quello che si possono permettere e che quindi forniscono “carne da macello” alle classi superiori. Purtroppo a questo mondo per sopravvivere bisogna sfruttare qualcosa o qualcuno, ma bisognerebbe trovare di volta in volta il giusto equilibrio nello sfruttamento degli elementi della terra, della produzione vegetale e animale, e dell’attività manuale o intellettuale di uomini e donne. E dopotutto il sesso femminile può mettere a frutto anche l’attività riproduttiva trovandosi un uomo, senza alcun bisogno di fare un lavoro pesante (le donne sono quasi sempre delle fattrici e quasi mai delle benefattrici).

Infine, per relativizzare il pensiero marxiano, concludo con un pensiero mazziniano: “La libertà non esiste senza uguaglianza, ma non esistono né uguaglianza né liberta senza una profonda coscienza dei doveri a cui tutti siamo chiamati” (Giuseppe Mazzini, 1860). Forse la schiavitù dell’egoismo è la peggiore alienazione e la peggiore schiavitù.

Edgar Morin è nato nel 1921 ed è un grande umanista eclettico e polivalente che si pone contro lo spirito di sistema che uccide il pensiero e sterilizza l’azione. Negli ultimi anni ha affermato che l’umanità necessita di una riforma della conoscenza in grado di farci superare la separazione dei diversi saperi e capace di formare educatori con un pensiero della complessità. Altrimenti si avrà un indebolimento del senso di responsabilità e di quello della solidarietà di esperti e cittadini, con la conseguenza che l’esperto perderà la capacità di concepire il globale e il fondamentale, e il cittadino perderà il diritto alla conoscenza. Nel 1951 ha scritto un interessante saggio sulla morte dove considera “la contraddizione fra l’orrore universale della morte presso gli umani e la loro non meno universale attitudine ad affrontare la morte e sacrificare la propria vita per una causa comunitaria o trascendente” (L’uomo e la morte). Alcuni suoi articoli e testimonianze sono reperibili nel sito www.persee.fr/web/revues/home e nella piattaforma multimediale www.emsf.rai.it.

Commenti all'articolo

  • Di verygood (---.---.---.129) 24 agosto 2010 10:51
    Glaros - scrittura creat(t)iva

    Un’analisi in sintonia con l’auspicabile evoluzione di un responsabile pensiero complesso al quale il mio seminario di studio R&S - Reseaux et Sens rinvia dal 1996 (Cfr. http://www.eprouverture.com/dissemi...)

    Qui a seguire, solo una notazione di ’sinsofilosofica follia’ (Cfr. il mio commento a http://www.agoravox.it/Un-introduzi...), per non deludere l’amico Ascanio, che da parecchio non può più deliziarsi con le mie cose.

    Ben più che e (beniteso) oltre a "fattrice", in termini di goffmaniana rappresentazione ed alla ’luce’ della (mia) indagine psicolinguistica, definirei la donna f-attrice. In ’materia’, lascio alla fantasia e/o all’erudizione del lettore, le possibili letture di quella femminile parabolica lettera.

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