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I protocolli manzoniani di Ipocritalia

E venne l'intervista che cambiò la circolare, che si mangiò il protocollo che morse il decreto legge che per due voti il governo emanò

 

di Luigi Oliveri

Egregio Titolare,

la vicenda del green pass per i docenti delle scuole e per le mense aziendali ha assunto i caratteri del grottesco, facendo sì che la realtà di oggi superi, per la sua assurdità, quella storica e romanzata delle celeberrime gride manzioniane.

In pochissimi giorni si sono accumulati, infatti, decreti legge, protocolli, Faq, annunci di circolari esplicative e dichiarazioni a parziale smentita o precisazione delle precedenti, tali da mutare in un batter d’occhio la rappresentazione da tragedia ad operetta. Mentre, purtroppo, invece la tragedia è ancora presente.

Specie, proprio la tragedia della scuola, perfettamente rappresentata da Paola Mastrocola nel suo editoriale su La Stampa del 15 agosto 2021, intitolato “Se il rientro in classe si trasforma in una beffa”.

L’incredibile ridda di provvedimenti, atti e dichiarazioni hanno prodotto un fumo densissimo, dietro la cui coltre si vede comunque l’effetto di una “campagna” contro la pandemia e per il rientro alla “normalità” ben lontana dal cogliere i risultati sperati, i cui effetti sono visibilmente e sinistramente simili a quelli della metà di agosto dello scorso anno.

Cioè, la pandemia non ha reso affatto migliore nulla e la scuola si prepara, purtroppo, a ripartire in presenza in assenza di concrete misure per poter davvero partire “in sicurezza” (espressione ormai abusata e privata del suo reale significato).

Trasporti fermi

Si pensi ai trasporti pubblici: non risulta da nessuna parte e da nessuna fonte che Governo, regioni, province e comuni, variamente competenti a stanziare le risorse, acquisire i mezzi, ridisegnare le corse, abbiano attuato l’unica scelta logica e necessaria, per quanto costosa: allentare il rischio di contagio connesso al sovraffollamento dei mezzi, aumentando di gran lunga corse, mezzi, guidatori.

Si badi: non si tratta solo di una necessità/opportunità connessa alla pandemia. Che i mezzi di trasporto pubblico siano scarsi, le corse insufficienti, la pressione degli utenti nelle ore di punta insopportabile, l’igiene complessiva molto precaria, è cosa nota da lunghissimo tempo. È per questo che l’Italia non riesce ancora ad avere un utilizzo del trasporto pubblico appena vicino a quello dei Paesi più avanzati.

Sono decenni che Stato ed enti locali lasciano incancrenire il sistema, come del resto testimonia la gestione ormai oltre il confine del pessimo delle società partecipate dei trasporti. L’intera economia ne è penalizzata, ma il tributo maggiore lo subiscono le categorie deboli: gli studenti, per esempio.

E le persone in cerca di lavoro: l’assenza di un’efficiente rete di trasporto è una delle cause fondamentali delle difficoltà occupazionali, specie per quelle categorie di lavoratori impossibilitate, in particolare per ragioni di difficoltà reddituali, a permettersi un mezzo privato.

La scuola cambia aria

Si pensi, tornando alla scuola, alle aule e andiamo al Protocollo siglato tra Ministero e sindacati per garantire il rientro questo autunno. Di lavori di ristrutturazione dei plessi, incremento delle aule, installazione di apparecchiature di ventilazione meccanica controllata (presenti negli aerei e nei treni a lunga percorrenza) si è molto discusso; ma di nuove aule, strumenti avanzati di aerazione e nuovi spazi non se n’è vista nemmeno l’ombra.

Quello di cui si dispone è il lunare Protocollo d’intesa tra Miur e sindacati, la cui “ideona” consiste, sostanzialmente, nella proposta di tenere le finestre aperte, in mancanza d’altro, ove quell’“altro” è appunto costituito dalle apparecchiature di ricambio aria praticamente inesistenti nelle scuole.

E per quanto riguarda il “distanziamento”, quel distanziamento richiesto ovunque, ma non nei mezzi di trasporto? A scuola il distanziamento occorre, ci mancherebbe. E deve essere di un metro (ricorda, Titolare, le “rime buccali”?). Però, contrariamente a quanto appunto si insegna a scuola, ove spiegano che un metro è composto da 100 centimetri e che quella misura è fissa ed invariabile, per il Protocollo il metro del distanziamento è, come dire, elastico. Infatti, si legge che

Si prevede il rispetto di una distanza interpersonale di almeno un metro (sia in posizione statica che dinamica) qualora logisticamente possibile e si mantiene anche nelle zone bianche la distanza di due metri tra i banchi e la cattedra del docente.

