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Erodoto: Qual è la migliore forma di governo

Qual è la migliore forma di governo? Il tema è sempre di attualità, in Italia. La risposta a questa domanda però non ha oggi ancora trovato unanime condivisione.

di Natale Salvo

Quest’articolo è disponibile anche in: Inglese

Nel mondo, infatti, le repubbliche, parlamentari o presidenziali, si alternano con le monarchie, costituzionali o assolute o anche elettive che siano [1].

La disputa sul tema quale sia la migliore forma di governo ha una origine almeno bimillenaria se le si dà come inizio un celebre passo delle Storie di Erotodo nel quale ne disquisiscono tre uomini:

  • Otane,
  • Megabizo,
  • e Dario[2].

Quindi, andando al punto:

  • meglio la democrazia, ossia il governo di tutti;
  • l’aristocrazia, cioè il governo dei pochi eccellenti per nascita e capacità;
  • o la monarchia, ossia il governo di uno solo?

Otane non aveva dubbi: « avrebbe voluto che si desse il potere a tutto il popolo persiano », riporta Erodoto ne le Storie.

Al contrario, il satrapo Megabizo sosteneva che « si affidasse il governo ad un’oligarchia » e Dario invece affermava come « tra la migliore democrazia, la migliore oligarchia e il migliore monarca, la preferenza tocca di gran lunga a quest’ultimo governo ».

« Non si può trovare nulla di meglio di un governatore unico, se questi è il migliore. L’intelligenza di un tal uomo può irreprensibilmente amministrare la moltitudine », spiegava Dario nel racconto di Erodoto.

Orbene, alla certezza di Dario io contrappongo due domande:

  • come si possa certificare che un taluno sia « il migliore »? Esistono dei test specifici o è sufficiente che tale merito lo ritenga il popolo o un gruppo di plutocrati? O è la sorte – guidata da una mano divina – che può venire incontro a risolvere la difficile disputa?
  • chi o cosa può assicurare che, come teme proprio Otane, il tempo non faccia « uscire fuori dal suo modo abituale di vedere [anche il] miglior uomo del mondo investito di tale autorità »? Come garantire che l’uomo migliore non possa smettere di curare il bene comune e dedicarsi invece al proprio interesse « quando è lecito fare ciò che vuole senza renderne conto? ».

Secondo Otane, la migliore forma di governo è la democrazia

Insomma, Otane con sicurezza afferma un convinto ‟noˮ alla figura del capo unico.

Ne le Storie, questi insiste invece sulla propria opinione e spiega: « il governo del popolo anzitutto porta il nome che più affascina: uguaglianza dei diritti. In secondo luogo

  • non procura nessuno dei danni che il monarca procura:
  • tiene le magistrature a sorte,
  • rende conto del potere esercitato,
  • sottomette al pubblico tutte le deliberazioni ».

Tutti elementi che impedirebbero, a suo dire, una degenerazione della democrazia e, d’altro canto, assicurerebbero che le azioni siano indirizzate all’interesse dei più.

La democrazia di Otane, tuttavia, mi sembra più intesa come democrazia diretta, nello stile dell’agorà ateniese. Mi convince in questa valutazione, infatti, la sua affermazione « non voglio né comandare né essere comandato » che troviamo al capitolo 83 delle Storie di Erotodo [2].

Che fosse un libertario ante litteram, questo Otane?

Per Megabizo, occorre affidare il potere ad un gruppo di migliori

Il problema della democrazia, tuttavia, per Megabizo, sta nell’affidare il governo ad una « una moltitudine inetta », sprovvista di quella intelligenza che è rappresentata dall’agire secondo « un suo disegno ». « E come potrebbe non esserlo? Nulla di buono gli è stato insegnato e nulla ha appreso per naturale ingegno; irrompe e precipita, senza capire: è un fiume in piena », spiega il satropo ne le Storie.

Ecco perché la sua soluzione è quella di una ‟democrazia del … meritoˮ: « diamo il potere ad un gruppo di uomini scelti tra i più capaci. E’ dagli uomini più capaci che si aspettano le decisioni più sagge ».

Oggi potremmo individuare nella democrazia parlamentare rappresentativa questa possibilità di scelta « tra i più capaci » che immaginava Megabizo.

Dario: solo la monarchia ci salva da odi personali e complotti

« Quando ha comando il popolo, è inevitabile che il valore dei reggitori decada », s’associa Dario. Cui tuttavia anche l’oligarchia non convince: « tra i molti uomini di merito che si dedicano all’interesse dello Stato, sogliono nascere forti odi personali; volendo ognuno essere il capo e far trionfare le proprie idee ».

D’altro canto, prosegue Dario per avvalorare la propria tesi dell’uomo solo al comando, nella democrazia invece « a danno dell’interesse comune, non odi ma forti amicizie nascono tra i dappoco: perché chi danneggia lo Stato agisce per complotti ».

A me pare chiaro che ognuno esprima delle Verità.

Qual è la migliore forma di governo, in conclusione?

In conclusione, ritengo che la domanda ‟qual è la migliore forma di governo?ˮ sia mal posta, o comunque incompleta.

Credo che siano i ‟pesi e contrappesiˮ istituzionali, qualora effettivi e funzionanti, ad assicurare una soluzione alle criticità sostenute da Otane, Megabizo e Dario rispetto alle diverse forme di governo.

Non esiste, insomma, a mio parere, una forma di governo in assoluto migliore che un’altra.

Quindi, a mio avviso, un dibattito sulla migliore forma di governo non può non comprenderne uno sui ‟pesi e contrappesiˮ necessari a ché una qualsiasi forma di governo non degeneri nella tirannia o nella corruzione.

Fonti e Note:

[1] Plutarco di Cheronea, scrittore e filosofo greco, 45 (o 50)-120 d.c., « De unius in republica dominatione » (EN).

« Ora questi tre tipi di governo sono stati distribuiti tra le nazioni che hanno avuto il più potente e il più grande impero.

  • Così i Persiani godevano della regalità, perché il loro re aveva pieno potere assoluto in tutte le cose, senza essere tenuto a rendere conto a nessuno.
  • Gli Spartani avevano un consiglio composto da un piccolo numero, e dalle persone migliori e più considerevoli della città, che gestivano tutti gli affari.
  • Gli Ateniesi mantenevano il governo popolare libero ed esente da ogni altra mescolanza ».

[2] Erodoto di Alicarnasso, 440-429 a.c, “Storie” (III Libro, 80:83).

L’articolo originale può essere letto qui

Questo articolo è stato pubblicato qui

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