Cosa e come sarà il fondo sovrano americano?
In un'epoca di sovranismi, che c'è di meglio di un fondo sovrano, vero o immaginario? Trump ne vuole uno anche per gli USA: qualche ipotesi sul contenuto, nelle parole di chi dovrà costruirlo
Viviamo nell’epoca dei sovranismi, quindi cosa c’è di meglio che invocare la creazione di “fondi sovrani” come simbolo dell’autonomia, indipendenza e persino potenza di un paese? Il simbolismo ci allontana dalla realtà storica e fattuale, però. Tutto diventa fondo sovrano, anche quello che col concetto poco ci azzecca. I più fantasiosi (gli italiani, manco a dirlo) si inventano fondi sovrani a debito o per recintare entro i patri confini i risparmi dei propri concittadini.
Un po’ di storia
Un piccolo excursus storico: secondo gli annali il primo fondo sovrano, frutto del surplus delle partite correnti prodotto dalle esportazioni di petrolio e altre risorse naturali, pare sia stato quello del Kuwait, nato a Londra nel 1953, otto anni prima che il paese acquisisse formale indipendenza. I due pesi massimi della rendita da idrocarburi sono il fondo sovrano norvegese, che eccita confusi emuli nostrani, con un patrimonio di 1.800 miliardi di dollari, e quello saudita, con 925 miliardi di dollari in gestione.
Quello cinese, invece, China Investment Corp., è un animale differente ma simile, ricavato da una parte delle riserve valutarie ufficiali del paese, a loro volta derivanti dagli enormi surplus delle partite correnti. Perché per fare un fondo sovrano, almeno nella versione “classica”, quella più ricorrente, serve un surplus delle partite correnti e/o di bilancio pubblico. Gli Stati Uniti, per contro, sono in profondo deficit fiscale e soprattutto commerciale, la matrice delle tariffe di Trump, ed essendo pure i titolari della valuta di riserva del pianeta mancano di rilevanti attivi in valuta estera, nel senso di diversa dal dollaro.
Ma, allargando lo sguardo, scopriamo che per fare un fondo sovrano basta assai meno di un surplus delle partite correnti o di bilancio. Ad esempio, la Turchia, che ha deficit su entrambe le voci, nel 2016 ha creato il proprio semplicemente mettendo sotto lo stesso cappello aziende pubbliche e capitale versato, il “patrimonio destinato”.
Gli Stati Uniti come stato federale sono l’antitesi del concetto “classico” di fondo sovrano (surplus di bilancio pubblico e/o delle partite correnti) ma venti stati dell’Unione ne hanno uno, frutto della vendita di idrocarburi e materie prime. Il più grande è l’Alaska Permanent Fund, nato nel 1976, che gestisce oggi 82 miliardi di dollari. Quello più recente è il Legacy Fund del North Dakota, creato nel 2010, dove lo stato deposita mensilmente il 30 per cento degli introiti da gas e petrolio e da cui, in un ciclo di bilancio biennale, è possibile prelevare il 5 per cento da destinare a progetti e riduzioni d’imposta. Il mese scorso è stato annunciato che i proventi del fondo saranno destinati alla cancellazione, in un decennio, delle imposte sulla proprietà.
Tornando agli Stati Uniti, Donald Trump ha firmato uno dei suoi innumerevoli ordini esecutivi per avviare il processo di istituzione di un fondo sovrano a stelle e strisce, entro dodici mesi. Entro novanta giorni, i segretari al Tesoro, Scott Bessent, e al Commercio, Howard Lutnick (due noti uomini di finanza), dovranno presentare proposte per le modalità di finanziamento, strategie di investimento, struttura e governance del fondo e partnership col settore privato.
L’ordine esecutivo afferma che scopo del fondo è “promuovere la sostenibilità fiscale, ridurre l’onere delle tasse sulle famiglie americane e sulle piccole imprese, stabilire la sicurezza economica per le generazioni future e promuovere la leadership economica e strategica degli Stati Uniti a livello internazionale.” Vaste programme.
Trump, a cui non difetta l’entusiasmo, ha già detto che il fondo sovrano potrà avere un ruolo nell’esproprio di metà TikTok ai cinesi, che servirà a fare tante belle cose e che alla fine diverrà più grande del petro-fondo saudita. Si presume che tale fondo americano possa essere alimentato dai proventi delle tariffe imposte da Trump, sempre che avvenga e non ci si fermi prima a negoziare. Assai verosimilmente, nel fondo confluiranno anche capitali privati, nella corsa a perdifiato per assicurarsi la benevolenza di Trump.
Come costruire quello americano
Per trovare suggerimenti operativi vagamente sensati su cosa farà questo misterioso fondo sovrano, bisogna ascoltare attentamente i due finanzieri prestati al governo, Bessent e Lutnick. Il primo, ex gestore di hedge fund, ha detto che “Monetizzeremo il lato attivo del bilancio degli Stati Uniti. Metteremo a lavorare gli asset. E penso che sarà molto entusiasmante.” Il mese scorso, durante l’udienza di conferma al Senato, Bessent ha detto che i “fantastici asset” detenuti dagli Stati Uniti potrebbero essere sfruttati per “opportunità di generazione di entrate”.
Si tratterebbe quindi di mettere a reddito alcuni attivi federali oggi non pienamente sfruttati. Crediti e immobili, tipicamente. Un po’ come i ricorrenti immaginari piani “tagliadebito” italiani, e le cartolarizzazioni di tremontiana memoria. Quest’ultime non esattamente un successo storico, anche se Tremonti riuscirebbe a scrivere una delle sue celebri puntigliose letterine ai giornali per provare l’opposto, non prima di aver ribadito che lui aveva previsto tutto sin da bambino e che comunque è colpa della globalizzazione e di Mario Draghi, che per Tremonti (spoiler) è il famoso mostro dell’ultimo livello del videogioco.
Attivi del bilancio federale USA – Fonte
Interessante anche l’esempio suggerito da Lutnick, un cripto-patito a capo del mega broker Cantor Fitzgerald: il governo che ottiene warrant azionari nelle aziende che gli forniscono i vaccini Covid (e/o che hanno beneficiato dei fondi pubblici di ricerca). Abbiamo un esempio storico di questi warrant, quelle che il governo federale ha ottenuto dalle banche salvate durante la grande crisi finanziaria.
Possibile anche che questo fondo sovrano contenga criptovalute, se l’idea di una riserva strategica di quest’ultime dovesse prendere corpo, partendo da quelle confiscate alla criminalità e aggiungendo quelle acquisite in seguito.
Attendiamo gli sviluppi. Nelle indicazioni dei due segretari-finanzieri ci sono spunti interessanti e in parte replicabili altrove. Ma per aver successo nell’impresa occorrono obiettivi chiari e trasparenza, per evitare che gli amici degli amici banchettino razziando risorse pubbliche. E, da quello che stiamo vedendo in queste prime settimane, questa rischia di essere un’assai ingenua aspirazione.
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