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Guatemala, comunità LGBTI sotto attacco. Morti violente e totale impunità

Il 2 luglio, Nancy Sacul Tut, attivista trans e difensora dei diritti umani, è stata uccisa nella capitale guatemalteca. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani Lgbtiq+, sono già 16 quest’anno gli attacchi mortali contro questa comunità.

di Giorgio Trucchi

 

(Foto di Gerardo Iglesias | Rel UITA)

Nancy Sacul, di etnia Q’eqchi’, aveva 34 anni ed era membro del collettivo Trans Trebol. L’attivista era originaria di Chisec, Alta Verapaz. Secondo le informazioni fornite dal collettivo alla stampa nazionale, Nancy è stata uccisa a colpi di arma da fuoco da un uomo che è poi fuggito.

Questo nuovo transfemminicidio è stato condannato da diverse organizzazioni e gruppi guatemaltechi che operano in difesa dei diritti della comunità Lgbtiq+.

La Procura per i diritti umani ha immediatamente aperto un fascicolo. Ha anche riferito che monitorerà questa e altre situazioni di violenza contro persone della diversità sessuale.

Delle 16 persone uccise dall’inizio dell’anno, 5 erano donne trans, 9 uomini gay, una donna lesbica e un uomo bisessuale.

L’Osservatorio nazionale e l’organizzazione Lambda, che fa parte di questo spazio, denunciano che negli ultimi due anni c’è stato un forte aumento degli attacchi violenti contro la comunità Lgbtiq+. Lo scorso anno sono state 33 le persone assassinate e centinaia gli attacchi di diverso tipo. L’impunità è praticamente assoluta.

Sessismo e discriminazione

Per le organizzazioni che difendono i diritti delle persone Lgbtiq+, la situazione è peggiorata a causa di un ambiente di odio promosso anche dalle istituzioni.

Nel marzo di quest’anno, il Congresso guatemalteco ha approvato il controverso decreto 18-2022 “Legge per la protezione della vita e della famiglia” (iniziativa 5272), che rifiutava la diversità sessuale, proibiva di parlarne nelle scuole e negava alle persone dello stesso sesso la possibilità di sposarsi, creare unioni di fatto e adottare figli. La legge ha anche modificato il codice penale e aumentato la penalizzazione dell’aborto, con pene che vanno dai 5 ai 25 anni di reclusione, non commutabili.

Le massicce proteste scoppiate a livello nazionale e internazionale per respingere questa aberrazione giuridica hanno costretto il presidente Alejandro Giammattei a prendere le distanze da quanto approvato in Parlamento, anche con i voti dei partiti che sostengono il suo governo. Alla fine, il decreto è stato archiviato, ma l’offensiva oscurantista non è certo finita.

Organizzazioni esigono diritti

La scorsa settimana, varie organizzazioni Lgbtiq+ guatemalteche hanno denunciato l’esistenza di strategie violente da parte dello Stato che, attraverso strutture politiche, sociali ed economiche fondamentaliste, patriarcali e ciseteronormative, intende dominare la vita delle persone della diversità sessuale.

Hanno chiesto al presidente Giammattei e ad altre istituzioni di garantire i diritti alla salute, all’istruzione, alla giustizia e alla libera espressione del pensiero e i diritti sessuali e riproduttivi delle popolazioni diverse.

Hanno anche chiesto al governo di porre fine alla stigmatizzazione e all’uso indebito delle lotte delle persone della diversità sessuale e di genere, per sviare l’attenzione dai gravi passi indietro in materia di giustizia e nella lotta contro la corruzione.

Hanno infine invocato l’approvazione di politiche pubbliche che accolgano le richieste della popolazione Lgbtiq+ per lo sviluppo integrale della diversità sessuale e di genere, nonché di legiferare per approvare la legge integrale sull’identità di genere e di astenersi dall’approvare nuove iniziative retrograde e regressive nell’area dei diritti umani.

Fonte: Rel UITA (spagnolo)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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