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Da Cagliari all’Arabia Saudita bombe italiane usate contro i civili in Yemen

Missione compiuta. Il 30 ottobre scorso, centinaia di bombe d’aereo prodotte in Italia, hanno raggiunto l’Arabia Saudita dove saranno quasi certamente utilizzate per le operazioni di guerra in Yemen da parte della coalizione internazionale a guida saudita e di cui fanno parte pure Marocco, Egitto, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait, Giordania e Pakistan.
 
Secondo il giornalista Malachy Browne che ha documentato grazie a FlightRadar24.com le rotte del velivolo che ha trasportato le bombe (un Boeing 747 della compagnia aerea azera Silk Way Airlines), il cargo 4K-SW888 è decollato dallo scalo di Cagliari Elmas, ha sorvolato l’Egitto e il Mar Rosso e ha poi iniziato la sua discesa verso la città di Jeddah, anche se dopo un improvviso cambio di rotta è atterrato nell’aeroporto “King Fahd” di Taif, base strategica dell’Aeronautica militare dell’Arabia Saudita e della stessa US Air Force. A Taif, in particolare, sono rischierati i cacciabombardieri Eurofighter “Typhoon” che i sauditi hanno acquistato dal consorzio europeo composto dai colossi BAE, EADS e dall’italiana Alenia Aermacchi (Finmeccanica), utilizzati dal 25 marzo per gli attacchi aerei in Yemen.
 
Nei giorni scorsi, alcuni giornalisti e attivisti sardi avevano documentato le operazioni di carico a Cagliari Elmas di alcuni container “sospetti” a bordo del Boeing 747. L’Enac, in una nota, ha confermato le operazioni del velivolo con a bordo materiale bellico, spiegando che “si trattava di un volo di natura commerciale regolarmente autorizzato nel contesto delle previsioni normative internazionali tecniche che disciplinano il trasporto di tali materiali”.
 
“Con ogni probabilità si è trattato di una nuova fornitura di bombe fabbricate nell’azienda tedesca RWM Italia di Domusnovas che prosegue le spedizioni degli ultimi anni”, ha dichiarato Giorgio Beretta, ricercatoredell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Difesa e Sicurezza (OPAL) di Brescia. “Sappiamo che ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia, come le bombe MK84 e Blu109, sono stati ritrovati in diverse città dello Yemen bombardate dalla coalizione saudita e il nostro Ministero degli Esteri non ha mai smentito che le forze militari saudite stiano impiegando anche ordigni prodotti in Italia in questo conflitto”.
 
Con un comunicato congiunto, la Rete Italiana per il Disarmo, Amnesty International Italia e l’OPAL di Brescia hanno duramente stigmatizzato il trasferimento di materiale bellico al regime saudita. “E’ inaccettabile – scrivono le organizzazioni non governative - che nello stesso giorno in cui l’Unione Europea ha assegnato il Premio Sakharov al blogger saudita incarcerato Raif Badawi, dall’Italia siano partite nuove bombe destinate all’Arabia Saudita, il paese che guida la coalizione la quale – senza alcun mandato internazionale – da sette mesi sta bombardando lo Yemen con migliaia di morti tra i civili”. Il sanguinoso conflitto ha causato finora più di 4.000 morti (di cui almeno 400 bambini) e 20.000 feriti - di cui circa la metà tra la popolazione civile, provocando quella che è stata definita dalle stesse Nazioni Unite come una “catastrofe umanitaria” con oltre un milione di sfollati e 21 milioni di persone che necessitano di urgenti aiuti.
 
Ai bombardamenti dell’Aeronautica dell’Arabia Saudita sono state imputate diverse stragi di civili; la più recente ha riguardato la morte di 131 persone (un’ottantina le donne) che partecipavano a una festa di matrimonio nella provincia di Taiz. La settimana scorsa i raid della coalizione hanno colpito un ospedale di Medici senza Frontiere nella provincia settentrionale di Sa’dah. “Il personale ospedaliero e due pazienti sono riusciti a fuggire prima dei successivi attacchi”, ha denunciato MSF. “Esso era l’unico ospedale ancora funzionante nella zona di Haydan. Ora che l’ambulatorio, il reparto maternità, il laboratorio e il pronto soccorso sono tutti distrutti, almeno 200.000 persone non hanno più accesso a cure mediche salvavita”.
 
