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Ergastolo: la "liberazione condizionale" di Carmelo Musumeci dopo 27 anni di carcere

L’altro ieri ho ricevuto una di quelle telefonate che ti salvano e ti cambiano la vita. Il numero di telefono era quello del carcere di Perugia. Mi avvisano di rientrare subito in carcere perché devo essere scarcerato. È uno dei giorni più belli della mia vita.
Mi notificano l’esito positivo della Camera di Consiglio sull’istanza di richiesta di Liberazione condizionale, che prevede: “Al soggetto sono impartite disposizioni concernenti la frequentazione di determinati luoghi o ambienti, gli orari nei quali deve essere reperito presso l’abitazione, i limiti territoriali negli spostamenti e, in particolare, l’obbligo di sottoporsi alla sorveglianza dell’autorità di pubblica sicurezza e di tenere contatti con il Centro di servizio sociale.”

Quando esco dal carcere mi gira la testa. Il mio cuore batte forte. Respiro a bocca aperta. In pochi istanti mi ritornano in mente tutti i ventisette anni di carcere, con i periodi d’isolamento, i trasferimenti punitivi, i ricoveri all’ospedale per i prolungati scioperi della fame, le celle di punizione senza libri, né carta né penna per scrivere, né radio, né tv, ecc. In quei momenti non avevo niente. Passavo le giornate solo, guardando il muro. 
Poi scrollo la testa. Smetto di pensare al passato. Mi accendo una sigaretta e, dopo la prima tirata, medito che adesso dovrei smettere di fumare, perché ora la mia unica via di fuga per essere libero non è più solo la morte. Alzo lo sguardo al cielo. Osservo il muro di cinta del carcere. Per un quarto di secolo ho sempre creduto che sarei morto nella cella di un carcere. Penso che una condanna cattiva e crudele come la pena dell’ergastolo, che Papa Francesco chiama “pena di morte mascherata”, difficilmente può far riflettere sul male che uno ha fatto fuori. 
Più che credere in me stesso, penso di aver scelto di credere negli altri. E forse questa è stata la mia salvezza. Io credo di essere rimasto vivo solo per l’amore che davo e ricevevo dai miei figli e dalla mia compagna. Sono stati anni difficili, perché non ho mai scelto solo di sopravvivere, ma ho sempre lottato anche per vivere. E proprio per questo ho sofferto tanto. Non ho mai pensato realmente di farcela e forse, proprio per questo, ce l’ho fatta.

Adesso mi sembra tanto strano intravedere un po’di felicità nel mio futuro. Il mio cuore mi sussurra: “Per tanti anni hai pensato che l’unica cosa che ti restava da fare era aspettare l’anno 9.999; invece ce l’hai fatta! Sono felice per te … e anche per me”.
Non è ancora la libertà piena, ma ci sono vicino e sono tanto, tanto, felice. Questo risultato non è solo mio o dei miei familiari ma di tutte le persone che in questi anni mi sono state vicino, in un modo o nell’altro. Da solo non ce l’avrei mai fatta. Grazie a tutti. Un sorriso con e di cuore.
Carmelo

 

Il suo ultimo libro è Nato Colpevole

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