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Diritti sessuali e riproduttivi nel mondo nell’ultimo Rapporto Unfpa

Le Nazioni Unite hanno inserito nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile il conseguimento del diritto alla salute sessuale e riproduttiva. Una sfida imponente, come si evince dai dati del Rapporto Unfpa 2021.

A circa la metà delle donne di 57 paesi cosiddetti in via di sviluppo viene negato il diritto di decidere se avere o meno rapporti sessuali con il proprio partner, se usare contraccettivi o richiedere assistenza medica. Il dato, allarmante, è contenuto nell’edizione 2021 del Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo, dal titolo “Il corpo è mio. Diritto all’autonomia e all’autodeterminazione”, presentato in Italia il 14 aprile dall’Associazione donne italiane per lo sviluppo (Aidos).

Oltre a misurare il potere delle donne di prendere decisioni autonome sul proprio corpo, il Fondo delle Nazioni Unite sullo stato della popolazione nel mondo (Unfpa) ha misurato anche la presenza o meno di leggi nazionali a sostegno del diritto di prendere tali decisioni e nei 107 paesi di cui ha avuto a disposizione i dati (anche se non tutti hanno fornito informazioni in merito a tutti e quattro gli elementi che compongono il relativo indicatore) ha rilevato che solo il 71% garantisce l’accesso a servizi di assistenza alla maternità completi; solo il 75% assicura un accesso completo e paritario alla contraccezione; solo l’80% ha leggi che supportano la salute e il benessere sessuale; e soprattutto solo il 56% ha leggi e politiche che supportano un’educazione sessuale completa. Ai primi cinque posti della classifica Svezia, Uruguay, Cambogia, Finlandia e paesi Bassi. Agli ultimi: Sud Sudan, Trinidad e Tobago, Libia, Iraq e Belize.

Il quadro che emerge dal Rapporto di Unfpa è particolarmente importante perché è proprio su questi due piani (autonomia decisionale e leggi nazionali di supporto) che si gioca la possibilità di conseguire quel diritto alla salute sessuale e riproduttiva che le Nazioni Unite hanno inserito nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. E la sfida, come si evince, è imponente.

Molteplici sono infatti le forme di violazione dell’autonomia corporea, che coinvolgono principalmente le donne, documentate dal Rapporto. Basti pensare alle cosiddette “nozze riparatrici”; agli “stupri coniugali”; alle restrizioni al diritto di movimento… O al fatto che delle circa 40 milioni di persone vittime di qualche forma di schiavitù moderna (lavoro forzato, schiavitù per debiti, matrimonio forzato, traffico di esseri umani…), più di 7 su 10 sono donne.

“Il fatto che circa la metà delle donne dei paesi presi in esame ancora non possa decidere se e quando avere un rapporto sessuale, usare contraccettivi o richiedere assistenza medica dovrebbe indignarci tutte e tutti”, sottolinea la direttrice esecutiva di Unfpa Natalia Kanem. “In sostanza, centinaia di milioni di donne e ragazze non hanno autonomia sui propri corpi. Le loro vite sono gestite da altri”.

Redazione

 

 

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