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De Minimis e la Cina

 

Oggi su il Giornale (e dove, altrimenti?), nel tentativo disperato e ormai tragicomico di negare quello che la realtà ha ormai disvelato, e cioè che il nostro paese è effettivamente stato commissariato da un “governo tecnico sovranazionale”, per usare la pregnante espressione del comunista Mario Monti, il buon Giuseppe De Bellis si avventura in uno spericolato parallelo.

Non sappiamo se l’Italia è stata commissariata, dice De Bellis (no, infatti, the jury is still out, direbbero a Ladispoli), ma quello che sappiamo per certo che “è la Cina ad avere commissariato gli Stati Uniti”. Davvero, signora mia? Davvero Pechino ha detto a Washington quello che Washington deve fare, e davvero questo determinerà un corso d’azione direttamente conseguente da parte di Washington, la definizione canonica dicommissariamento? E’ più facile che i PIIGS volino.

E’ la Cina ad avere ammassato per anni riserve in dollari, nel tentativo di comprimere artificialmente il cambio dello yuan. Per questo, appaiono dettate soprattutto da frustrazione le prese di posizione cinesi, affidate all’agenzia di regime Xinhua, che nei giorni scorsi ha levato il ditino al cielo ammonendo sulla fine “dei bei vecchi tempi in cui il governo americano poteva semplicemente indebitarsi per uscire dai guai che esso stesso aveva creato”, e che la Cina, “il maggior creditore dell’unica superpotenza mondiale, ha ogni diritto di chiedere agli Stati Uniti di risolvere i propri problemi strutturali di debito ad assicurare che i dollari in cui la Cina ha investito siano al sicuro”

La Cina scorda che uno squilibrio è come il tango, bisogna essere in due per produrlo. Che i cinesi hanno accumulato dollari sia perché non hanno mai accettato il responso delle forze di mercato, che avrebbero imposto un apprezzamento dello yuan sul dollaro al crescere del surplus commerciale di Pechino su Washington, sia perché alla Cina è sempre convenuto che gli americani vivessero sopra i propri mezzi. Forse la Cina preferirebbe che gli americani smettessero di comprare prodotti cinesi, diventando esportatori netti? Anche qui, basta dirlo. Ma se Pechino vuole punire gli americani per la loro dissipatezza (di cui hanno ampiamente beneficiato), e tenere al sicuro le proprie riserve, promuova la creazione di una nuova valuta di riserva internazionale, e lasci fluttuare liberamente lo yuan.

Tornando ai nostri de minimis, il buon De Bellis questi statement del regime cinese li chiama commissariamenti, solo per giustificare il fatto che il ridicolo governo italiano sta venendo costretto a fare quelle riforme minimali e di buon senso che sempre ha rifiutato di fare, non solo in questa legislatura. E’ tuttavia innegabile che il primo problema italiano è il provincialismo, soprattutto quello figlio dell’analfabetismo economico. Pensate che la destra italiana (quelli per i quali Michele Boldrin ha efficacemente creato una nuova categoria dello spirito) sta arrivando a fare il tifo per la Cina, pur di proteggere il più grande statista italiano degli ultimi centocinquant’anni ed il suo coltissimo alleato di Gemonio da una bancarotta intellettuale (si fa per dire) e fors’anche finanziaria inequivocabile ed indifendibile, almeno per le persone sane di mente e/o in minimale buona fede.

Allo stato, c’è tuttavia un’ulteriore emergenza, per il nostro paese: che i pesci rifiutino di farsi incartare nel Giornale. Perché troppo è troppo, come direbbero a Pechino, battendo i piedini per terra.

Update – Appunto.

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