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 Home page > Tempo Libero > Musica e Spettacoli > Enrico Pieranunzi, "Live at the Village Vanguard"

Enrico Pieranunzi, "Live at the Village Vanguard"

Sembra che il tempo si sia fermato, o non sia mai trascorso, ascoltando l’ultimo lavoro del pianista e compositore romano Enrico Pieranunzi. A quasi 50 anni dall’uscita dell’Lp del supertrio per eccellenza, quando si pensa a pianoforte, contrabbasso e batteria, frutto di un’intensa giornata al Village Vanguard, il leggendario locale newyorkese di Manhattan, che fissò un interplay indimenticabile tra Bill Evans, Scott la Faro e Paul Motian, un nuovo trio “evansiano” ci fa rivivere antiche emozioni.

Oltre che al leader, il merito è attribuibile ai due partner evansiani: il batterista Paul Motian, che in quel giorno del 1961 sedeva dietro al drum set e il contrabbassista Marc Johnson, uno degli ultimi ‘double bassist’ ad affiancare il pianista. Nella scaletta di circa un’ora - probabilmente uno dei numerosi set di quella settimana d’estate del 2010 – Pieranunzi propone 4 pezzi conosciuti e 4 sue composizioni. Il brano d’apertura, ‘I mean you’ di Thelonious Monk è un piacere per le orecchie di appassionati e non. Motian spezzetta frequentemente il suo drumming, creando quella tensione necessaria nell’interpretazione jazzistica, con una giusta dose di inaspettato – c’è forse un riferimento in ‘Tales from the unexpected’, il primo degli originals? - senza la quale ogni scrittura potrebbe apparire scolastica. Subito si capisce l’affetto e la stima che Pieranunzi nutre per il veterano artista di piatti e tamburi, che purtroppo sarebbe scomparso nel novembre 2011. Motian è tanto irruento, in apparenza caotico, distruttore della quiete nei pezzi swinganti, quanto delicatissimo nelle ballads – la succitata ‘Tales from the unexpected’ e ‘Unless they love you’, entrambe scritte dal leader. Dietro a tutti, a mantenere un perfetto equilibrio, con un tocco, un accompagnamento e preziosi assolo, il bravissimo Marc Johnson.

Un plauso a Pieranunzi per aver inserito tra i brani altrui, ‘Subconscious Lee’ dell’altosassofonista Lee Konitz, poco ascoltato sia negli episodi dal vivo che in quelli in studio. Il brano finale, il più lungo, è un omaggio a due grandi italiani che non ci sono più, Federico Fellini e Nino Rota, del quale Pieranunzi esegue il tema principale de ‘La dolce vita’. Eravamo nel 1960, un anno prima dello storico ‘Live’ al Village Vanguard. Geni come il nostro romagnolo non se ne vedono più all’orizzonte. Pianisti che ricordano o che si ispirano ad Evans se ne ascoltano spesso, ma non sono in grado di lasciare un segno. Però, chissà, fra 30 o 40 anni si potrebbe sentir parlare di uno ‘stile Pieranunzi’, che influenza i giovani pianisti del 2050.

Una speranza, per concludere. Ci sarà la possibilità di ascoltare dell’altro materiale da quella settimana d’estate di concerti a Manhattan?

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