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Cuentos de Futbol 2

Se parliamo di letteratura latinoamericana, l’aggancio per plot o per passione con il calcio e i suoi derivati è d’obbligo. Come non citare Soriano, il maestro della favola calcistica, o Galeano, il re dell’aneddoto che si colora di letteratura.

In questa ottica, mettere insieme un’antologia di racconti di scrittori latinoamericani e spagnoli sul mondo del calcio è una scelta che si inserisce nel filone, adagiandosi su scelte di marketing e flussi di tendenze, ma è anche una panoramica sullo stato dell’arte della narrativa a sfondo calcistico in questo nuovo decennio.

Dopo la prima raccolta con il meglio, o meglio il possibile in quel momento della narrativa “calcistica” di lingua spagnola, Cuentos de futbol, (pubblicato in Italia nel 2002), l’idea di usare il calcio e il suo mondo come sfondo per storie di penna si è allargata di molto, privilegiando come territorio antropologico sempre il mondo latinoamericano e spagnolo.


Questa anima latina che nell’aletta di copertina è chiamata a rapporto per benedire il connubio calcio e letteratura è in questa seconda raccolta, Cuentos de futbol 2, espressa nella sua multiformità. I “padri” della raccolta precedente, Soriano, Roa Bastos, Galeano, Bolano sono ancora sulla cresta dell’onda e le loro scelte narrative influiscono molto sui pargoli (non parlo in senso anagrafico, ma pargoli del tema).

In questi 11 racconti predominano almeno tre tendenze di base: la linea “sorianana” della favola del pallone, messa su carta sia da Roberto Fontanarrosa con il racconto “Vecchio con albero”, nel quale emerge un gusto teatrale nel percorso della narrazione, da Daniel Lagares con “Adesso Vedrai”, che ha anche risvolti social-politici, da Juan Sasturain con “Campitos” e soprattutto da Antonio Alvarez Gil con il racconto “Il calcio è così”, in cui le storie delle esistenze particolari ruotano vorticosamente in una storia dell’umanità così semplice, perché fatta di passioni e dolori in cui tutti ci riconosciamo, eppure così sorprendente.

Della scuola “galeanana” sono invece i racconti “L’Animale” di Patxi Irurzun, che costruisce la storia che si fa leggere meglio grazie alla sua arguzia e il suo svelare i meccanismi “surreali” dello show-biz, padrone del calcio contemporaneo, “Tanta passione per nulla (il paradosso di Djukic) di Julio Llamazares, che ci parla insieme alla storia del giocatore serbo del Deportivo La Coruna anni ’90, anche delle tante parabole che intersecano la vita di un calciatore, ed infine “L’estremo fantasma” di Juan Villoro.

Di pasta diversa, non solo sintesi delle prime due linee narrative, ma superamento delle stesse, sono i racconti “La guerra di Tito” di Mempo Giardinelli, che in paragrafi fitti e densi riesce a rendere la vicenda di un ultimo con la scansione di una cronaca diaristica dolce ma insieme vera e quello di Javier Marias “Il tempo sospeso”, in cui lo scrittore spagnolo prende in prestito il cognome di un grande scrittore ungherese Miklos Szentkuthy e ne cala la sua storia in quella di un calciatore del Real Madrid degli anni ’60. Il tempo sospeso riguarda entrambi e tutti noi. Il tempo si sospende quando le cose della vita sembrano prendere una strada assurda, dominate dal caos della fama, dei soldi, del potere. Appena la lancetta ritorna a scandire il suo inesorabile passo, vediamo in faccia quella che è la realtà. E ne usciamo sconfitti, con i remi tirati nella nostra barca attraccata al molo dell’infelicità

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