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“Er Dandi”, morto come un Papa

Da qualche giorno Sky sta trasmettendo “Romanzo Criminale 2”, la serie televisiva che, dopo il film ispirato dall’omonimo libro dello scrittore De Cataldo, ripercorre la storia della Banda della Magliana, considerata la più potente organizzazione criminale che abbia mai agito nella capitale.

Uno dei personaggi di spicco della Banda era Enrico De Pedis, detto Renatino (il Dandi nella serie).

Il nome di De Pedis è strettamente legato alla vicenda di Eleonora Orlandi, la figlia di un funzionario della Prefettura della Casa Pontificia rapita il 22 giugno del 1983 in circostanze ancora non del tutto chiare.

Col passare del tempo il caso diventerà uno dei piu loschi misteri italiani ancora irrisolti e che vedrà il coinvolgimento del Vaticano, dello Ior, dei Servizi Segreti, fino ad arrivare ai Lupi Grigi, il movimento nazionalista turco (appartenente alla rete Gladio) di cui faceva parte Alì Agca, l’uomo che il 13 maggio del 1981 sparò, in Piazza San Pietro, due colpi di pistola all’allora pontefice Giovanni Paolo II.

Il collegamento con la Banda della Magliana avviene nel luglio del 2005, quando, durante la trasmissione di Rai 3 “Chi l'ha Visto”, una telefonanta anonima diceva che per avere una svolta nel caso del rapimento di Eleonara Orlandi bisognava “andare a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare e controllare del favore che Renatino fece al cardinal Poletti”.

La Basilica di Sant’Apollinare si trova a pochi passi da Piazza Navona e fu fondata intorno al 780 da Papa Adriano I e secondo il diritto canonico non possono essere seppeliti all’interno del luogo sacro i resti di persone che non siano il Papa o altri prelati.

Eppure, come dice la telefonata, in una cripta all’interno della basilica, si trova la tomba di Renatino, boss di spicco della Banda della Magliana, impelagato tra sequestri, droga, legami col mondo neo-fascista e della P2 di Licio Gelli fino ai contatti con la mafia siciliana. Più profano che sacro.

Il legame tra De Pedis e Sant’Apollinare data al 1988, anno del suo matrimonio con Carla Di Giovanni, avvenuto appunto nella basilica. In quell’occasione – secondo la signora – Renatino disse “Il giorno che mi ‘tocca’, piuttosto che al cimitero mi piacerebbe essere portato qui…”.

Il funerale di De Pedis, che non aveva ancora 36 anni, viene officiato da monsignor Piero Vergari, rettore della basilica. Quattro giorni dopo la morte violenta il corpo viene tumulato al Verano, ma il 23 marzo la vedova chiede la “estumulazione”. Poco tempo prima don Piero Vergari aveva scritto al cardinale Poletti, vicario di Roma, chiedendo l’autorizzazione per l’accoglimento nei sotterranei di Sant’Apollinare: “Il defunto è stato generoso nell’aiutare i poveri che frequentano la basilica, i sacerdoti e i seminaristi, e in suo suffragio la famiglia continuerà ad esercitare opere di carità…”. Il 24 aprile le spoglie di De Pedis, approdano in basilica.

Dal ’90 al ’97 solo Carla De Pedis possiede le chiavi del cancello che chiude la cappella nella cripta. Poi il caso esplode. Dichiara il nuovo rettore di Sant’Apollinare: “Se fosse accertato ciò che si dice di Enrico De Pedis, sarebbe imbarazzante”. E prosegue: “Non sta a noi scegliere le salme: questa si, questa la mandiamo via”.

Alla fine arriva anche la “benedizione” da parte della tomba vivente di tutti i misteri italiani, Giulio Andreotti: “Per Sant’Apollinare, Enrico De Pedis fu un benefattore. Non per gli altri”.

Dove avrà guadagnato il “buon” De Pedis l’onore di essere seppellito nella basilica, e gli scandali bancari italiani di quegli anni che rapporti hanno con la faccenda?

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