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E rinunciaron pure a lo Santo viaggio

Mentre il paese è chiamato a lottare per la propria sopravvivenza, non solo finanziaria, i deputati, travolti dalle proteste, sono tornati sui propri passi e hanno annullato la decisione, già presa, di allungarsi le ferie fino al 12 settembre.

Martedì scorso, il 2 di agosto, mentre lo spread tra Btp e Bund raggiungeva quota 384, allora nuovo record, e le quotazioni azionarie precipitavano in caduta libera, dando prova di sovrumano sangue freddo o, se siete degli orridi qualunquisti, d’aver la faccia come quella parte del corpo sui cui ci si siede, la conferenza dei capigruppo della Camera proclamava al mondo il proprio solenne “me ne frego” e, infischiandosene degli attacchi della speculazione internazionale nei confronti dell’Italia, prolungava di una settimana le ferie dei deputati per consentire, almeno questa era la motivazione ufficiale, ad un centinaio di loro di partecipare ad un pellegrinaggio in Terrasanta.

I senza Dio della sinistra e i più biechi tra i razionalisti d’ogni colore, incapaci di condividere la sensibilità degli onorevoli nei confronti del fervore religioso dei propri colleghi, hanno immediatamente preso quella decisione come pretesto per accusare i nostri rappresentati, fior fiore dell’intelligenza nazionale, di non aver compreso la gravità della situazione; di non aver capito quanto l’Italia fosse, e sia, pericolosamente vicina al tracollo finanziario.

Non capisco dove stia lo scandalo. E’ anzi ovvio che sia così in un paese dove per decenni, e sicuramente negli anni ‘80, il rincaro del mantenimento del debito pubblico era presentato come una buona notizia. “Aumentano i rendimenti dei BOT”, annunciavano i telegiornali d’allora: “Allegria”.

I nostri parlamentari, anzi, sarebbero stati da ammirare, da indicare ad esempio al resto del paese, per aver dato prova, in un simile momento,  di un così grande realismo; solo i più ciechi nemici della politica (rigorosamente con la pi minuscola) potevano aver avuto di che ridire di fronte alla loro presa di coscienza, così dolorosamente post-moderna, della propria irrilevanza.

Avevano dimostrato, gli onorevoli, di sapere perfettamente di non poter fare assolutamente nulla per influire, o perlomeno per influire positivamente, sulla percezione che il mondo ha dell’Italia; di essere consapevoli che i mercati finanziari avrebbero continuato a fare quel che dovevano anche se il DDL sulle intercettazioni, l’urgentissimo provvedimento che calendario dei lavori prevede venga discusso alla riapertura del parlamento, fosse stato approvato con una settimana di ritardo.

D’altronde, dopo che neppure la fulminea approvazione del “processo lungo”, impressionante dimostrazione di compattezza di tutto un popolo chiamato a risolvere un problema così importante per la propria sopravvivenza, ha fatto desistere gli avidi speculatori dai loro attacchi al paese meglio amministrato dell’OCSE e forse dell’universo, era umanamente comprensibile che i nostri eletti si fossero scoraggiati.

Se neppure una simile dimostrazione di solerzia nel leccare posteriori e suole padronali era servita, si devono essere detti che non v’era proprio nulla che potessero fare, restandosene a cuccia nei loro seggi, per aiutare il Paese.

E poi, se le questioni dell’economia fossero davvero state così serie, allora avrebbe dovuto occuparsene il governo; cosa c’entrava il parlamento? C’è scritto anche nella Costituzione, no? Il governo governa e il parlamento ubbidisce, e loro, quando poi ci sarebbe stato da ubbidire, avrebbero ubbidito. In questo, critichi pure chi non sa far di meglio, in nostri onorevoli, specie  in questi ultimi anni, sono stati bravissimi.

“Berlusconi ed i suoi ministri decretino, se han da decretare”, si devono giustamente esser detti mentre organizzavano il santo viaggio, “poi noi si torna e si approva come sempre tutto quel che c’è da approvare. In fretta e senza stare a perdere tempo in inutili chiacchiere. Se non è efficienza questa...”.

Grande è stata quindi la sopresa degli onorevoli quando legioni d’ingrati cittadini, bifolchi incapaci di seguire la finezza dei loro ragionamenti, hanno cominciato a tempestarli di proteste. Si trattava d’italiani, evidentemente privi delle doti intellettuali e, soprattutto, morali necessarie per sedere in parlamento, che, per chissà quali ragioni, avevano trovato offensiva la decisione di allungarsi le ferie , cosi tempestivamente, saggiamente e , oserei dire, coraggiosamente, presa dai propri eletti.

I parlamentari hanno cercato di restare fermi nei propri propositi, poi, visto che non accennava a placarsi il vento della protesta qualunquista (la parola sta assumendo un nuovo significato; implica sanità mentale: è qualunquista, di questi tempi, chiunque conservi un barlume di lucidità), si sono rassegnati a ritornare sui loro passi. Dopo una nuova conferenza dei capigruppo, chiesta da PD, IdV e Fli che, a dire il vero, avevano contestato da subito l’allungamento delle vacanze, già mercoledi 3 agosto i parlamentari hanno rinunciato a quella pur meritatissima settimana di riposo in più.

Solo pochi onorevoli si sono apertamente espressi contro questa resa alle forze dell’antipolitica. Tra questi, fino all’ultimo sulle barricate in difesa della settimana dei pellegrini, Marco Reguzzoni, magnifico esemplare di uomo nuovo leghista, che ha tuonato: “Non è possibile che il Parlamento calpesti la propria dignità cedendo alle pressioni dei giornali”.

Inutile dire che il povero Reguzzoni è stato subito preso di mira dai lazzi della peggior plebe.

Sicuramente non sarebbe stato così se il coraggioso leghista avesse spiegato a tutti, numeri alla mano, quanto sia duro il lavoro suo e dei suoi colleghi.

Nel 2010, i deputati hanno dedicato all'attività legislativa ben 459 ore e 54 minuti. Si tratta di 8 ore e 50 minuti la settimana o, se preferite, un'ora e 46 minuti al giorno. Una fatica immane, possiamo immaginare, che diventa disumana, e c’è da chiedersi come facciano i poveretti a sopportarla, se al tempo trascorso in aula si aggiunge quello passato nelle commissioni; sono altri 37 minuti al giorno per un totale, udite villici e vergognatevi per aver osato protestare, di 2 ore e 23 minuti di lavoro che i nostri aristocratici eletti si sobbarcano quotidianamente (ammesso che vadano davvero a Montecitorio) per il bene del Paese.

E’ davanti a simili numeri, oltre che di fronte alla lungimiranza delle decisioni che questa ha preso e prende, che la fiducia degli italiani nella propria classe poltica aumenta a dismisura.

Sono dati che vanno solo fatti conoscere, poi i cittadini sapranno che pensare.

E qualcuno dovrà iniziare a preoccuparsi.

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