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Gli USA di Obama

Nelle ore immediatamente successive al catastrofico attacco terroristico delle Torri Gemelle, fra i tanti resoconti e commenti, circolò, colpendo profondamente il comune immaginario collettivo, la seguente affermazione: “Il mondo non sarà giammai come prima.”

Una frase, un pensiero, decisamente in chiave di rimpianto, di paura, di pessimismo, di allarme, di preoccupazione e di presagi cupi per il futuro.
 
A caldo, dopo l’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, viene invece da osservare che “per i prossimi quattro anni, niente sarà come prima”.

E però, in questo caso, il concetto prende l’abbrivo da sentimenti di cauta fiducia, di attesa speranzosa e, perché no, da previsioni di un domani più corretto, più giusto, più generoso, specie per chi ha di meno, chi soffre e, addirittura, perisce di stenti. Non solo con riferimento alla lontana America che ha scelto Obama, ma per tutto il mondo: difatti, l’influenza degli U.S.A, malgrado siano emerse nuove super potenze, rimane sempre notevole e determinante.
 
Ciò vale, quand’anche si stia attraversando una fase di recessione assai grave.
L’assunto tracciato a proposito degli scenari che verosimilmente si dischiuderanno, trae origine dal fatto che il Presidente degli U.S.A. viene collocato, giustamente, come primo tra i potenti della Terra; ma discende anche dal significato puro e semplice del termine potere: ”capacità di imporre il proprio volere ad altri, di influenzarne il comportamento, le opinioni; esercizio dell’autorità in un determinato campo, come ad esempio nella direzione e nel controllo della vita di un paese; esercizio del governo”.
Molto spesso, il potere, l’autorità del Presidente USA si sono trovati ad essere abbinati a condizioni di particolare appartenenza sociale, di primato su scala economico – finanziaria, di enorme consolidata ricchezza, esistenti in capo ai personaggi ascesi a tale carica.
 
Come noto, situazione completamente rivoluzionaria, il neo Presidente Obama viene da tutt’altre origini, figlio di un piccolo ristoratore, coniugato con una discendente da schiavi.
 
Nella sua veste di “uno come noi semplici”, sospinto esclusivamente dalla forza dello studio, dall’impegno, dall’esperienza maturata con fatica sul campo, dall’aspirazione ad occuparsi del bene comune, egli si relazionerà e si confronterà con gli altri, ovunque si trovino e con qualsivoglia ideologia, con occhio ed animo diversi, nuovi.
Appare bastevole a far immaginare tal genere di percorso, una delle frasi, forse la meno eclatante, da lui pronunciata nell’ambito del discorso dell’inaugurazione “a tutti coloro che mostreranno di dischiudere il pugno, bisognerà stringere la mano”. 

Auguri di buon lavoro, Presidente Obama.
 

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