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Dalla Silicon Valley arriva la società intelligente

Se ho ben capito il futuro prossimo che immaginano i visionari di Silicon Valley per il malcapitato comune cittadino è tutto intelligente, smart.

Non perché sarà più intelligente il cittadino, ma perché lo saranno gli oggetti che lo circonderanno e che sarà costretto – un po’ per noia, un po’ per moda, un po’ per la solita questione dello status symbol, del narcisismo e del così fan tutti - a indossare.

Come se lo smartphone non bastasse, avremo uno smartwatch, l’orologio intelligente capace di funzionare in coppia con il telefono cellulare per scattare foto, permettere chiamate vocali e messaggi istantanei. In sostanza, tutto quello che potevamo fare già prima, ma con un oggetto in meno.

Agli occhi porteremo occhiali aumentati - e dunque intelligenti – come quelli di Google, con cui scattare altre foto, mandare altri messaggi e sovrapporre Internet al campo visivo. Ci sarà sostanzialmente impossibile intrattenere qualunque conversazione o attraversare la strada senza rischiare di perdere il filo del discorso o essere investiti, ma saremo un po’ più intelligenti di prima.

Di riflesso, perché lo sono gli occhiali che non smetteremo mai di sfiorare o con cui non sapremo più smettere di parlare – immagino la scena, perfino più surreale di quella di una tavolata in cui sono tutti indaffarati al cellulare, di una strada in cui tutti parlano, ma con un paio di occhiali. Ma tant’è. Saremo talmente intelligenti che faremo le stesse cose che facciamo adesso, ma con molti oggetti invece che con uno solo.

Ma di nuovo, Silicon Valley è Silicon Valley: guai a dire no. Nel frattempo per fare una corsa avremo al polso un braccialetto per computare calorie bruciate e chilometri percorsi. Chi non volesse essere abbastanza intelligente da ricordarsi di attivarlo può scaricare una comoda applicazione per smartphone – il nome ha un certo senso dell’ironia, paradossale: Human - che fa tutto da sola.

Così potremo ricordarci come si fa a vivere bene senza dover premere nemmeno un bottone. Se poi la memoria ci fa proprio schifo, c’è anche una minuscola telecamera da attaccarsi al petto, Memoto, che fotografa da sola la nostra vita ogni 30 secondi e, alla fine di ogni giornata, ci permette di riviverla come fosse una presentazione in PowerPoint.

Basta ricordi sfuocati: quelli del futuro prossimo immaginato a Silicon Valley saranno a cinque megapixel. Certo, saremo un po’ ingombrati da tutti questi piccoli oggetti intelligenti. Ma saremo in grado di ricevere proprio le pubblicità e le offerte che vorremmo ricevere, perfino dai cestini delle immondizie.

Stop allo shopping a caso: proprio come i vip, avremo il nostro personal shopper. E pazienza se sarà un bidone intelligente. Ma tutta la città sarà smart. La musica sarà smart. Un tocco, e dal frigorifero – smart anch’esso – esce Schubert. Sarà tutto connesso, perfino il terzo mondo. Saremo tutti connessi, ovunque.

E visto che l’intelligenza è condivisione, saremo tutti intelligenti. Pieni di oggetti che ci dicono cosa fare, ma intelligenti. Saremo, finalmente, una società intelligente. La società degli iperconnessi. E io non vedo l’ora di non farne parte.

 

Foto: JD Hancock/Flickr

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