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Editori: vergognatevi

Secondo la Fieg, la crisi dell’editoria privata italiana dovrebbe essere pagata da Internet.

Editori: vergognatevi

Ieri, giovedi’ 22 aprile la Federazione italiana degli editori italiani ha presentato alla Camera lo studio intitolato "La stampa in Italia 2007 - 2009".
 
Nel documento si evidenzia l’impatto della generale crisi dell’editoria, con particolare riferimento aila "declinante redditivita’ dei prodotti cartacei", si constata il calo del 16,4% della publicita’ nell’anno passato, ci si lamenta degli "elevati costi di produzione", della "scarsa tutela del diritto d’autore (sul web), si piange sul preteso "saccheggio di contenuti da parte dei motori di ricerca".
 
Il cartello degli editori se la prende persino col recente Decreto Romani, ma non perché censura il web e limita la libertà di espressione, bensì perché l’estensione da esso consentita al product placement priverebbe i media cartacei di un’ulteriore fetta di pubblicita’.
 
Al di là della retorica che blatera di "patrimonio sociale e culturale rappresentato dalla pluralità di voci della stampa italiana", dallo studio della Fieg emerge chiaramente il principale problema degli editori: i soldi, i loro lauti guadagni, che vanno sempre più diminuendo, globalmente e localmente.
 
E questi soldi li vorrebbero dal web, quel web che odiano e che vedono come nemico numero uno.  Che improntitudine!
 
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Secondo la Fnsi in Italia nel 2009 vi sono 600 giornalisti in meno, tra pensioni, dimissioni e incentivi a fronte di 10929 professionisti del settore (Fnsi anno 2006), più 40000 free lance non contrattualizzati ne’ tutelati.
 
La carta stampata nel 2008 era al settimo posto per numero di lavoratori persi nell’industria.
 
Tra ottobre 2008 e ottobre 2009 in Italia il quarto potere ha perso il 5,2% del venduto nelle edicole.
 
Il primato va al magno organo della borghesia e dei poteri forti del Belpaese, il Corriere della Sera, che è riuscito a perdere in un solo anno 64000 copie (10,8%), passando da 595000 a 530800.
 
Il Sole 24 Ore, nello stesso periodo ha perso 59500 copie di venduto (17%), passando da 335300 a 275800 copie. Da notare che l’organo confindustriale ha registrato, nell’anno appena trascorso, una perdita netta consolidata di oltre 52 milioni di euro.
 
Epperò c’e anche da ricordare che gli editori della carta stampata ricevono e da molto tempo, svariate decine di milioni di euro a fondo perduto dallo stato.
 
Parliamo, com’è noto degli "aiuti all’editoria".
 
Soldi che paghiamo noi contribuenti, con le tasse. E li paghiamo a giornali che sono tutto meno che pluralisti, liberi e indipendenti.
 
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I padroni dei media in Italia sono un pugno di potenti.
 
Sono le banche e le assicurazioni che posseggono il Corriere della Sera, sono i famigliari dello Presidente del Consiglio che posseggono Il Foglio, il Giornale, Panorama e svariati altri, sono la famiglia Agnelli che possiede La Stampa, sono gli Angelucci che posseggono Il Tempo e Libero, sono il gruppo L’Espresso, di De Benedetti. Più altre briciole sparse.
 
Il "pluralismo e la "libertà di espressione" con tali concentrazioni mediatiche non c’entrano nulla, anzi e’ offensivo il solo accostamento.
 
Questi plutocrati, editori "impuri" che hanno sempre visto l’editoria come ufficio stampa dei propri interessi, hanno goduto per molto tempo di una raccolta pubblicitaria crescente in cui le "notizie" non servivano ad altro che a vendere lettori agli inserzionisti.
 
Le inchieste hanno lasciato il posto ai gadgets e i giornalisti sono divenuti portavoce dei proclami dei potenti.
 
Questo non è più giornalismo. Questo e’ il suo tradimento.
 
Oggi quegli stessi traditori del giornalismo, gli editori, cominciano a vedere i frutti velenosi di cio’ che hanno seminato.
 
E fanno finta di stupirsi che la gente cominci a capire che i mainstream sono pura propaganda, che sono privi di vere notizie e di inchieste scomode, che hanno abdicato alla loro funzione di watchdog del potere.
 
