• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Di Obama e della scienza moderna

Di Obama e della scienza moderna

E’ notizia della settimana scorsa la fine del veto ai finanziamenti pubblici per la ricerca sulle cellule staminali, uno dei primi atti della nuova amministrazione Obama, che ci ricorda come democrazia e verità immutabili siano difficilemente compatibili. E infatti ha sollevato le ire del Vaticano, riaccendendo un po’ il fuoco mai sopito del conflitto tra progresso nella conoscenza e affermazione di uno status quo politico e morale immutabile.

Fino a non molto, relativamente, tempo fa le seguenti affermazioni sembravano irragionevoli, inapprovabili, eretiche:

(i) la terra ruota intorno al sole e l’universo è “infinito”, nel senso che non è racchiuso in una sfera su cui stanno le stelle fisse;
(ii) la terra, il sole e le stelle sono costituite dagli stessi componenti;
(iii) la materia è composta da particelle;
(iv) gli uomini, gli animali, le piante sono basati sugli stessi principi organici e biologici.

Chi oggi potrebbe affermare il contrario, senza essere sbeffeggiato per ignoranza? Per farlo dovrebbe riuscire prima a confutare più di quattrocento anni di conoscenza umana. Fattibile, ma non più con dei ragionamenti aprioristici che appunto prima della rivoluzione scientifica costituivano il pensiero dominante.
Gli stessi autori della rivoluzione scientifica che ha iniziato focalizzandosi sulla natura e la proprietà di stelle e pianeti, titubavano non poco di fronte a queste affermazioni, erano normali uomini del loro tempo. In particolare i concetti di infinito e vuoto creavano non pochi dubbi e timori, sia di natura personale che “politica”. La chiesa di Roma era infatti la prima a difendere quelle che sembravano delle Verità indissolubili, legando con un curioso filo Aristotele con le scritture giudaico-cristiane. Ma queste esitazioni, e gli oggettivi freni alla conoscenza apportati, come è normale, dalle istituzioni che rappresentavano lo status quo politico e morale, non hanno potuto poi impedire l’affermazione del metodo scientifico nella definizione della conoscenza del mondo fisico.

Poi, se da una parte il carattere ipotetico e congetturale delle conoscenze scientifiche lascia, come era chiaro agli occhi di Marsenne, tutto il necessario spazio alla dimensione religiosa e alla verità cristiana, è anche vero che gli aspetti esteriori e tradizionali di tutte le religioni non possono uscire indenni da un ragionamento rigoroso che abbia l’ardire e la forza di non focalizzarsi su di un unico, e precostituito, punto di vista.



Per continuare il paragone con la rivoluzione scientifica, Huygens diceva a proposito dell’astronomia: “Non si deve esitare ad ammettere, con i principali filosofi del nostro tempo, che il Sole e le stelle hanno una stessa natura. [...] Chi ci impedisce di pensare che ciascuna di queste stelle o Soli abbia dei pianeti attorno a sé, a loro volta provvisti di lune? Se ci collochiamo col pensiero nelle regioni celesti [...] non noteremmo tra questo e quelle alcuna differenza”. Non esitare, pensare in modo differente, collocarsi con il pensiero (è il primo di una lunga serie di esperimenti del pensiero che tanto porterà alla crescita della conoscenza umana), sono la base di un ragionamento che non è solo scientifico, ma, se trasportato alla vita quotidiana, alla politica, è quello che potremmo definire veramente laico.

Ora le chiese, e per quello che interessa l’Italia la chiesa romana, cacciate dalla porta della casa della conoscenza del mondo grazie alla rivoluzione scientifica e agli sviluppi dell’ottocento e del novecento che hanno definitivamente negato ogni implicazione divina nel definire le proprietà della materia che costituisce il mondo, rientrano dalla porta aperta dalla biologia e dalla medicina. La sfida è di nuovo attuale, come quattrocento anni fa, tra una concezione laica che vuole capire come funziona il mondo che ci circonda anche nei suoi elementi più complessi, e una visione del mondo che vuole imporre un suo proprio punto di vista.

Riuscirà la biologia a vincere la sfida come è stato possibile per la fisica e la chimica? Certo, soprattutto nell’ottocento e nel novecento, la fisica è riuscita a liberarsi della morsa della religione sia per l’evoluzione storica-politica dell’Europa sia perché, dal punto di vista concettuale, si è legata alla matematica e, grazie alla forza “metafisica” della matematica è riuscita totalmente a scardinare il pensiero dell’antichità che prediligeva, che considerava intrinsecamente superiori, le arti “liberali” (grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, geometria, musica, astronomia), libere proprio perché liberano l’uomo dalla schiavitù esercitata dalla meccanica e le arti manuali. E’ l’unione tra tecnica e scienza che ha caratterizzato la società occidentale come la conosciamo e viviamo noi oggi.

Ora il terreno dello scontro si sta spostando sulle questioni della vita - come se la natura materiale dei corpi, costituiti dagli stessi elementi che siano inorganici, organici o biologici, e l’evoluzionismo darwiniano di cui si commemorano i 150 anni (in Italia un po’ tra il silenzio generale) non lo abbiano già fatto - o meglio sul controllo da parte dell’uomo della nascita e della morte. E questo chiaramente invade l’ultima stanza della casa della conoscenza dove le religioni si sono rifugiate e pensavano di poter far valere per sempre la loro legge immutabile.
Si devono ancora una volta confrontare con il pensiero laico, scientifico, che cerca di comprendere e manipolare la realtà, risolvere i problemi cercando di trovare sempre nuovi punti di vista, senza adagiarsi su alcuna visione a priori che non sia soggetta a possibili mutazioni. E questo chi si professa campione di verità granitiche non può, né ora, né nel seicento, né mai, accettarlo.

Certo si può obiettare, come fanno i campioni di ogni tipo di dogmatismo, che esistono problemi “etici” legati alla manipolazione della materia biologica. Non ce ne stanno anche quando si manipolano gli atomi e le molecole? Ha fatto certamente più morti l’uso che si è fatto di scoperte della fisica atomica o della chimica, che la moderna biologia e medicina. Eppure a nessuno verrebbe in mente di bloccare le ricerche in quei campi, come invece si vuole fare (e si fa) in questi ultimi. Confondere la conoscenza con l’uso “politico” che se ne fa successivamente è una tipica mossa di chi ha paura di veder crollare le basi concettuali del proprio dominio. Di chi ha paura forse del fatto che “la scienza costringe gli uomini a immaginare” (P.Rossi).

Ciò che differenzia infatti il pensiero laico e scientifico da quello aprioristico tipico delle istituzioni religiose non è tanto il risultato, ma il modo con cui ci si è arrivati e la possibilità, negata per definizione dalle rivelazioni religiose, dell’esistenza di una prova che neghi e confuti il risultato stesso.

E tanto più nobile è chi con questo modo di ragionare ammette che i propri stessi risultati vanno modificati e rivisti. E’ il criterio della confutabilità che sembra estraneo alle istituzioni religiose, ma anche molto difficile da accettare in certe visioni politiche del mondo. E’ la concezione progressiva del sapere che si evolve “in modo che i nostri successori possano avere qualcosa da perfezionare e da far progredire” (Dürer).

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares