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Dortmund 2006: ricordi di felicità

Quando la felicità è un ricordo non è mai un buon segno. Nella vita come nel calcio. Questa sera gli Azzurri tornano a giocare nello stadio di Dortmund, dal quale partirono verso la gloriosa finale di Berlino nel mondiale 2006. Era una squadra diversa, era un’Italia diversa, sebbene siano trascorsi solo quattro anni.

4 luglio 2006, Dortmund. Fabio Grosso, una vita da mediano, è il protagonista perfetto di una storia che volge al lieto fine. Il suo gol, che apre la strada all'accesso alla finale di Berlino per gli Azzurri, è già storia.

La sua espressione incredula e sognante, l'abbraccio collettivo di una Nazione che vive di calcio, e che, in quelle notti di inizio estate 2006, si riscopre unita è già un lontano ricordo. 

Dopo quel mondiale, l'Italia, non solo calcistica, aveva riscoperto il suo Ego da protagonista, le sue velleità da prima della classe. La vittoria in casa degli storici rivali teutonici, trampolino di lancio verso la vittoria in finale contro i cugini francesi, aveva restituito dignità ai tanti emigranti in terra tedesca, per anni vituperati e costretti a chinare il capo, lavorando fra le derisioni dei soliti cliché con cui gli Italiani vengono, da sempre, etichettati.

Stasera l'Italia ritorna in quello stadio, che nel frattempo ha cambiato nome, per rispondere ad esigenze pubblicitarie del Borussia Dortmund, ma è solo un'amichevole.

Quando la felicità è solo un ricordo, non è mai un buon segno. La nuova Nazionale di Prandelli non somiglia affatto a quella di Lippi del 2006: quella era un gruppo di veterani che si giocava l'ultima chance di lasciare il segno nella storia che conta, questo è un gruppo giovane, in fase di costruzione, come è giusto che sia. Lo spirito della gara è totalmente diverso, così come lo è lo spirito degli Italiani. Quei cliché sono tornati prepotentemente attuali, più che mai calzanti all'attualità che viviamo. L'immagine dell'Italia percepita all'estero è quella di un Paese affabulato dal suo sultano, plagiato ed incapace di reagire, al di là di eventuali sostanze stupefacenti disciolte nei bicchieri delle varie ancelle del Potere. Un Paese al crepuscolo, senza spinte, senza speranze di cambiamento: l'esempio di Grosso, eroe di Dortmund e Berlino partito dal basso, non può trovare, oggi, paralleli reali.

La crisi, ed i conseguenti tagli, non consentono alcuna forma di sviluppo, di mobilità sociale, di realizzazione. Chi proviene dal basso, è destinato a rimanervi. Non si investe sui giovani, non si promuovono le eccellenze, si spostano le produzioni strategiche ed i cervelli: gli ascensori sociali sono completamente fuori uso, ed abbandonati. 

Servirebbe, oggi, ritrovare quello spirito del 2006, quello slancio di ottimismo e di speranza nel cambiamento. All'orizzonte, però, non c'è la finale di Berlino, non ci sono le notti di inizio estate in cui tutto era possibile, ma un lungo e rigido inverno.

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