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Ferlinghetti: 60 anni di pittura

Ferlinghetti: 60 anni di pittura

È l’ultimo della Beat Generation ancora in vita, Lawrence Ferlinghetti. E, nonostante i suoi 90 anni ben portati, non smette di stupire. Chi conosceva la sua attività di poeta adesso potrà scoprire anche il Ferlinghetti pittore. Grazie a una mostra itinerante tra Roma e Reggio Calabria che si inaugura il 25 febbraio al Museo di Roma in Trastevere per poi spostarsi al foyer del Teatro “Francesco Cilea” della città dello Stretto, dal 5 maggio al primo luglio. L’esposizione, intitolata “Ferlighetti: 60 anni di pittura”, svelerà al pubblico italiano un lato inedito della poliedrica personalità artistica dell’intellettuale americano: la sua cifra di artista visuale, spesso offuscata dalla fama di poeta, romanziere ed editore con l’ormai leggendaria City Lights di San Francisco.
 
La mostra propone 54 tele di grandi e grandissime dimensioni, realizzate dall’autore di “A Coney Island Of The Mind” tra il 1950 e il 2009. Una retrospettiva che ripercorre tutta la carriera dell’artista americano. Carriera che, in un arco di tempo così lungo, ha attraversato fasi diverse.
 
Via via l’opera di Ferlinghetti è stata accostata alla lezione dell’espressionismo di De Kooning, alla Transavanguardia italiana, il movimento teorizzato da Achille Bonito Oliva negli anni Ottanta, fino a giungere a un figurativismo astratto denso di significati. Il “fil rouge” che lega tutta l’opera di Ferlinghetti è la coesistenza delle due anime del poeta-pittore: una lirica ed estasiata, l’altra politica, rivoluzionaria, critica. Un dualismo che Ferlinghetti ha sempre cercato di sintetizzare nelle sue opere. Alcuni dei suoi quadri, come “Against The Chalk Cliffs” (ritratto della prima moglie Kirby Selden Smith) o “The Blue One Looking Darkly”, indugiano sulla dolcezza delle figure femminili, approfondiscono il tema dell’amore e dell’erotismo. È lo stesso artista di San Francisco ad affermare: “Oggi davanti alla coscienza americana dominante, tecnocratica e materialista, molti semplicemente si rinchiudono nei propri gusci. I pittori e i poeti hanno a propria disposizione la fuga lirica, il lirismo puro, in pittura o parole, pura luce non contaminata dall’inquinamento ambientale o politico.
 
Rifiutando l’espressione politica come mezzo espressivo, in questo gruppo di dipinti indulgo in questa fuga lirica”. Molte altre opere mettono in luce l’indomito spirito ribelle di Ferlinghetti, la sua critica sferzante a un’America che ha tradito propri ideali. Come nella serie “Liberty”, iniziata negli anni Ottanta, in cui la Statua della Libertà è l’emblema del sogno americano infranto e deriso. O nelle opere più recenti, quelle dell’ultimo ventennio, con cui l’artista americano ha voluto dare spazio e voce agli emarginati, all’umanità sofferente, agli ultimi. Si tratta di quadri dal forte impatto, legati a temi di stringente attualità: l’immigrazione, la lotta per i diritti civili, l’uguaglianza tra uomo e donna, la salvaguardia dell’ambiente, i conflitti in corso. Tele che vogliono scuotere le coscienze. Come “This Is Not A Man” (1994), forte “j’accuse” al sistema carcerario americano e alla pena di morte. O la più recente “Ship At Sea” (2006) che affronta il tema dell’immigrazione e la condizione dei “boat people”. Alcune delle opere, esposte in anteprima mondiale, sono recentissime, del 2009: “Dechirée”, “Ka: The Life Force”, “Lady Of Shallot”. Dipinti da cui traspare, intatta, la forza poetica dell’ultimo guru della Beat Generation.

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