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Faenza, apocalypse now

A Faenza, come in decine di Comuni delle province di Bologna, Ravenna, Imola, Rimini la situazione è drammatica. 

di Linda Maggiori

(Foto di Gian Paolo Costa)

Nella mia città interi quartieri sommersi, gente ancora intrappolata nei piani alti che non ha luce, né linea telefonica. Elicotteri che salvano persone arrampicate sopra ai tetti, vigili del fuoco che pur con rinforzi sono sempre troppo pochi, e non riescono a tirare via velocemente tutti dalle case, così chi può si arrangia con mezzi di fortuna, canotti, materassini…

Pochi quartieri si sono salvati e lì si affollano gli esodati. Il fango è ovunque. Le case si aprono all’accoglienza, le palestre pure.

Hanno straripato tutti i fiumi da Bologna a Rimini, mentre il mare grosso ha fatto da tappo e le colline e i monti franavano. Così la Romagna è finita quasi completamente sott’acqua e nel fango.

Un disastro epocale, preceduto due settimane fa dall’altra alluvione, sempre nella stessa zona. Qui non si vedeva una cosa del genere a memoria d’uomo. Se due settimane fa la “Vox populi”, fomentata ad arte, dava la colpa agli istrici, agli alberi e alle nutrie, ora c’è sbigottimento.

La gente capisce che è un evento fuori scala, non possono essere state le nutrie a fare finire una regione sott’acqua.

“È un apocalisse” dicono le persone, gli occhi sbarrati, mentre riemergono dalle strade inondate, ricordando il boato del fiume che straripava e inondava velocemente le case.

Ormai il sentore che qualcosa sta cambiando entra nella gente.

Bonaccini in una sua diretta nella tragica serata del 16 maggio aveva affermato: “La realtà è peggiore delle previsioni”.

Ma quali previsioni? Quelle meteo? O quelle degli stessi scienziati IPCC che prevedevano disastri, alluvioni siccità e terre inabitabili e pianure sommerse al 2030 o al 2050 o al 2100?

La realtà sta superando perfino le previsioni più pessimistiche, ma i governanti proseguono nella strada del disastro, in modo folle, spietato e schizofrenico.

L’Emilia Romagna a detta di Bonaccini e De Pascale deve diventare un hub del gas, la Energy Valley, e così hanno candidato Ravenna a ospitare il secondo rigassificatore, dopo quello di Piombino, con tanto di nuovo metanodotto da costruire. E tutti sappiamo quanto è climalterante il metano.

Questa regione è anche una delle più cementificate in Italia. E sicuramente un terreno cementificato non trattiene acqua né CO2.

Perfino vicino al fiume costruiscono: a Faenza su un campo a poche centinaia di metri dal fiume, totalmente inondato (l’orto della Ghilana), c’è un progetto di lussuose villette. Così se tra qualche anno il Lamone nuovamente esonderà e allagherà le villette, chi ripagherà i danni?

Ma non solo case.

Il PRIT (piano regionale trasporti) prevede la costruzione di un enorme numero di km di nuove strade, passanti, tangenziali, autostrade, come la Bretella Campogalliano-Sassuolo a Modena (515 milioni), il passante di Mezzo a Bologna (690 milioni), la Cispadana tra Modena e Ferrara (1 miliardo 308 milioni). Per questi progetti si abbatteranno migliaia di alberi cementificando suolo fertile.

E drammatica ironia della sorte, proprio i cantieri del nodo di Rastignano, altra nuova colata di cemento proprio sugli argini del Savena, sono stati spazzati via dall’alluvione.

L’Emilia Romagna è anche la Food Valley, una distesa di allevamenti intensivi che emettono metano, ammoniaca e inquinano falde e suolo, nonché una terra sfruttata e inaridita dall’agricoltura intensiva, dalle monoculture, fitofarmaci e concimi.

Per non farci mancare niente, siamo anche la Motor Valley, con il suo roboante mito della velocità, carico di emissioni e spreco di soldi pubblici.

Anche l’autodromo di Imola, che nel weekend dovrebbe ospitare la formula uno, è finito sott’acqua.

Insomma dalla Motor Valley alla under-water Valley è un attimo.

Speravano forse questi governanti di avere più tempo, almeno fino alla fine del mandato, per fare girare soldi e interessi, prima che anche qui nel nord del mondo arrivasse il collasso climatico.

Ora invece si accorgono che hanno fatto male i conti e la crisi climatica è già qua, brutalmente, entrata in casa, sotto le porte e fino ai tetti.

Bonaccini rassicura che “l’Emilia Romagna è grande, risorgeremo e torneremo come prima”.

Forse è proprio quel prima un problema. Stiamo alimentando un ciclone, stiamo gettando benzina sul fuoco.

Mettiamoci in testa che questa non è una guerra contro la natura, non è una sfida a chi è il più forte. Perché la natura può benissimo spazzarci via senza rimpianti e sta benissimo senza di noi. Noi invece non possiamo sopravvivere senza la natura.

Non è l’ennesima guerra, come lo fu quella contro il virus, non è l’ennesima prova di forza, di orgoglio, di retorica, non “andrà tutto bene”.

Non andrà bene per niente, se non cambiamo rotta. E la realtà sarà sempre peggio delle previsioni. Dobbiamo solo chinare la testa, cercare di adattarci ad un clima tropicale e smetterla fin da subito di bruciare fossile e martoriare la terra.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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