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Educazione dei bambini: c’è differenza tra "violenza domestica" e una sberla

In prima pagina di un free press romano leggo un titolo a dir poco inquietante. Dapprima lo sbircio da un vicino poi, contrariamente a quanto di solito faccio, me ne procuro una copia.

"Serve una legge contro le sberle".

Leggo.

Si parla di violenza sui bambini. Si parla di violenza nell'ambito familiare/educazionale. Insomma si parla dei ceffoni che non si devono dare ai figli, seppur per educarli. Io non sono a favore della violenza dunque mi riuscirebbe facile (e con esperienze simili pregresse) concordare con quest'articolo eppure mentre lo leggevo sentivo nascere in me un fastidio.

Un conto è fare violenza “gratuita” e dunque pestare a più non posso i bambini.

Un conto è entrare in casa ubriachi fradici e prendersela con chi è più debole.

Un conto è riversare sui propri figli le frustrazioni personali, lavorative, sentimentali.

Un conto è riproporre un modello genitoriale sbagliato perché solo di quello si ha conoscenza...

Un altro conto è dare una sculacciata.

Che può essere stata data e dettata dalla paura di una situazione in cui il bambino si è trovato e allora la reazione primordiale è la sculacciata e poi l'abbraccio.

Un altro conto è la sberla.

Magari meritatissima dopo un reiterato attacco di ignoranza da parte del pargolo (quando dico pargolo non parlo di bambini che ancora non sono in grado di rapportarsi con i genitori, ma intendo un bambino di almeno 7/8 anni e oltre che è nella capacità di comprendere, eventualmente i genitori fossero in grado di darla, una spiegazione sensata dopo la sberla).

Insomma parlare di violenza domestica, intervistando bambini nelle scuole o in altre strutture pubbliche, senza aver preso visione di quello che è l'ambiente familiare o senza conoscere la storia dei loro genitori mi sembra un tantinello pretenzioso.

Certo vedere un ragazzino con evidenti segni di violenza deve far scattare nelle istituzioni la voglia di fare un controllo, ma sentire da parte di un ragazzino la frase "la mamma mi ha picchiato perché non ho fatto i compiti" va presa con le pinze perché sappiamo bene quanto siano in grado di esasperare le situazioni.

Detto questo non sto inneggiando all'educazione in senso fisico, perché ritengo ancora che parlare sia il metodo migliore e che certe punizioni (e anche qui ci sono state contestazioni in merito) servano molto più di quanto non faccia uno schiaffo, ma vi assicuro che dare una sberla non è per forza sinonimo di maltrattamenti e soprattutto non creerà al bambino chissà quale trauma insuperabile. Cerchiamo di non enfatizzare i discorsi, perché vero è che il metodo Montessori è stata una grande innovazione, altrettanto vero che come tutte le cose gli eccessi danneggiano. Ho visto bambini che, “Montessorizzati”, hanno preso a calci nel culo i genitori ancora prima di arrivare all'adolescenza e giuro che faticavo io a non dargliene.

Credo che in qualunque caso ci sia bisogno di equilibrio e non si può trovare ne sui titoli di giornale sparati a lettere grandi... ne nei sussurri di certa gente che conosce i disagi di certe famiglie e se li tiene per sé. Omertosamente.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.226) 5 aprile 2012 21:33

    Grazie!!! lo leggerò....traducendolo!!!smiley

  • Di (---.---.---.169) 7 aprile 2012 10:53

    Io non ho mai sculacciato mio figlio e ne vado fiera. E non ho mai ricevuto calci nel sedere. Se qualcuno "montessorizza" i figli e ne riceve c’è qualcosa che non va. Per me non esiste "uncontoè… e un conto é..". La violenza ha differenti gradi di intensità, ma resta sempre violenza. Il mio "metro educativo" parte da un a domanda semplice semplice: darei mai una sberla a mio marito o ad un amico che me le fa girare? E le occasioni non mancherebbero perché anche noi adulti siamo bravi a incapricciarci o a comportarci irrazionalmente. Una sberla a un amico comprometterebbe i nostri rapporti. Domanda retorica. Certo che sì. E allora cosa cambia coi bambini? Una persona è una persona e basta. E cetrte cose non si fanno. Una volta che ci si mette l’animo in pace su questo punto fermo si apre un mondo di possibilità educative. Garantito: La nonviolenza non è laissez-faire. Al contrario. E’ una forza attiva e costruttiva e può trovare moltissime applicazioni pratiche in campo educativo. 

    Mariella
    • Di (---.---.---.226) 8 aprile 2012 11:43

      Gentile Mariella,
      lontana da me l’idea di approvare un educazione fatta di sberle, ho solamente contestato un titolo di giornale che urlava UNA LEGGE CONTRO LE SBERLE come se dare una sberla (io ho usato dare tre sculacciate a mio figlio in 11 anni di vita e più per reazione che per azione! Anche se non mi fa onore non mi nascondo dietro a un dito!!!) relegasse necessariamente i genitori nel girone dei violenti. Ho sottolineato che parlare sia più utile che non alzare le mani e vengo da un educazione piuttosto "violenta" ma non ho di sicuro riproposto la medesima educazione con mio figlio. Come sempre contesto ogni forma di violenza, ma attenzione a come si dicono le cose..."un conto è"...deve essere visto come un monito, ma anche come una consapevolezza. Non si può ne si deve fare di tutta un erba un fascio...
      Grazie Mariella di aver espresso la tua opinione.

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