In più vorrebbero anche soldi dal governo. Ulteriori soldi. Siamo all’assurdo!
 
Non bastando la cascata di milioni degli "aiuti all’editoria", il presidente della Fieg Malinconico chiede al governo di imporre una "tassa per chi naviga" a beneficio degli editori cartacei.
 
Secondo il cartello degli editori da lui rappresentato, per continuare ad avere le loro tasche piene di soldi ci vorrebbe una "mini tassa per chi ha la connessione ad internet" poiché, sempre secondo gli editori, "chi usa internet si avvale dei contenuti anche editoriali" e quindi secondo tale delirante sillogismo, dovrebbe accollarsi le perdite della carta stampata. In tal modo, secondo gli editori, le edizioni on-line dei mainstream diverrebbero redditizie.
 
Verebbe da domandargli: e perché non vi fate pagare le notizie a "pay-per-clic", se davvero credete che qualcuno pagherebbe per i mainstream sul web? No eh? La retorica del "libero mercato" va bene solo per i dotti elzeviri e per i proclami ufficiali. La pratica, come sempre, e’ diversa.
 
Forse gli editori non sanno che, in rete, il 90% dei contenuti è "users generation contents". Dei penosi siti di propaganda mainstream la maggior parte dei netizen non sa che farsene. E’ spazzatura, propaganda, vaniloquio.
 
E’ penoso vedere un’editoria umiliata e abbandonata dai lettori e che, invece di puntare su rinnovamento e contenuti, non sa fare altro che inginocchiarsi di fronte al potere col cappello in mano. Quel potere che dovrebbe controllare e tenere a debita distanza.
 
Ci sono quotidiani che vivono senza le elemosine di regime. Penso al Fatto Quotidiano, per esempio.
 
E credo che quei mainstream che cantano tanto delle magnifiche sorti progressive del capitalismo dovrebbero avere un minimo di coerenza, di decenza. Volete il libero mercato? Benissimo, cominciate ad applicarlo, invece di prescriverlo solo agli altri.
 
Non sarà per colpa di questo enorme iato tra il dire e il fare che sempre meno gente compra i giornali?
 
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Che gli editori chiedano al governo una (ulteriore) tassa è scandaloso. Quello ventilato dal presidente della Fieg ci ricorda un altro triste ed illiberale provvedimento, quello contenuto nel recente Decreto Bondi, il cosiddetto "equo compenso", contro il quale, tra l’altro, le associazioni di difesa dei consumatori hanno gia presentato ricorso.
 
Anche lì, con la scusa del P2P e della "tutela del dirtto d’autore" si e fatto un regalo alla Siae, aumentando indiscriminatamente il prezzo finale di alcuni audiovisivi come pc e smartphone, che permetterebbero la "copia illegale" di contenuti protetti.
 
Come dire: presunzione di colpevolezza, privatizzazione degli utili, socializzazione dei costi.
 
Niente di nuovo sotto il sole.
 
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Curiosamente, la notizia della "proposta indecente" della Fieg al governo non era in cima alla home page dei mainstream, bensì relegata in posizione defilata: un "taglio basso si direbbe in gergo. 
 
Il perché è facile capirlo e il sito del Corriere della Sera lo illustra magistralmente. Dopo la breve notizia, data in poche righe, senza cifre e senza nemmeno pronunciare la parola "pubblicità", la redazione doveva correre ai ripari e bloccare i commenti dei lettori, visto che il più gentile gli augura di "fallire per il bene dell’Italia" e di "vergognarsi".
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Da notare che per i siti dei mainstream è normale censurare i commenti e bloccare la libertà di espressione.
 
Per i mainstream la cominicazione "orizzontale" del web è qualcosa di irritante ed insopportabile e cosi’ come il Papa o la Gelmini vanno su You Tube disabilitando i commenti (quindi NON ci vanno), così anche gli editori, nelle edizioni on line, mostrano il loro grdo di libertà di espressione e di pluralismo: un grado molto basso.
 
Per questo, forse, vendono sempre meno copie.
 
Per questo riteniamo che la loro pretesa di ulteriori soldi vada respinta con sdegno.
 
Che fallisca, questa editoria marcia e corrotta. L’aria sarà solo più pulita.

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