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Decomposti e congelati: dalla protesta sarda all’autonomia regionale

La giornata di ieri è stata l’epitome della cifra stilistica di questo cosiddetto esecutivo che non esegue. Tutto si compendia nella sequenza “proclama-stallo-rinvio”. Uno schema a cui siamo ormai abituati e che ci accompagnerà sin quando la realtà, sotto forma di crisi economica grave, non darà una spallata decisiva a questa compagnia di giro.

Ieri Matteo Salvini si è travestito da pastore, cercando di disinnescare le proteste degli allevatori sardi per il prezzo del latte ovino. Dopo aver proclamato che non si sarebbe alzato dalla sedia se non avesse ottenuto l’agognato euro al litro, ha proposto la creazione di un bel mercato artificiale, di quelli che innalzano i prezzi con un editto.

E quindi, vai con 44 milioni di euro per ritirare 67.000 quintali di forme di formaggio eccedentarie sul mercato, e subito 70 centesimi ai pastori, con l’obiettivo di arrivare all’euro entro tre mesi (perché? Come?). Immediata la stizza dell’altro problem solver maker, al secolo Luigi Di Maio. Chi è ‘sto Salvini, che coinvolge il Viminale ed il suo bilancio in quella che invece è vertenza del Mise e del Mipaf? Io quasi quasi convoco i poliziotti per trattare i loro problemi.

Certo, l’idea di distruggere l’eccesso di offerta e fissare un prezzo amministrato per la materia prima non è male: l’Unione Sovietica, se fosse viva, non potrebbe che prendere appunti. Per finanziare questa e numerose altre misure potremmo ad esempio vendere un po’ di tutto quell’oro che è li ad impolverarsi nei caveau. Poi ci si è messo l’Antitrust, che valuterà entro alcuni mesi se il settore presenta profili di limitazione della concorrenza. A me, a naso, viene da dire che dove c’è un consorzio ci sono pratiche di limitazione della concorrenza, ma non vorrei essere troppo mercatista.

Poi è stato il turno delle chiusure domenicali degli esercizi commerciali. Fulmineo “ripensamento” leghista, e si riparte con le audizioni. Non poteva che finire così, anche dopo l’esito della commissione sulla Tav (femminile: “tratta ad alta velocità”), che ha permesso ai grillini ed ai loro giornali fiancheggiatori di riscoprire un’improbabile “oggettività” della “scienza”.

Ad esempio, il direttore del Fatto (full disclaimer: testata con cui collaboravo) si è spinto ad equiparare ai no-vax tutti i miscredenti degli esiti della commissione Ponti. Un bel progresso, per chi quotidianamente fa free climbing sui vetri per giustificare perinde ac cadaver tutte le giravolte pentastellate, vaccini inclusi. Ma si sa, siamo italiani, abbiamo danni permanenti alla memoria di breve termine. La diagnosi trovatevela da soli: googlate, fratres.

In serata, nuovo stop: quello alla cosiddetta autonomia regionale differenziata, dopo il “dossier” da colorare con pastelli prodotto dai grillini, a difesa del Mezzogiorno stuprato dai colonialisti nordisti. Ma tranquilli: in realtà ieri sera non si finalizzava alcunché, era solo la conclusione della “fase tecnica”, suggerì la ministra degli affari regionali e delle autonomie, la leghista veneta Erika Stefani. Zaia e Fontana non abbiano fretta, dunque: ne riparliamo, in caso, dopo le elezioni europee. Come di tutto il resto, s’intende. Resta affascinante vedere come il buon Salvini riuscirà a tenere unito il carrozzone; lui, demiurgo della Lega nazionale, quella che deve tenere assieme gli schei dei veneti con le provvidenze da Roma in giù.

Davvero messianico, questo 26 maggio dell’anno del Signore 2019. Tutto nasce e muore in quella data: le mance di scambio, la Nuova Era che ci attende, le autonomie, il patibolo per la Banca d’Italia, l’oro alla patria per rammendare le pezze al culo, le streghe puttane da esorcizzare col ddl Pillon, and so on. Sembra davvero un mood da “mille e non più mille”, ma al contrario. Una inesausta rappresentazione e rivendicazione identitaria, che produce quello che gli anglosassoni chiamano posturing.

Identitari, paralizzati e col paese che si decompone per sistematico sgoverno. Però i sondaggi reggono, ohibò. I due azionisti del bisgoverno del bispensiero e della neolingua mondata dai diabolici congiuntivi, reggono. Perché reggono? Boh, io un’idea potrei anche averla: la ‘ggente ha una paura crescente e fottuta. “Qui finisce male, proteggeteci!”, ed ecco che il Popolo si avvinghia ai suoi aguzzini identitari, mentre viene trascinato verso la scogliera.

L’Italia è un interessante caso di decomposizione di un organismo vivente a mezzo di congelamento. Tutto materiale per la scienza, e per gli antropologi del futuro.

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