Insomma, ci si distanzia solo se gli spazi lo consentono. Il protocollo dimostra una strana cognizione della geometria, ma una buona consapevolezza della fisica: pare, infatti, avere contezza della legge dell’impenetrabilità e dei corpi e, quindi, dà atto che se nell’aula c’è lo spazio sufficiente, allora ci si distanzia di un metro; altrimenti ciccia. Ma, attenzione: la distanza tra banchi e cattedra, qualunque sia la dimensione dell’aula, anche si trattasse (come non così di rado) di un igloo o di una tenda canadese, deve essere sempre di due metri.

Il latinorum e i tamponi

E meno male, esclamerà qualcuno, visto che nonostante tante roboanti dichiarazioni sul tema ancora il Governo resta a metà del guado e si guarda bene dall’introdurre l’obbligo vaccinale per i docenti, rifugiandosi nella soluzione di compromesso del green pass, che in effetti compromette molto la logica e serve a camuffare, ma solo per chi non voglia vedere, l’indecisionismo.

Sempre il Protocollo sul punto è il faro. Vi si legge:

[…] fermo restando il raccordo istituzionale, a livello nazionale, con il Commissario straordinario e valutate le effettive necessità di contrasto alla diffusione della pandemia, le istituzioni scolastiche, mediante accordi con le Aziende Sanitarie Locali o con strutture diagnostiche convenzionate, utilizzeranno tali risorse anche per consentire di effettuare tamponi diagnostici al personale scolastico, secondo le modalità previste dall’Autorità sanitaria; il Ministero, al fine di non aggravare l’impegno amministrativo delle istituzioni scolastiche, fornirà il necessario supporto amministrativo e contabile attraverso schemi di accordo e indicazioni operative individuando procedure semplificate.

Un vero e proprio “latinorum” (sempre per restare al Manzoni) sibillino, che offusca e confonde. Ma non l’Associazione Nazionale Presidi, rifiutatasi di sottoscrivere il Protocollo, proprio perché ha letto in questo passaggio del Protocollo il via libera ai tamponi gratuiti, ma a carico delle scuole (cioè dell’erario e di ciascuno di noi), per i docenti non disposti a vaccinarsi.

In effetti, il sillogismo è logico: poiché non è stato ancora istituito l’obbligo vaccinale, i docenti possono ancora scegliere di non vaccinarsi; ma, poiché esiste un surrogato dell’obbligo, consistente nel green pass, ottenibile anche attraverso tamponi negativi che consentono di accedere ai luoghi di lavoro per 48 ore, il lavoratore non vaccinato per accedere al luogo di lavoro deve sottoporsi ogni 2 giorni a tampone; ancora, visto che il tampone costa e che la spesa per detto lavoratore sarebbe del tutto insostenibile, ai presidi è sembrato evidente che il Protocollo, col passaggio ricordato sopra, spinga perché le scuole, in accordo col Commissario straordinario e le Usl, coprano i costi dei tamponi.

Anche perché, sostituire circa 200.000 docenti non vaccinati non è impresa facile e molte ore di lezione non sarebbero coperte: si rientrerebbe dalla Dad, ma con un buon numero di ore di “buco”.

Il protocollo vien di notte

Ora, il Protocollo è stato sottoscritto nella notte tra il 13 ed il 14 agosto: una tempistica che di per sé da sola già la dice lunga sul modo di affrontare i problemi, a pochissimi giorni lavorativi dalla ripresa dell’anno scolastico e nel pieno delle vacanze. Le date hanno un senso, Titolare. Vediamo perché.

Quasi subito dopo che i media hanno appreso della mancata sottoscrizione del Protocollo da parte dei presidi, il Ministero ha messo del suo nella confusione delle gride. Infatti, sono state indirizzate alle varie redazioni dichiarazioni secondo le quali mai e poi mai il Protocollo intenderebbe garantire tamponi gratis ogni due giorni per i docenti non vaccinati; al contrario, lo scopo sarebbe consentire tamponi gratis per i docenti appartenenti alle categorie fragili, impossibilitati alla vaccinazione.

La “summa” delle varie dichiarazioni connesse alla ripartenza delle scuole e delle norme/gride messe in atto la si ritrova nell’intervista rilasciata il 15 agosto a Barbara Jerkov del Messaggero, da parte del Ministro Bianchi.

Leggiamo che secondo il titolare del dicastero l’intento del Protocollo è tutelare i fragili. Come avranno notato i lettori, tuttavia, nel Protocollo della tutela dei fragili non fa alcuna menzione. Si tratta con ogni evidenza di una toppa, che peggiora l’effetto visivo del buco. Anche perché la tutela dei fragili esiste già, prevista dall’articolo 3, comma 3, del d.l. 105/2021, che esenta dall’obbligo del green pass i soggetti esclusi per età dalla campagna vaccinale e i soggetti esenti (tra cui proprio i fragili) sulla base di idonea certificazione medica.

Il decreto legge è stato approvato dal Governo il 23 luglio 2021: troppo antico perché ne restasse memoria al momento della sottoscrizione del Protocollo, da parte del Ministero?

