Eileen | Emancipazione e lati oscuri
Lo definirei il film degli sguardi, quelli che danno origine a un pensiero o a una valutazione di chi vede o è visto, a un qualcosa che si sente dentro. Lo sguardo di una ragazza appena 24enne dal viso comune che lavora da assistente in un riformatorio, la vediamo sola, dimessa nel vestire, abitudinaria, in casa deve sorvegliare suo padre alcolizzato, un papà ex poliziotto in pensione, sospettoso e invidioso nei suoi confronti, sola è lei e solo è lui. Un papà schifoso e cattivo, “Parassita, fatti una vita!” lui dice alla figlia.
Uno sguardo è quello che rivolge spesso di nascosto a un ragazzo recluso, sempre solo e silenzioso nel cortile dove altri giocano. Un altro sguardo è di un collega di lavoro, la scruta e forse si chiede che tipo sia e se “abbordabile” questa Eileen (Thomasin McKenzie) dimessa e molto ordinaria.
Poi arriva lo sguardo fatale, una “mirada especial”, è quella che si scambia con la psicologa nuova arrivata nella struttura, nello sguardo tra le due qualcosa accade, un'intesa: la psicologa è affascinante, con le idee chiare e le forme perfette: 81-60-86, gliele comunica essa stessa (Anne Hathaway), la coinvolge nei modi di pensare, insieme hanno qualche giornata che non si dimentica, sostiene che certe persone sono vere, altre scontate, la invita a rimettersi in gioco perché, le dice, Non c'è abbastanza dolcezza nella tua vita e … sei diversa ultimamente, quasi interessante, la stuzzica e la anima: sei di buon umore?
L'emancipazione di Eileen avviene, una decisione personale rivelerà un suo lato oscuro.
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