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Fenice di Venezia: nuovo allestimento per Madama Butterfly

Tradizione nipponica e sofisticati mezzi tecnologici con due serie di rappresentazioni in giugno e in ottobre, a inizio e fine della 55^ Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale.

Assistiamo con una certa trepidazione a questa nuova produzione di Madama Butterfly alla Fenice in quanto “progetto speciale della 55^ Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia”. La versione proposta è quella del 1907 e va specificato, poiché quest’opera, che vide la luce con un fiasco il 17 febbraio 1904 alla Scala di Milano - dovuto ad una claque assoldata dall’editore Sonzogno che aveva prodotto tre mesi prima Siberia di Giordano, rivelatasi un flop - fu oggetto di continui rimaneggiamenti da parte del compositore tanto che si può dire non esista una stesura definitiva, bensì quattro versioni differenti.

Al di là dell’argomento, che affronta con delicata ma severa condanna la superficialità e il senso di superiorità di Pinkerton, e quindi dell’intera società Occidentale nei confronti delle culture diverse (tema assai attuale considerato che in questi giorni un Ministro della Repubblica Italiana viene deriso e offeso da deputati e senatori perché di origini africane), è la musica di Puccini che ci immerge totalmente in quest’opera d’arte che vede coesistere richiami e modelli musicali orientaleggianti della scala pentafona, l’odierno Inno Nazionale americano, citazioni da Bohème e Tosca ed anche echi wagneriani. Echi wagneriani non solo musicali… in un appassionante “dopoteatro” con l’amico Ferrari ci lanciamo in una chiacchierata sulla lettura dei soggetti Tristano/Butterfly visti come simmetrici, ovvero positivo e negativo uno dell’altro.

Innanzitutto l’idea della nave: un vascello che in Butterfly porta l’antieroe, un Pinkerton superficiale dall’animo sbiadito, mentre in Tristano porterà un’Isotta coraggiosa e generosa. L’elemento amore viene vissuto dai due soggetti ancora in maniera diametralmente opposta: Pinkerton vive l’esperienza amorosa (se così nobilmente la si può chiamare) in chiave consumistica e ed egoista, mentre Isotta, pur animata da un amore “stupefacente” esprime la sua autentica natura di donna sincera e leale. Troviamo anche qualche similitudine tra queste due storie di profonda introspezione psicologica: Isotta, come Butterfly, si trafigge, e così come per Butterfly il suo amore - il figlio - ha nome Dolore, per Isotta l’amore ha nome Tristan.

La produzione della Fenice ha qualcosa di grandioso: dello studio Mariko Mori, una delle più interessanti artiste contemporanee giapponesi è la sofisticata scena, vuota, bianca che si riempie nel secondo atto del gigantesco Moebius, l’infinito, scultura raffinata che evoca le ali della farfalla e che è il simbolo che rappresenta la riflessione dello spirito su di sé. Così concepita - diremmo basic - essa lascia dunque spazio alla pregnanza drammaturgica della musica ed enfatizza la vicenda umana di Butterfly. I costumi sono realizzati in delicati colori pastello e per la protagonista, ali stampate in 3D: assoluta novità per il teatro.

Siamo presenti all’anteprima per la stampa: maestro concertatore e direttore è Omer Meir Wellber che in questi giorni è impegnato anche a Verona per dirigere la nuova produzione di Aida per il Festival del Centenario 2013. Considerato uno fra i più talentuosi giovani direttori, Baremboim lo incorona addirittura la bacchetta più importante della sua generazione, qui a Venezia lo abbiamo già applaudito in Carmen e in Elisir d’Amore lo scorso anno. Nella voce di Amarilli Nizza non riconosciamo proprio le sfumature, la delicatezza dello stile giapponese di Cio-Cio-San, mentre Manuela Custer è una Suzuki compresa nel ruolo sia vocalmente che scenicamente. Andrea Gorrotxategui interpreta un Pinkerton corretto. Vladimir Stoyanov è Sharpless, Nicola Pamio, Goro; Julie Mellor, Kate; un bravo William Corrò, il Principe Yamadori; lo zio Bonzo è Riccardo Ferrari.

Il coro diretto maestro Claudio Marino Moretti ci offre il passaggio a bocca chiusa, alla chiusura del secondo atto, arrivando silenziosamente in platea e schierandosi sul fondo: un suggestivo effetto sorpresa! Affascinanti le luci di Albert Faura che risultano efficaci per scandire il tempo che passa e per connotare le diverse sfumature emotive della vicenda. Àlex Rigola, direttore della sezione Teatro della Biennale di Venezia, ha realizzato una regia che si rivela tagliata addosso a questi personaggi avvezzi alle piccole cose: è minuta, fondata su raffinati micromovimenti e arricchita da contenute coreografie che offrono un senso di levità tutta giapponese. Purtroppo all’anteprima per la stampa sono mancate le acconciature e le parrucche molto attese di milliner by Kamo. Una produzione di grande sforzo di mezzi e strutture da parte del teatro per questo grande classico, che ha riscosso un lieto successo con numerose chiamate. Altre recite in Ottobre, con Fiorenza Cedolins nel ruolo del titolo: da non perdere.

Foto: Wikimedia

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