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Crotone. Ciò che eravamo, ciò che non siamo più

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Giovanna Brio, all’età di 13 anni

“Quando gli operai crotonesi si sentivano la forza del mondo” E’ il titolo dell’articolo che prende spunto da un lungometraggio andato in onda su Rai Tre, dedicato all’ex realtà industriale crotonese. La parte centrale del film, come già detto nell’articolo del 24 maggio pubblicato su “il Crotonese”, è l’intervista a due operai sull’arenile di “Spiaggia delle forche” . Uno dei due racconta scene di vita in fabbrica e l’altro, un po’ defilato, si limita a brevi interventi, quasi come a suggerire. All’indomani dell’uscita del giornale con quell’articolo, veniamo a sapere che quell’uomo un po’ defilato nell’intervista era il padre di una signora crotonese che vive e lavora da oltre venti anni a Torino.

Quella signora è Giovanna Brio, suo padre si chiamava Antonio ed è morto poco tempo dopo quell’apparizione nel film “E nua ca simu a forza du mundu” proprio per un incidente sul lavoro. a dicembre del 1971. Antonio Brio, un ragazzone di ventotto anni finì sotto una pesantissima lastra di marmo e ci lasciò la pelle, ma solo dopo una lenta agonia protrattasi per alcuni giorni. Egli lasciò la moglie, di appena 24 anni, e la figlia Giovanna, che nel 1971 di anni ne aveva due e mezzo. 

Giovanna sente il desiderio di mettersi in contatto con “Il Crotonese” e ci sentiamo al telefono subito dopo la pubblicazione dell’articolo, per parlare ancora di quel filmato e ricordare un’epoca in cui Crotone credeva ancora in quel futuro che avrebbe dovuto riscattarla per sempre, anche se era assolutamente ignara di quello che andava profilandosi all’orizzonte e delle nubi che si addensavano sopra il cielo della città. Sul finire degli anni '70 lo sviluppo industriale di Crotone aveva raggiunto l’apice, ma ancora non bastava e le possibilità occupazionali erano da ritenersi sature già da un pezzo. Apparve tuttavia all’orizzonte la prospettiva del raddoppio degli impianti Montedison che presto si rivelò essere un miraggio riflesso sulla superficie di un presunto immenso sito archeologico che ancora oggi (era il 1975) non è mai stato portato alla luce.

E da Crotone si riprese a emigrare; la lontanissima eco del 68 era arrivata pure qui ed i figli degli operai, quelli più fortunati, cominciarono a seguire le orme dei padri per andare all’università oppure semplicemente per aiutare a mantenere la “baracca” nella opulenta Torino e in terra lombarda. Ai lavoratori dei campi, poiché la terra conobbe ancora prima della fabbriche il proprio tracollo, era toccato trasferirsi oltre alpe, in Germania e Belgio. Era grande Crotone, perché nessuno in quell’epoca aspettava che la manna venisse giù dal cielo; la città era malata di realismo.

Chi poteva se n’è dunque andato, chi ha resistito a lungo, alla fine se n’è andato lo stesso. Questo dunque accadde quando ancora gli anni ottanta erano lontani. Giovanna Brio ha resistito 22 anni a Crotone, oggi lavora come infermiera all’ospedale “Santa Margherita” a Torino; sua madre, rimasta vedova nel 1971, non s’è risposata; nel 1995 raggiunse la figlia nella capitale piemontese dove morì nel 97. E’ grande il desiderio di Giovanna di parlare di quegli anni vissuti quaggiù, circondata dagli affetti, accompagnata dal mito di suo padre e dal ricordo di quel nucleo familiare che abitava in Via Venezia e che tutti conoscevano e apprezzavano. C’è voluta la messa in onda di un vecchio film-documento in bianco e nero, che nessuno sapeva esistesse, per avere l’opportunità di rievocare una Crotone viva, attiva, positiva; una Crotone che purtroppo sopravvive tanto più forte solo nei ricordi di chi abita lontano. E’ così è giusto che sia per quanti, andandosene, non hanno vissuto lo strazio del declino e non vivono la bizzarria e la spaventosa incertezza del presente.

Ma non basta questo per non amarla questa maledetta città; in questo consiste la sua vera fortuna. Siamo alla vigilia di una importante tornata elettorale che potrebbe riportare a quella alternanza dell’”epoca Senatore” che durò dal 1997 sino al 2005. Eppure, all’indomani di quella alternanza al comune di Crotone, l’ex direttore di questo giornale scriveva così: “…Nel frattempo alla guida della città si sono alternate amministrazioni di centrosinistra e di centrodestra, ma nemmeno l’alternanza è servita (salvo poche cose) a far comprendere ai crotonesi che non bisognava aspettare inermi che le cose cambiassero, che la classe politica si muovesse autonomamente, se non nelle occasioni in cui era sollecitata per alimentare il clientelismo e la corruzione delle coscienze, soprattutto dei giovani che, in questi ultimi lustri, hanno preferito prendere la via dell’emigrazione, piuttosto che stare con il cappello in mano ad elemosinare un co.co.co., una collaborazione a tempo, una consulenza…

Ecco, Giovanna Brio è una di quei giovani che, a loro tempo, hanno scelto la via dell’emigrazione; che non sono rimasti qui ad aspettare con il cappello in mano. Crotone le manca, tantissimo, e la pubblicazione di quell’articolo che rievoca una vicenda che ebbe come protagonista anche suo padre, l’ha commossa e riempita di gioia; ma se lei fosse rimasta qui, quel cappello si sarebbe riempito…di pioggia. 

 

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