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Divieto del burqa: “Più unanimi di così si muore”

Il 31 marzo il Parlamento belga ha votato una legge per il divieto del velo integrale nei luoghi pubblici. La legge passerà alla Camera il 22 aprile. Si tratterebbe del primo Paese europeo a prendere questo provvedimento. Rassegna stampa.

Divieto del burqa: “Più unanimi di così si muore”

“Più unanimi di così si muore” titola il quotidiano belga La Libre Belgique. Il Parlamento belga ha votato, in modo unanime, mercoledì 31 marzo, una legge per vietare il burqa nei luoghi pubblici. Chiunque si presenti in luoghi con il viso mascherato è suscettibile di ricevere un’ammenda o una reclusione da uno a sette giorni. Il Movimento Riformatore (Mr, partito di maggioranza) si felicita per la scelta attraverso il suo portavoce, Daniel Bacquelaine: la norma permetterebbe alla donna di “liberarsi da un fardello” e, allo stesso tempo, di lanciare un “messaggio forte agli islamisti”. Il Belgio diventerebbe, in questo modo, il primo Paese europeo ad andare fino in fondo in questa pratica: dopo le festività di Pasqua, infatti, la proposta dovrà passare alla Camera per essere approvata e diventare, dunque, legge. 

Per Isabelle Praile, vice Presidente dell’esecutivo dei mussulmani in Belgio, si tratta di una disposizione liberticida: “Sono contraria all’imposizione di questo genere di abiti, ma sono anche contraria al loro divieto, che di fatto fa violenza alle donne. Conosco donne che hanno scelto di portare il burka e che hanno detto al marito ’se non sei d’accordo puoi andartene’. Nel caso in cui, invece, sia imposto alle donne, questo divieto non cambierà nulla. Anzi, resteranno confinate nello spazio famigliare e diventeranno invisibili”. Secondo il consiglio mussulmano belga nel Paese ci sono circa 500mila mussulmani, di cui solamente una ventina portano il velo integrale. 

La notizia dal Belgio arriva due giorni dopo la decisione del Consiglio di Stato francese, la più alta istituzione amministrativa del Paese, che ha ritenuto che il divieto del velo integrale non ha alcun fondamento giuridico. Al contrario averebbe senso in alcuni luoghi e in alcune circostanze per la difesa dell’ordine pubblico. Il Primo Ministro francese, François Fillon aveva sollecitato il Consiglio di Stato, in modo da poter legiferare sulla questione dopo che una Commissione parlamentare d’inchiesta voluta del Governo ha reso il suo rapporto nel febbraio scorso. Caroline Sägesser, collaboratrice scientifica all’Università libera di Bruxelles, interrogata dal quotidiano francese Libération, sostiene che si tratta di una “legge di fatto inapplicabile”, anche se dovesse passare al voto dopo Pasqua. Secondo la Sägesser si tratta di una proposta “opportunista che cerca di sedurre un elettorato che si teme ceda sempre più all’estrema destra”. L’urgenza con cui il provvedimento è stato preso (era stato deposto il 1°dicembre) non è “giustificato da alcun incidente avvenuto negli ultimi mesi”. 


Il quotidiano spagnolo El Paìs interroga Riay Tatary, Presidente dell’Unione delle Comunità islamiche spagnola (Ucide), secondo il quale la scelta belga “è una manovra politica. E la stessa cosa anche in Francia”. Tatary, cosi come Mansur Escudero, Presidente della Giunta Islamica di Spagna, sostengono che “sia il nikab che il burqa sono appena utilizzati in Europa”. Per entrambi gli uomini, alla testa delle due maggiori organizzazioni musulmane spagnole, “con questo provvedimento si rompe il principio della convivenza basato sul rispetto. Specialmente quello della libertà religiosa. (…) La decisione spetta alle donne, che sia essa religiosa o personale. Non tocca allo stato regolarlo”. 

Giuliana Sgrena, sulle pagine de Il Manifesto, sostiene invece che “si tratta innanzitutto di una misura che garantisce la dignità della donna. C’è chi ha sollevato il problema della libertà di espressione ma ha mai osservato gli occhi di quelle donne completamente velate? (…) C’è chi parla di sicurezza. Anche la sicurezza ha due facce: una occidentale e una dei paesi di origine. In occidente la destra tratta il velo come il casco da impedire per garantire l’ordine. Nei paesi di origine i fondamentalisti impongono il burqa perché dovrebbe garantire l’integrità del corpo della donna (leggi controllo della sessualità) anche se la maggior parte delle violenze si consumano in famiglia (in Afghanistan il codice della famiglia per le sciite legittima la stupro) vuol dire che il burqa non è una garanzia. (…) Il divieto del burqa non deve essere accompagnato da pene o dal carcere ma da incentivi che garantiscano diritti per queste donne: istruzione, corsi di formazione e di insegnamento della nostra lingua, lavoro, diritti di partecipare alla vita sociale e politica del paese in cui vivono”. 

Il 2 ottobre scorso la Lega Nord ha presentato un testo per modificare la legge 645 del 1975 in materia di ordine pubblico che punisce chi, “senza giustificato motivo” indossa indumenti o accessori che ne impediscono il riconoscimento. Con il pretesto si “affiliazione religiosa” e togliendo il “giustificato motivo” la legge potrebbe essere applicata al burqa.
 
Foto: deepchi1/Flickr

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