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Giovani, a noi che cosa resterà?

È successo ancora una volta. Sabato scorso un ragazzo di 14 anni ha tentato di togliersi la vita al Liceo scientifico Savoia di Ancona.

di Teodoro Palpacelli 

(Foto di archivio Pressenza)

Secondo dati recenti, un ragazzo o una ragazza ogni giorno tenta il suicidio. Dobbiamo fermarci, dobbiamo riflettere, e dobbiamo farlo ora.

Ogni giorno sentiamo sulle spalle il peso delle aspettative, a volte impossibili da raggiungere, che la scuola e la società ci impongono. La mattina a scuola rimaniamo diligentemente cinque ore tra i banchi, e assimiliamo le nozioni necessarie a diventare future risorse umane. Nascondendosi dietro l’insegna del merito e della serietà, stanno privando l’ambiente scolastico di ogni forma di confronto e di comunicazione profonda. A volte, oltre a chiederci se abbiamo studiato, ci piacerebbe anche che ci chiedessero come stiamo.

i stanno privando degli spazi di autonomia, unici anticorpi contro l’isolamento. Ci piacerebbe sentire un po’ più spesso la parola “gioco”, base di ogni principio di sana pedagogia. Il mondo degli adulti spaventa i ragazzi e le ragazze che, a quattordici anni, si ritrovano a scegliere la scuola in cui staranno cinque ore ogni giorno dei loro prossimi cinque anni. E davanti a questa scelta, già di per sé difficile, hanno scuole che offrono infiniti nuovi bizzarri indirizzi per insegnare le “competenze del futuro”. E da tutto ciò cos’è che arriva a noi ragazzi? Che il mondo dei grandi è una giungla e che dobbiamo armarci di più competenze possibili per poter sopravvivere. Questa incertezza verso il futuro è accompagnata da un contesto in cui crisi climatiche, finanziarie e guerre sono all’ordine del giorno.

Noi, invece, vogliamo riappropriarci dei nostri spazi, fuori e dentro la scuola, perché l’unico modo per combattere questo disagio è ricostruire una collettività. L’unico modo per evitare l’isolamento è parlare, è creare spazi di confronto nelle scuole, con o senza gli adulti. La società ci vuole sempre più focalizzati su noi stessi, ci vuole rendere macchine performative, ma noi non siamo questo. Siamo ragazze e ragazzi, e vogliamo riconquistare il nostro essere giovani, l’aria tra i capelli di un tramonto in estate in riva al mare, i momenti in cui non si fa altro che parlare con i propri amici. Ci vogliono rendere adulti già da bambini, vogliono utilizzare il nostro tempo per il loro guadagno, e a noi cosa resterà? Nulla, se non una grande malinconia per tutti i momenti perduti. Perché non vogliamo più vivere in funzione di un attestato, di una certificazione o di un diploma. Abbiamo bisogno di relazioni umane, di arte e di scuola. Abbiamo bisogno, però, della scuola che ci valorizzi, che tiri fuori e faccia esprimere i talenti che risiedono in noi. Abbiamo bisogno di slegarci dalle catene delle regole rigide, dall’ansia e dalla sorveglianza della scuola del merito.

Abbiamo bisogno di una maggiore attenzione da parte dell’istituzione scolastica alla salute mentale dei ragazzi e delle ragazze, con psicologi gratuiti in ogni scuola e professori formati e attenti riguardo alla condizione psichica dei ragazzi.

Martedì 27 febbraio alle 15, ad Ancona, presso la sede dell’associazione Acu Gulliver, si terrà un’assemblea pubblica, organizzata da studenti medi e universitari di Ancona e di altre località delle Marche. In questa occasione vorremmo discutere insieme della nostra condizione nei luoghi di studio e di eventuali mobilitazioni.

Riprendiamoci il nostro futuro.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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