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Dentro la laicità, fuori Nosiglia

Sta facendo discutere la notizia di una visita pastorale che si sarebbe dovuta svolgere in una scuola media di Cafasse (TO), spostata poi nel pomeriggio oltre l’orario delle lezioni e infine annullata. L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, come spesso accade ancora in tante altre scuole pubbliche d’Italia che si ritrovano a dover gestire imbarazzanti visite di preti cattolici, nelle scorse settimane avrebbe mostrato la volontà di incontrare gli studenti. Tutti. Anche gli studenti di altre confessioni religiose e i figli di famiglie che per esplicita e sottoscritta richiesta non vogliono avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, figurarsi dover subire la morale da parte di alti dirigenti di un culto a cui non appartengono. Avrebbe anche inoltrato questa richiesta in modo reiterato, insistentemente, più e più volte, come ci tiene a far sapere lo stesso parroco di Cafasse.

Questa visita sarebbe stata negata sin da subito dal dirigente scolastico che ha risposto alla richiesta per voce del corpo docente. Solo sotto pressione delle ostinate insi­stenze dei pre­lati catto­lici, la visita è stata infine accettata, con il compromesso che venisse svolta in orario extra scolastico. Un compromesso che con tutta evidenza è stato scelto sia per tutelare la laicità della scuola pubblica, sia gli studenti di diverso orientamento religioso, nel pieno rispetto del pluralismo necessario e della parità di trattamento rispetto a quello che solitamente viene riservato ad altri ministri di culto o rappresentanti di associazioni filosofiche non confessionali come la nostra.

Apriti cielo! L’arcivescovo evidentemente stizzito e restio anche ai compromessi più ragionevoli ha dapprima annullato la sua visita ammettendo — finalmente! — che se si fosse tenuta dopo l’uscita da scuola degli studenti non si sarebbe presentato nessuno. A dimostrazione che tutto questo interesse per la sua religione dopotutto non sussiste. Dopodiché ha pensato bene di lagnarsi per esser stato lasciato alla porta, non solo coinvolgendo la stampa sulla vicenda, ma anche facendosi tutelare nei suoi interessi e nelle sue rimostranze direttamente all’interno del corpo docente, ovvero lasciando all’insegnante di religione cattolica le sue difese. Un docente, tal Giovanni Ravalli che è bene ricordare, oltre a essere un politico con l’incarico di capogruppo di maggioranza nel Consiglio comunale di Cafasse, come tutti gli altri docenti di religione, senza il nulla osta vescovile non potrebbe svolgere il proprio insegnamento religioso.

Giunti a questo punto la ciliegina sulla torta — o per meglio dire su un pasticcio cotto tra il grottesco e il paradossale — è arrivata con l’ennesimo stravagante intervento clericale del Ministro dell’Istruzione Fedeli, peraltro non nuova a stravaganze dello stesso tenore antilaico. Secondo Fedeli infatti, in questa vicenda “Non si è tenuto conto del pluralismo e del rispetto che è dovuto, senza discriminare nessuno per la religione, come del resto previsto anche dall’articolo 3 della Costituzione”.

Sarebbe bello che in questo paese i Ministri e le istituzioni intervenissero ogni tanto in difesa della laicità o per lo meno di una scuola laica, in cui proprio il pluralismo e il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della nostra Costituzione siano finalmente applicati. Perché a ben vedere è proprio l’uguaglianza di famiglie e studenti di diverso orientamento religioso — compresi coloro che di orientamenti religiosi hanno scelto di non averne nessuno e magari desiderano vivere bene senza D — a non essere quasi mai tutelata e applicata correttamente.

Se esiste — come esiste — un vero e proprio privilegio come l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) nelle scuole pubbliche, giocoforza non può esistere al contempo una piena applicazione dell’uguaglianza costituzionale. Continuare a ignorare come fanno Fedeli, altri politici clericali o perfino quelli più laici questa contraddizione indecente, innominabile, scempio della nostra stessa Costituzione è disonestà intellettuale pura.

Perché piaccia o meno alla ministra, da un lato abbiamo un articolo della nostra carta che afferma la pari dignità sociale di tutti i cittadini senza distinzioni; dall’altro abbiamo un articolo che riconosce, attraverso un concordato fascista, il privilegio dei soli cittadini cristiani cattolici di vedersi insegnare la propria religionesecondo dottrina nelle scuole pubbliche. Fedeli o chi per lei potrebbero specularci sopra ancora altri 70 anni ma la realtà dei fatti, scevra da declinazioni scellerate di principi e valori costituzionali è questa. E sarebbe curioso che per mantenere questa prerogativa religiosa di alcuni si arrivasse ad asserire che come paese civile, democratico e pluralista possiamo tutti fare a meno del principio di uguaglianza. Ovvio, a meno che chiaramente Fedeli e clericali vari non vogliano cedere del tutto e definitivamente l’autonomia e la sovranità italiana a uno stato extracomunitario teocratico retto dal monarca assoluto di turno qual è il Vaticano.

Fedeli arriva ad accusare una scuola pubblica di aver mancato di rispetto, di pluralismo, fino ad aver addirittura discriminato a livello religioso cittadini cristiani cattolici, semplicemente applicando con pluralismo e buonsenso la tutela dell’uguaglianza costituzionale di tutti, ovvero spostando una visita pastorale in orario extra scolastico. Alla luce di tutto ciò è impossibile leggere il suo intervento senza notare, questo sì, un pervertimento della realtà dei fatti e del significato stesso dei valori inseriti a fondamento del nostro ordinamento e del nostro convivere civile, in considerazione di quegli stessi fatti.

Non ci resta quindi che chiedere a Fedeli o a qualsiasi altro cittadino italiano che abbia un palato per rispondere, se sia meglio che in una scuola pubblica si faccia entrare e si affermi la laicità, e con essa il pluralismo e la tutela dell’uguaglianza di tutti, oppure l’autoinvitato Nosiglia?

Una risposta e un’idea su come dovrebbero andare le cose in una scuola, unico tempio della conoscenza oltre che luogo in cui si dovrebbero trasmettere correttamente valori e principi fondanti alle future generazioni, noi ce la siamo fatta da un pezzo. Speriamo che anche Fedeli o chi presto andrà a sostituirla riesca a farsela. Al più presto. Possibilmente.

Paul Manoni

Questo articolo è stato pubblicato qui

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