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Economia della mancia esentasse

Donald Trump e Kamala Harris vogliono rendere esentasse le mance. La misura violerebbe l'equità orizzontale e causerebbe un aumento dei costi di compliance per reprimere i comportamenti elusivi. Il conto? Ai soliti noti.

Donald Trump e Kamala Harris hanno proposto, in questo stretto ordine cronologico, di esentare dalle tasse le mance ricevute dal personale di ristoranti, saloni di bellezza e altre attività di servizi alla persona. La proposta ha suscitato le critiche degli economisti, in termini soprattutto di violazione della cosiddetta equità orizzontale. Detto in altri e più comprensibili termini, perché un barista o un cameriere devono essere esentati da imposte sul reddito che producono, e un operaio di linea di montaggio con lo stesso reddito non può godere dello stesso beneficio?

negli USA Un fenomeno fuori controllo

Negli Stati Uniti, la questione delle mance nelle aziende di servizi alla persona è molto rilevante. Se ne occupa un commento sul Financial Times. Per inquadrare il tema e i termini della questione, è utile sapere che la legge federale dispone che le mance appartengano al personale “frontale”, ad esempio camerieri, e non a quello retrostante, come i cuochi. Ciò ha implicazioni retributive: il salario minimo federale è 7,25 dollari l’ora ma i datori di lavoro possono pagare solo 2,13 dollari l’ora al personale che riceve mance, e mettere poi l’eventuale differenza. Discorso analogo per le norme statali, che prevalgono su quelle federali quando più vantaggiose: quest’anno, a New York City, il salario minimo dei lavoratori che possono ricevere mance è pari a 13,35 dollari l’ora, con un “tip credit” di 2,65 dollari. Per le aziende di servizi alimentari, i valori sono rispettivamente 10,65 dollari e 5,35 dollari.

Ma il sistema tenta di cambiare: sette stati (Alaska, California, Minnesota, Montana, Nevada, Oregon e Washington) hanno posto fine a questa prassi retributiva. Altri stati seguiranno. Qui la motivazione economica è data dalla disparità di trattamento tra lavoratori frontali e tutti gli altri, tra cui i cuochi. L’aumento dei costi dei fattori produttivi ha determinato l’aumento dei listini prezzo e quindi del reddito del personale frontale, almeno sin quando i clienti riescono a sostenere gli esborsi, penalizzando quello del “retro”, come i cuochi.

Il problema è che il regime delle mance negli Stati Uniti appare fuori controllo, suscitando proteste da parte dei consumatori. Come racconta l’articolo del FT, ci sono ormai ristoranti che nel conto “raccomandano” mance di almeno il 25 per cento, a fronte del 12 per cento medio del Regno Unito. I clienti frenano di fronte alle richieste, e il timore è quindi che il reddito di 4 milioni di lavoratori frontali con titolo alle mance (il 2,5 per cento del totale degli occupati statunitensi) possa ridursi e di conseguenza costringere i datori di lavoro a pagare la differenza.

Aggirare il sistema

Ovviamente, il punto è quello di aiutare i datori di lavoro a tenere bassi i costi del personale. Alla fine, è il consumatore a pagare, in base all’elasticità della domanda al prezzo. Ma l’aumento dei costi sta rapidamente spingendo verso la resa dei conti, e il tentativo di sostenere il reddito degli imprenditori si scontra col vincolo di bilancio dei consumatori.

C’è anche un altro punto da evidenziare: ogni volta che si segmenta orizzontalmente il trattamento fiscale delle persone, si introducono incentivi a eludere il sistema, aumentandone la complessità e i costi di compliance e riducendo il gettito complessivo a parità di ogni altra condizione. Anche negli Stati Uniti, il dibattito pubblico sulla proposta “no tax on tips” si è rapidamente focalizzato, tra il serio e il faceto, sui margini per le “furbate”. Sono così nate “suggestioni” su banchieri d’affari che chiedono ai clienti “mance” in luogo di commissioni di gestione e performance, oppure dentisti che fanno lo stesso. Ovviamente, lo staff di Kamala Harris ha già precisato che ci sarebbero paletti molti rigidi e specifici, per evitare simili aggiramenti dello spirito della norma, mantenendone la lettera. Costi di compliance, appunto.

Peraltro, c’è da considerare che la maggior parte dei lavoratori che hanno titolo a ricevere mance sono già in regime di esenzione fiscale federale, e di conseguenza il loro reddito disponibile dopo le imposte godrebbe di una notevole spinta, se il provvedimento vedesse la luce. Possiamo quindi ipotizzare, per spiegare simili proposte, che il potere contrattuale di tali categorie di lavoratori sia fortemente aumentato, negli ultimi anni.

Di certo, il personale frontale ha visto un netto miglioramento della propria forza negoziale, subito dopo la fine dell’emergenza Covid, ma occorre anche tener presente che gli Stati Uniti stanno vivendo un forte influsso di immigrazione, che tende a contrastare la scarsità di alcune figure di lavoratori a basse competenze. Certo, si deve anche guardare alle prospettive, e con Trump che promette “milioni di espulsioni” e la stessa Harris impegnata a ricostruire la sua reputazione sull’immigrazione, c’è motivo di attendersi comunque una stretta agli ingressi complessivi e un impatto sulle attività economiche di servizi alla persona.

La partita di giro e il cerino

Ma quanto costerebbe l’esenzione fiscale per le mance? Una stima del think tank non partisan Committee for a responsible federal budget la quantifica tra i 100 e i 200 miliardi di dollari su un decennio, a seconda che la misura esenti solo la tassazione federale o anche i contributi sulle buste paga. Soprattutto, tale stima non considera gli effetti elusivi derivanti da riclassificazione dei redditi come mance, come detto sopra.

La morale della vicenda è che, alla fine di queste tortuose partite di giro, il cerino finisce sempre a consumatori e contribuenti. Che sorpresa, vero?

P.S. Come forse ricorderete, la legge di bilancio italiana del 2023 ha previsto una detassazione, parziale e fino a 50 mila euro, delle mance incassate dal personale delle strutture di ristorazione e ricettive, con flat tax al 5 per cento. Al netto degli aspetti ridicoli di tale misura, come i pagamenti in nero, è del tutto verosimile che tale iniziativa del governo Meloni abbia tentato di scimmiottare la situazione americana, dando un aiutino ai datori di lavori preoccupati di dover aumentare le retribuzioni per reperire personale. Qualcuno per caso sa quanto è stato il gettito di questa misura, senza esporre l’emoticon del clown?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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