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Da TikTok a WeChat: la guerra assai poco fredda di splinternet tra Cina e Usa

Nuova iniziativa anti-cinese di Donald Trump, che questa volta firma uno dei suoi amati ordini esecutivi per intimare a residenti statunitensi di cessare entro 45 giorni ogni rapporto con le app TikTok e WeChat. Quest’ultima è il Whatsapp cinese, come noto, e negli Usa è utilizzata da un limitato numero di persone, perlopiù appartenenti alla comunità cinese.

 Ma le ramificazioni di questa iniziativa sono in realtà ben più vaste, e vanno nella direzione di spegnere le connessioni digitali tra la sfera americana e quella cinese.

“Minaccia alla sicurezza nazionale” è la motivazione, ormai omnibus, utilizzata da Trump. Ma nell’ordine esecutivo compare il nome del bersaglio grosso, la controllante di WeChat, proibendo

[…] to the extent permitted under applicable law, any transaction that is related to WeChat by any person, or with respect to any property, subject to the jurisdiction of the United States, with Tencent Holdings Ltd.

Eccolo, il bersaglio grosso: è Tencent, la conglomerata che ha il proprio core business storico nel gaming ma che in realtà opera pressoché ovunque, nell’ambito digitale: social network, portali web, servizi internet, e-commerce, sistemi di pagamento, venture capital, partecipazioni in oltre 600 aziende in giro per il mondo, Stati Uniti inclusi.

Negli Usa, Tencent ha una robusta presenza di mercato nei giochi: possiede il 48% di Epic Games, il creatore di Fortnite e Unreal. Possiede anche una partecipazione in Tesla. Quest’ultima è stata accolta assai amichevolmente nel mercato cinese, ed ha potuto creare una delle sue cosiddette Gigafactory a Shanghai. Tra le altre partecipazioni occidentali di Tencent, si segnala quella nel servizio di streaming musicale svedese Spotify, le cui azioni sono quotate a Wall Street.

A questo punto, unite i puntini: Trump firma un ordine esecutivo che punta a ratificare che il tempo a disposizione di TikTok per vendere a Microsoft sta ufficialmente scorrendo, e non è molto, ed al contempo si posiziona per l’assalto epocale ad una big del sistema-Cina, ed alla sua espulsione dagli Stati Uniti.

La formulazione dell’ordine è ambigua ma non troppo. La sua interpretazione estensiva, al netto delle smentite iniziali di rito, si spinge alla liquidazione delle partecipazioni di Tencent in società statunitensi o che hanno interessi economici negli Usa.

O, detta meglio: l’obiettivo di Trump e dei falchi anticinesi della sua amministrazione (il Segretario di Stato Mike Pompeo ed i due zar del neoprotezionismo americano, Peter Navarro e Robert Lightizer) è quello di espellere la Cina dalla tecnosfera americana. Nel frattempo, sono riprese le richieste per togliere dalla quotazione a Wall Street le società cinesi, accusate di scarsa trasparenza.

Prende forma sempre più quella che definirei splinternet, cioè la frantumazione della Rete (in senso lato, della tecnologia in senso proprio) in aree di influenza geopolitica. Tutto cominciò con le accuse americane a ZTE e, soprattutto, a Huawei. Restano da analizzare due grandi ambiti di azione-reazione: come reagirà la Cina, e quali saranno i territori terzi in cui le due potenze rivali si confronteranno.

In Cina, con cui Microsoft ha da sempre rapporti molto cordiali e proficui, al punto che Windows è il sistema operativo più diffuso, l’ala nazionalista del partito potrebbe aver successo nella propria richiesta di imporre all’azienda fondata da Bill Gates la cessione di rami di attività a entità cinesi, per rispondere all’identica operazione americana verso TikTok. L’era degli asset swap geopolitici obtorto collo è tra noi, in pratica.

E dopo le accuse americane di furto di proprietà intellettuale, Pechino potrebbe mettere “sotto tutela” Tesla, mossasi in controtendenza storica quando è sbarcata in Cina.

Ma la vera battaglia tra americani e cinesi si sposta in Asia. Non è un caso che Microsoft punti ad acquisire pressoché tutte le attività globali di TikTok, incluse quelle in India. Qui, il social network ludico è stato messo fuorilegge dal governo Modi, assieme ad una sessantina di altre app cinesi, anche per ritorsione dopo i recenti sanguinosi scontri di confine tra soldati indiani e cinesi, con la motivazione ufficiale di attività pregiudizievoli alla sovranità ed integrità nazionale indiana. Dopo di che, il governo indiano dovrà prendere atto che il mercato domestico degli smartphone è dominato dai cinesi, ma una cosa alla volta.

Microsoft potrebbe quindi aprirsi un mercato enorme, quello indiano, anche se per ora a redditività limitata. Quanto all’Europa, il rischio è quello di essere il vaso di coccio tra vasi di ferro, nell’era del tecnonazionalismo.

Azioni e ritorsioni tra le due potenze saranno la costante del prossimo futuro, e potrebbero sopravvivere alla presidenza Trump. La logica dei blocchi è arrivata sul web, e la cosa non deve stupire, visto che sempre di comunicazione si tratta.

Photo credit: The White House on Flickr

 

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