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 Home page > Attualità > Mondo > Fino a che punto può spingersi la libertà di informazione?

Fino a che punto può spingersi la libertà di informazione?

Gli Stati Uniti,la libertà di informare e di essere informati al tempo di Wikileaks

“L’11 settembre della diplomazia” ecco come il ministro degli esteri Franco Frattini ha definito la diffusione e pubblicazione, avvenuta negli ultimi giorni e ancora non del tutto completa, di alcuni documenti segreti (si parla di 215 000 file) provenienti da 274 ambasciate statunitensi sparse nel mondo.

L’attenzione dei mass media e dell’opinione pubblica è stata monopolizzata, e non poteva essere altrimenti visto la straordinarietà della vicenda, dal contenuto dei documenti; la stampa mondiale, preso dalla smania di pubblicare tante notizie in esclusiva, alcune molto interessanti altre dal sapore di gossip, si è soffermata poco nel cercare di capire se l’operazione fatta da Wikileaks fosse lecita o meno.

La domanda che sorge spontanea, anche alla luce delle dichiarazioni di tutti i principali leader mondiali che hanno definito “inaccettabile”l’operato di Julian Assange e dei suoi perché metterebbe a rischio non solo gli equilibri internazionali ma anche la vita di molte persone, è fino a che punto può spingersi la libertà di informazione? Può questa giustificare la pubblicazione di documenti segreti, che potrebbero distruggere gli equilibri mondiali? E questa stessa libertà di informazione può anche giustificare di correre il rischio di mettere in pericolo delle vite umane?

Per cercare di dare delle risposte quanto più razionali possibile a queste difficili domande, occorre partire da una frase di James Madison, uno dei padri fondatori americani, che gli autori di Wikileaks hanno inserito nel loro blog per rispondere alla domanda che tutto il mondo gli pone e cioè “perché avete pubblicato tali documenti?”. La citazione di Madison è "La conoscenza prevarrà sempre sull’ignoranza; e un popolo che vuole governare se stesso deve armarsi con il potere offerto dalla conoscenza" ("Knowledge will forever govern ignorance; and a people who mean to be their own governors must arm themselves with the power which knowledge gives.").

Questa frase è molto significativa in quanto oltre a riassumere il pensiero degli autori del sito, esprime allo stesso tempo anche uno dei capisaldi della cultura anglosassone e cioè l’importanza della libertà, intesa come bene irrinunciabile e qui intesa nel senso di libertà di autogovernarsi. A conferma di tale idea, radicatasi nei secoli in tutto il mondo occidentale, vi è ad esempio il preambolo della costituzione americana, che afferma che l’unione ha tra i suoi fini quello di “salvaguardare per noi stessi e per i nostri posteri il dono della libertà”, concetto più volte ribadito anche nella dichiarazione di indipendenza. Non  è un caso se uno dei simboli degli Stati Uniti sia la Statua della libertà, “La libertà che illumina il mondo “(Liberty enlightening the world). Da secoli l’America è considerata il faro delle libertà, ed è singolare che proprio questo paese sia stato costretto ad affrontare un caso simile. L’amministrazione Obama ha fatto di tutto per cercare di impedire la pubblicazione di tali documenti, violando (almeno in apparenza) uno dei principi irrinunciabili della democrazia, la libertà di pensiero, con ad essa collegate quello di manifestare le proprie idee. Si è trattato quindi di un tentativo di censura? Da un punto di vista formale sicuramente si ma cosa avrebbe potuto fare un governo che rischiava di vedere rovinati i rapporti diplomatici con tutti i suoi partner mondiali?

A prevalere sulla libertà di informazioni è stata, a detta di molti anche in modo più che legittimo, la ragion di stato e quindi parlando in termini machiavelliani il fine (quello nobile dichiarato dagli USA cioè di cercare di non mettere in pericolo la vita di soldati, operatori delle ong sparsi per il mondo e quello meno nobile di cercare di tener nascosta la loro opera di dossier aggio su tutti i leader mondiali compreso Ban Ki-moon) ha giustificati i mezzi (e quindi il tentativo di censura preventiva). Vi è inoltre da aggiungere che la pubblicazione negli USA di documenti segreti è illegale e prevede sanzioni di tipo penale. In punto di diritto il caso sembra risolto e la risposta alla domanda iniziale appare chiara: Wikileaks non aveva diritto di pubblicare i documenti segreti perché facendo in questo modo ha violato la legge e per di più è andato contro il criterio di “ragionevolezza“ poiché ha travalicato i limiti della libertà di informazione andando a ledere l’interesse pubblico.

Tuttavia un giudizio così netto sarebbe sbagliato poiché si potrebbe obiettare che i cittadini hanno il diritto di essere informati in particolar modo su vicende tanto importanti e che come scrive Wikileaks senza conoscenza non vi è libertà e possibilità di scelta. Si tratta insomma di stabilire cosa è più importante tra la “causa di Stato” e la libertà di informare e quindi di essere informati. Ma che cosa è lo stato (soprattutto se si parala di una democrazia) se non ne fanno parte pienamente e coscientemente i cittadini?

Ritengo sia lecito concludere questo articolo con una citazione di un famoso filosofo e storico francese dell’800,che può essere presa a modello per una risposta alla domanda iniziale: “Amo la libertà della stampa più in considerazione dei mali che previene che per il bene che essa fa. “(Alexis de Tocqueville)

Commenti all'articolo

  • Di eptor10 (---.---.---.93) 1 dicembre 2010 15:46
    Ettore Scamarcia

    "Io odio lo Stato". Così si esprimeva Pier Paolo Pasolini più di 40 anni fa. Quando l’uomo riuscirà a disfarsi di questa odiosa struttura concettuale sarà finalmente in grado di elevarsi ad un livello superiore. Al momento non ne può fare a meno perchè non è in grado di immaginare ed elaborare qualocosa di diverso, di "altro". Da ciò deriva la ragion di Stato.

  • Di Simone (---.---.---.145) 2 dicembre 2010 11:43
    Simone Pardini

    Penso che lo stato, inteso come insieme di cittadini, se funzionasse a dovere, vedi gli stati nord-europei, potrebbe essere molto utile per le persone. Io personalmente rimango ancor ancorato all’idea di stato, forse perché sono uno dei pochi che ancora pensa che dovrebbe offrire gratuitamente i servizi essenziali alla persona: trasporti, cultura e sanità.

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