La sagra dell’esegesi

Oppure, il Ministero se ne ricordava bene e, quindi, come sospettano i presidi, lo scopo del Protocollo è proprio in qualche modo “tarare” la norma, in modo che il datore pubblico si accolli l’onere dei tamponi per i docenti non vaccinati e non fragili, visto che i fragili sono comunque esentati?

Qui, titolare, l’effetto gride si comincia a delineare: un decreto legge impone l’obbligo del green pass, per altro non per tutti i luoghi e non per tutti, consentendo esoneri proprio per i fragili. Ma un Protocollo per la sicurezza, siglato coi sindacati (con l’eccezione di quello dei presidi), interpola la legge, introducendo una possibilità da essa assolutamente non contemplata. Allora, dichiarazioni ed interviste interpolano il Protocollo, introducendo limitazioni applicative che non sono coerenti con le norme e che dal protocollo assolutamente non traspaiono.

Ma, non basta. Perché, vista la confusione generale, il Ministro nell’intervista al Messaggero annuncia l’intenzione di mandare a tutte le scuole una circolare, per spiegare i contenuti del Protocollo.

Fantastico, no? Per disciplinare le misure di sicurezza ai fini del rientro, si sceglie la strada del protocollo con i sindacati, dunque, della gestione secondo le regole del diritto civile. Ma, per attuare il protocollo, il Ministro emana una circolare: con connesso rischio altissimo che essa, come del resto ha già fatto il protocollo con la legge, modifichi nella sostanza il contenuto del protocollo.

Per altro, Titolare, ci sarebbe da notare che il Protocollo non aveva e non ha alcuna competenza ad ingerirsi sul tema dell’impiego delle risorse delle scuole al fine di sostenere o meno le spese per i tamponi. Coi sindacati, l’intesa può e deve riguardare alcuni aspetti della definizione della sicurezza dei locali. Non certo estendersi a misure organizzative, spettanti esclusivamente al datore di lavoro, quali sono quelle concernenti la regolazione dell’accesso ai locali da parte di chi non è vaccinato.

Se l’intento era di coprire le spese per i tamponi, con un intervento di fatto sul reddito dei docenti non vaccinati, sarebbe stato lineare e coerente, allora, non un protocollo, ma un vero e proprio Contratto nazionale collettivo, col quale prevedere un’ingente indennità per sostenere la spesa dei tamponi per i docenti. Simile contratto non avrebbe avuto alcuna chance di poter essere stipulato, né sul piano contabile, né su quello amministrativo.

Aggirare l’ostacolo, facendo ingerire il Protocollo in materie non connesse alle relazioni sindacali non appare una buonissima idea; anche perché pare autorizzare una pratica diffusissima e fonte costante di spese illecite nelle amministrazioni pubbliche, troppo inclini a sottoscrivere accordi sindacali che disciplinano indennità e spese non ammesse dalle norme.

E quando decreti modificati da protocolli, modificati da dichiarazioni ed interviste, da chiarire con circolari, non bastano, poi subentrano le formule esoteriche. Come l’immancabile richiamo all’autonomia, quella evocata dal Ministro, nell’affermare che le scuole, sulla base del Protocollo, “possono decidere come meglio organizzarsi”.

Stanziare e sopire

O la formula dello “stanziamento”. Alla sollecitazione dell’intervistatrice rispetto ai perduranti problemi connessi alla ripartenza delle scuole, il Ministro risponde con la solita cortina fumogena: “stiamo attivando” un Piano per le classi numerose; abbiamo “stanziato” (ad agosto) 400.000 milioni per l’edilizia scolastica, più 300 milioni del decreto sostegni, più 500 per il trasporto, più 1 miliardo e 125 milioni alle province (fa non poco clamore vedere che le province, devastate da una riforma per altro sollecitata dall’attuale premier con la famosa lettera sottoscritta con Trichet, adesso, una volta deprivate di mezzi e risorse, siano tornate al centro di ingentissimi finanziamenti).

E così enumerando, dimenticando che stanziare risorse non risolve alcun problema: certo, i soldi sono importanti, ma poi vanno assegnati ai bilanci, poi occorre che questi vengano approvati, che siano redatti i progetti, che sia impegnata la spesa, che siano realizzate le gare e che siano poi conclusi i lavori e le forniture. A 20 giorni dall’inizio delle scuole, con tutta la semplificazione di appalti e procedure (per altro molto discutibile) il miracolo non pare credibile.

Infine, Titolare, le mense. Poteva mancare, nelle “gride” la Faq? No. Non poteva. Dunque, allo scopo di chiarire che le mense aziendali sono da considerare alla stregua di locali di ristorazione, ci ha pensato la Faq del Governo:

Per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde COVID-19, analogamente a quanto avviene nei ristoranti.

Ma, Titolare, che valore giuridico hanno le Faq? Secondo il Consiglio di stato, un valore prossimo a quello delle circolari che interpretano protocolli, smentiti da dichiarazioni alla stampa, che contraddicono le leggi: prossimo allo zero. Ma si ha la sensazione che le gride continueranno ancora per un bel pezzo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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