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Cronache marziane di un partito confuso... sulla patrimoniale

A volte la vita riserva sorprese. Ad esempio, scoprire che il responsabile economico del Partito democratico, Stefano Fassina, è contrario alla famosa patrimoniale straordinaria, allineandosi con Vincenzo Visco. Per contro, numerosi esponenti “moderati”, o sedicenti tali, confermano le loro suggestioni di piccoli Richelieu della gioiosa macchina da guerra duepuntozero, oltre alla loro altrettanto robusta insipienza economica.

Fassina ritiene che la patrimoniale straordinaria sarebbe inutile: “Visto che i grandi patrimoni sono all’estero, questa tassa finirebbe per essere depressiva ed iniqua”. La cosa appare già un enorme passo avanti sulla strada della razionalità economica. Perché se esiste una caratteristica strutturale della nostra sinistra, è quella di vedere “ricchi” ad ogni angolo di strada e comprendere, solo a danno compiuto, che per produrre gettito servono grandi numeri, ed i grandi numeri si ottengono solo tosando la classe media, che viene silenziosamente assimilata ai “possidenti”. Fassina suggerisce una patrimoniale ordinaria, non è chiaro se ignorando che essa esiste già, o se suggerendo maggiore progressività.

Inopinatamente, ma non troppo, Fassina viene scavalcato a sinistra dal gruppo dei cosiddetti “lettiani”, e più in generale dagli ex popolari. Francesco Boccia se la prende con Visco, che qui appare il nume tutelare della posizione di Fassina, arrivando addirittura ad accusarlo di aver contribuito al fallimento dei controlli fiscali, illo tempore, per mancato incrocio dei dati di liquidità (chissà che intendeva Boccia, qui) e di patrimonio. Enrico Morando e Giorgio Tonini si schierano a favore della patrimoniale straordinaria, per andare a “punire” quel famoso 45 per cento che possiede il 10 per cento della ricchezza del paese, che quindi per definizione deve essere colpevole. Ma Morando non era quello liberal? Né manca l’ormai abituale Rosy Bindi: lei, da Monti, una patrimoniale “vera” l’avrebbe “comunque pretesa”, qualunque cosa ciò significhi. Se ce ne fosse una sul fanatismo ideologico privo di basi di conoscenza, la signora Bindi sarebbe sul lastrico ed espropriata. Ma evidentemente il richiamo della foresta del pauperismo cattocomunista ha ancora radici molto profonde, nel Pd.

Noi restiamo fiduciosi che, prima o poi, anche nel Pd (con la sicura eccezione della Bindi) riusciranno a capire che Imu e imposta sulle attività finanziarie sono già patrimoniali ordinarie, che hanno (almeno la prima) carattere progressivo, che i capitali sono mobili e tendono a lasciare il paese, se martellati fiscalmente. Una patrimoniale ordinaria ha astratto senso se inserita in un quadro di riordino del prelievo, con corrispondente riduzione della fiscalità sul reddito, che è più distorsiva. Peccato essere in guerra, e non poter ragionare secondo queste categorie dello spirito: l’immagine speculare di chi chiede privatizzazioni immediate in questo contesto di mercato. Al paese serve soprattutto realismo e meno ideologia, da qualunque parte provenga.

A margine, vi segnaliamo la nuova proposta Amato-Bassanini di riduzione dello stock di debito attraverso una serie di misure composite, tra le quali figura anche l’accordo con la Svizzera sui capitali illecitamente migrati verso la Confederazione, la valorizzazione delle concessioni demaniali (auguri) e, cosa molto più sfiziosa, l’introduzione di un vincolo di portafoglio agli investimenti delle casse previdenziali degli ordini professionali, il cui patrimonio oggi è investito in titoli di stato per solo il 10 per cento del totale. Questa misura appare piuttosto illiberale, ma se pensate al modo in cui alcune casse hanno investito le proprie disponibilità nel passato, forse il vincolo di portafoglio appare una forma di tutela degli iscritti.

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