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Don Reverberi risponderà al suo “superiore” ma non alla giustizia terrena

Ha un’età avanzata e un cuore debole che potrebbe non reggere di fronte alla prospettiva di non tornare più in Italia.

Con questa motivazione, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha rifiutato l’estradizione di don Franco Reverberi, ricercato per crimini contro l’umanità dall’Argentina, lo stato in un cui centro di detenzione, durante la dittatura militare, aveva svolto la funzione di cappellano.

La giustizia dell’Argentina lo cercava da quando, nel 2010, nel corso di un processo era emerso il nome del prete di Sorbolo (in provincia di Parma), del quale si ricordava la costante presenza durante le sedute di tortura nella prigione di Mendoza.

Una prima richiesta di estradizione, per crimini contro l’umanità, era stata rigettata dall’Italia nel 2013. Il motivo? I reati di cui era accusato, imprescrittibili in Argentina, da noi erano prescritti.

Allora, i magistrati argentini avevano modificato la richiesta. Nell’ottobre 2023 la Corte di cassazione aveva pronunciato il sì definitivo.

Ma due giorni fa il ministro Nordio ha stabilito il contrario, con motivazioni che ricordano quelle addotte dal governo di Londra, contro i suoi stessi giudici, nel caso del dittatore cileno Pinochet.

Delle asserite ragioni di salute che hanno impedito l’estradizione di don Reverberi in Argentina è colpevole solo il ritardo dell’Italia.

Così, a distanza di quasi 45 anni dai fatti imputatigli, don Reverberi ne risponderà solo di fronte al suo “superiore”. Ma non alla giustizia terrena.

 

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