La RWM Italia, azienda produttrice delle bombe giunte in Arabia, è una sussidiaria della multinazionale tedesca Rheinmetall Defence. Oltre a quello sardo di Dosmunovas con una ventina di addetti, la società dispone di uno stabilimento a Ghedi (Brescia). Secondo il sito dell’AIAD (Aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza), la RWM Italia cura lo sviluppo, la ricerca e la produzione delle parti elettroniche, inerti ed esplosive (tradizionali e insensibili) attualmente richieste per i sistemi d’arma. In particolare si tratta di bombe d’aereo MK81, MK82, MK83 ed MK84, di bombe ad alta capacità di “penetrazione” Blu-109/B, munizioni, spolette, testate per missili, siluri, mine marine, cariche di demolizione e contromina. Le bombe a caduta libera MK82 con cariche esplosive da 89 Kg sono utilizzate negli scacchieri di guerra sin dai primi anni ’50; le MK84 sono molto più grandi, più pesanti e distruttive: utilizzate dalla guerra in Vietnam, possono produrre crateri di circa 15 metri di diametro ed 11 di profondità e penetrare corazze di metallo di 28 cm o colate di cemento di oltre 3 metri di spessore, spargendo nel raggio di 360 metri schegge e frammenti letali. Le bombe Blu-109/B, a guida elettronica o laser, caricate con lo speciale esplosivo termo insensibile Pbxn-109, possono perforare velivoli corazzati e pareti d’acciaio di 4-6 piedi di spessore. Secondo Peacelink, la versione da 870 Kg della Blu-109/B è un “ordigno all’uranio impoverito, in grado di produrre tumori e malattie in seguito allo spargimento di nano e micro particelle nell’ambiente”.
 
Il 2 maggio scorso, sei container con centinaia di bombe MK82 e MK84 senza esplosivo (classificate quindi come semplici involucri accessori), prodotte da RWM Italia, erano stati trasportati a bordo della nave Jolly Cobalto del Gruppo Messina, dal porto di Genova sino a Jeddah e da qui, via terra, sino ad Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti). Negli Emirati, la società Burkan Defence ha provveduto all’assemblaggio delle varie componenti grazie a un contratto stipulato con il ministero della Difesa saudita nel 2008. “Per quanto riguarda quella spedizione, sulla base dei dati ufficiali forniti dal registro del commercio estero dell’ISTAT, si è avuta conferma che sono state esportate dall’Italia agli Emirati Arabi Uniti armi e munizioni (tra cui bombe) per un valore di oltre 21 milioni di euro e per un peso di circa 16.900 chili”, ha dichiarato il ricercatore Giorgio Beretta.
 
L’Osservatorio sulle Armi Leggere e Politiche di Difesa e Sicurezza di Brescia, grazie alla relazione europea sulle esportazioni di sistemi militari, ha potuto accertare che nel solo 2013 dall’Italia sono state rilasciate autorizzazioni al trasferimento verso l’Arabia Saudita per la categoria ML 4 (bombe, razzi, missili ecc.) per un totale di 69.641.471 euro. L’anno precedente, il governo italiano aveva invece autorizzato RWM Italia ad esportare in Arabia Saudita bombe MK82 e MK84 e componentistica accessoria per un valore di 8,5 milioni di euro (precisamente per 1.000 bombe MK82 da 500 libbre e 300 MK84 da 2.000 libbre). “Nella relazione presentata alle Camere nel 2014 e relativa all’export del 2013, l’autorizzazione all’esportazione rilasciata a RWM Italia è invece per più di 62 milioni di euro per 3.650 bombe MK83 da 1.000 libbre attive e per 120 mila euro per 300 bombe MK83 inerti”, aggiunge Giorgio Beretta. Il registro del commercio con l’estero dell’ISTAT per l’anno 2014 riporta invece spedizioni di “armi e munizioni” dalla Provincia di Cagliari per l’Arabia Saudita per un valore complessivo di 18.076.175 euro, grazie a due spedizioni avvenute la prima ad aprile per 10.250.725 euro e la seconda a novembre per 7.825.450 euro.
 
Il giornalista Malachy Browne, in un'inchiesta pubblicata per Reported.ly,ha documentato che frammenti delle bombe MK83 esportate da RWM Italia tra il 2012 e il 2014 sono stati rintracciati in Yemen. Ole Solvang, un ricercatore della ONG Human Rights Watch, ha fotografato questo specifico modello di bomba in Yemen, con il marchio di RWM Italia. “Le indicazioni GPS che accompagnano le fotografie di Solvang mostrano che le bombe hanno colpito in vari punti un complesso governativo di Sa’dah, una roccaforte houthi nel nord dello Yemen”, ha riportato Malachy Browne. Un secondo ricercatore di Human Rights Watch, Mark Hiznay, ha spiegato a Reported.ly che la bomba MK83 da 450 chilogrammi trovata in Yemen è stata realizzata “per causare danni, morti e lesioni grazie alla deflagrazione e all’effetto di frammentazione”.
 
Gli operatori dell’ONG statunitense hanno altresì accertato l’uso in Yemen da parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita di bombe a grappolo, contenenti cioè un certo numero di sub munizioni, che, al funzionamento dell’ordigno principale (cluster), vengono disperse a distanza. “Questi armamenti dall’impatto devastante, sono stati utilizzati contro la popolazione civile, provocando morti e feriti, in almeno sette casi tra la fine aprile e la metà di luglio nella provincia nord-occidentale di Hajja”.

Pubblicato in Africa ExPress il 2 novembre 2015

(Foto: Mennella-Ottaviano/Agoravox Italia)

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