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Dissesto idrogeologico e dissesto burocratico: stanziare non significa spendere

E' difficile combattere efficacemente e tempestivamente il dissesto idrogeologico in una situazione di dissesto normativo. A seguito della terribile alluvione subita da Livorno, i media hanno riscoperto il piano “Italia sicura” del 2014 e lo “stanziamento” di 7,7 miliardi fino al 2023. E, prontamente, lanciano l’accusa: i fondi ci sono, ma gli enti locali non li spendono!

di Luigi Oliveri

Al che, naturalmente rispondono i comuni, per voce del presidente dell’Anci (Associazione nazionale dei comuni), Decaro: “I fondi stanziati per risanare bloccati dalle regioni” (da Il Fatto Quotidiano del 13 settembre 2017). Ovviamente, si attende l’ulteriore replica delle regioni.

Ora, è assolutamente corretta la caccia alle responsabilità di chi, pur consapevole dell’immenso rischio idrogeologico del Paese, non attiva poi le necessarie opere di prevenzione, probabilmente perché consapevole, invece, del poco appeal che tali lavori hanno ai fini della captazione del consenso.

Tuttavia, urlare alla mancata spesa dei fondi “stanziati”, sport nazionale molto diffuso, è fuorviante e non porta da nessuna parte.

Intanto, nessuno mai spiega esattamente cosa voglia significare, sul piano finanziario, lo “stanziamento” (qui, alcune definizioni). Si tratta, banalmente, del mero inserimento in un bilancio di una previsione di una certa spesa. Che si concretizzerà solo in futuro, al termine di un procedimento che richiede la formazione di un titolo, da cui deriva il cosiddetto “impegno”, la costituzione, cioè, del vincolo nel bilancio ad effettuare realmente la spesa prevista.

Qui, caro Titolare, le cose si complicano. Perché intanto lo stanziamento non è di 7,7 miliardi, ma di 7,7 miliardi in 6 anni: non è la stessa cosa. Si tratta di 1,28 miliardi “impegnabili” l’anno.

Ma, a rendere ancora più complesso il tutto è il sistema di gestione. Sostanzialmente si tratta di uno stanziamento previsto dal bilancio dello Stato ed assegnato alla Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico operante presso la Presidenza del consiglio (il cui vertice, come informa l’articolo di Repubblica linkato prima, si apprende, può essere rivestito indifferentemente anche da ex direttori di giornale), la quale Struttura deve, a sua volta attribuirlo alle regioni, sulla base di criteri di riparto connessi ai progetti presentati dai comuni, i quali a loro volta saranno i destinatari finali del finanziamento, ulteriormente ripartito in base ai progetti esecutivi presentati. Solo una volta che i fondi giungano nei bilanci dei comuni potranno essere impegnati e, quindi, potenzialmente spesi.

Con questi pixel, abbiamo sintetizzato al massimo il percorso eufemisticamente tortuoso da seguire; se Ella vuol farsi del male, ma comprendere meglio la ridda di norme e passaggi amministrativi necessari per attivare lo stanziamento, può verificare qui. Letto? Semplicissimo, no? E non si parla, poi, delle procedure per appaltare i lavori. Non vogliamo ulteriormente ricordare che il codice dei contratti, lungi dal semplificare e rilanciare gli appalti, certo non ha aiutato lo sblocco dei cantieri.

Come dice? Il solo stanziamento non può fare il miracolo? Certo. Se si sta anni ed anni a strozzare fiumi e torrenti “tombati”, a costruire senza il rispetto delle distanze dagli argini, a concedere abitabilità nei seminterrati, a lesinare sulle manutenzioni degli alvei, a non programmare nelle città la pulizia delle caditoie e dei tombini, è difficile che una semplice azione contabile, la previsione di una certa spesa in un bilancio, possa improvvisamente porre rimedio.

La lotta al dissesto idrogeologico è frutto di una programmazione paziente e complessa e, trattandosi di opere pubbliche e di spese di investimento, non può che prevedere tempi medio-lunghi.

Se, però, agli inevitabili tempi imposti dalla programmazione e progettazione si aggiungono anche le storture derivanti da una normativa a dir poco complicata anche per la semplice attivazione della spesa prevista (non abbiamo voluto parlare, per carità di Patria, delle regole contabili che affliggono la gestione degli enti locali), appare oggettivamente ancor più difficile aspettarsi da qualsiasi stanziamento una spesa corrispondente immediata ed efficace.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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