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Fed: la svolta populista nel discorso di Powell

Riflessioni sulla nuova cornice di politica monetaria statunitense, annunciata da Jerome Powell. Più opacità nel mandato duale ed un populismo che pare contaminare anche la Fed. Attenzione a fare i conti senza l'oste chiamato mercato.

In questa puntata, Michele ed io discutiamo dell’annuncio della Federal Reserve di modifica della strategia di politica monetaria, che d’ora in avanti tenterà di compensare l’inflazione “mancante” rispetto all’obiettivo del 2% e non alzerà più in modo preventivo i tassi al raggiungimento del livello di disoccupazione considerato come “minimo”, al di sotto del quale dovrebbe prodursi inflazione.

La prima parte della strategia è una scatola nera che non specifica su quale arco temporale si calcolerà il tasso medio d’inflazione. Ciò, se da un lato lascerà mani libere alla Fed per decidere tutto ed il suo contrario, dall’altro rischia di certificare la sottomissione de facto della banca centrale agli umori della politica.

Sono ormai di un’altra era geologica i tempi in cui l’aumento di base monetaria si trasformava in inflazione, attraverso l’aumento dell’offerta di moneta. Da tempo è cambiato tutto, nel meccanismo di trasmissione della politica monetaria, e le banche centrali appaiono disarmate. Globalizzazione, nuove tecnologie, invecchiamento della popolazione, mutamenti nel mercato del lavoro, innovazione finanziaria: a voi la scelta delle cause dominanti di questo processo di disinflazione.

Scendono i tassi, il debito aumenta, si crea il “Minsky moment“, le banche centrali reagiscono abbassando i tassi e comprando attivi per creare riserve bancarie che non rientrano “in circolo”. Questa la sequenza che ci ha portati sin qui.

Le banche centrali stanno compiendo un percorso populista, secondo Michele (ed anche secondo me), iniziato col salvataggio di Wall Street per necessità di non distruggere anche Main Street. Il problema è che Main Street è furiosa per l’aumento di diseguaglianze di ricchezza che tali salvataggi hanno determinato, gonfiando i valori delle attività finanziarie; ora siamo giunti al punto che il presidente della Fed, fedele alla sua missione statutaria duale di promuovere la massima occupazione compatibile con la “stabilità” dei prezzi, teorizza che serve “surriscaldare” il mercato del lavoro per aiutare chi sta ai margini, minoranze etniche e working poor.

Dalla (condivisibile) sensibilità sociale al populismo, il passo può essere breve. Ma si rischia di fare i conti senza il mercato. Più inflazione, il mercato si libera delle obbligazioni, i rendimenti salgono e le azioni crollano. Che farà la Fed? E come risponderà la Bce di Christine Lagarde, che ha messo in sonno causa pandemia il suo processo di revisione della politica monetaria, preferendo enfatizzare una non meglio definita svolta “verde” (?), e che ora si trova con l’euro molto rafforzato e nuove sofferenze per gli esportatori? Lo scopriremo solo vivendo.

Un solo caveat, per chi guarderà il video: questo non è il trionfo della MMT. Non lasciatevi sedurre da condizioni che sembrano portare in quella direzione, senza effetti avversi. Perché, se ci si addentrasse per quel sentiero, scoprireste che la pietra filosofale della stampante monetaria semplicemente non può esistere. Buona visione.

Foto: Brooking Institution/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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