Crisi: anche la prossima, che ci sarà, verrà dall’innovazione finanziaria
A dieci anni dalla grande crisi finanziaria, nata negli Stati Uniti dai mutui subprime e diffusasi poi in Europa, mutata ed amplificata dalla difettosa governance della zona euro e da errori strategici politici, esplosi durante il funesto e famigerato vertice di Deauville del 2010, che ha risvegliato il mondo ed i mercati alla realtà del rischio di credito nazionale, ci si interroga sulle lezioni apprese e sulla effettiva capacità di prevenire o ridurre l’impatto di simili eventi.
di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Nelle prossime settimane sia Draghi che Janet Yellen dovranno dare nuova prova di creatività, indicando percorsi e tempistiche per il graduale ritiro degli stimoli monetari senza causare panico sui mercati, che fatalmente retroagirebbe sull’economia reale. Entrambi, soprattutto Draghi, dovranno spiegare perché ritirare lo stimolo quando l’inflazione non è tornata in prossimità del livello del 2% considerato fisiologico. La Federal Reserve probabilmente cambierà la propria funzione di reazione, aggiungendo all’obiettivo di inflazione anche quello della stabilità finanziaria, cioè la prevenzione di bolle, confermando l’impressione che la creatività dei banchieri centrali è soprattutto capacità di persuadere i mercati che il mutamento di obiettivi in corsa, cioè la discrezionalità, è la migliore assicurazione contro un mondo sempre meno prevedibile, ma forse reso tale anche dall’azione delle banche centrali.
Su tutto, la grande ed irrisolta ipoteca di questi anni: l’innovazione finanziaria, che tende a rendere il sistema globalmente instabile. Se col senno di poi sappiamo che mutui subprime e cartolarizzazioni erano tossici, soprattutto perché accoppiati all’uso della leva finanziaria, cioè del debito, oggi cerchiamo di prevenire fenomeni simili a quelli forzando le banche a detenere più capitale (con tutti gli effetti collaterali di restrizione alla crescita che ciò può causare), ma il prossimo meteorite potrebbe venire da tutt’altra parte: ad esempio dall’uso massivo di investimenti passivi come gli Etf o da altre tecniche di gestione di portafogli d’investimento, che nulla c’entrano con l’attività delle banche.
Il rischio sistemico è figlio dell’innovazione finanziaria e della liquidità creata per contrastare gli effetti della crisi. Per questo è difficile sfuggire alla conclusione che per la prossima crisi globale non è questione di se ma di quando.
(Foto: World Economic Forum/Wikimedia)
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