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Coronavirus: i dati Apple sugli spostamenti in Europa e USA

L’emergenza coronavirus ha ridotto drasticamente la mobilità dei cittadini, ma in maniera non omogenea negli Stati e nelle metropoli dell’Occidente.

DI Giada Pasquettaz

Dopo Google, Apple ha deciso di rendere pubblici i dati sulla mobilità estrapolati dai suoi device. Il periodo considerato va dal 13 gennaio al 5 maggio e il database include sia Stati che alcune grandi città. Inoltre, la serie temporale dei dati per i tre tipi di mobilità considerati (a piedi, in macchina e sui mezzi pubblici) è indicizzata facendo riferimento al primo giorno della serie: questo significa che, posto 100 il livello di mobilità del 13 gennaio in ogni Stato o città, i dati dei giorni successivi mostrano la relativa variazione.

Italia

In Italia, a seguito dei primi casi e dell’emergere del focolaio a Codogno, dal 25 febbraio i tre indici iniziano a diminuire, con l’indice di mobilità a piedi al 94,3%, con le auto al 92,5% e con i mezzi pubblici addirittura all’81,2% rispetto ai dati del 13 gennaio. Nei giorni successivi, il crollo è drastico, anche per effetto dell’annuncio del Presidente del Consiglio della chiusura della Lombardia e di altre 14 province, sino ad arrivare ad un ulteriore crollo nel periodo di lockdown nazionale: è qui che la mobilità pubblica tocca il minimo dell’8,4% rispetto al 13 gennaio, mentre gli spostamenti in automobili e a piedi si aggirano rispettivamente intorno al 20% e al 15%, salvo poi aumentare leggermente a partire dal 12 aprile con la riapertura di alcune attività produttive. Negli ultimi giorni di lockdown, cioè tra il 26 aprile e il 4 maggio, assistiamo a un graduale aumento dei tre indici, per quanto contenuto. Con l’allentamento delle misure il trend si accentua, registrando il 6 maggio gli indici più alti: 21% per i mezzi pubblici, 34,9% per la mobilità a piedi, 45% per quella in auto.

 

Spagna

Nonostante in Spagna si abbia il primo caso il 21 gennaio, si dovrà aspettare solo il 7 marzo per avere il vero crollo della mobilità. Sebbene il lockdown spagnolo entri in vigore il 14 marzo, infatti, già nei giorni precedenti gli spagnoli avevano iniziato a limitare i loro movimenti: venerdì 13 marzo l’indice di mobilità pedonale era calato a 66, a fronte del 160 in media dei venerdì di febbraio, mentre quelli di auto e mezzi pubblici si stanziavano rispettivamente al 71,4 e al 66. Il 22 marzo, quindi, si toccano i livelli più bassi, con indici compresi tra il 5,8 (mobilità a piedi) e il 10,9 (mobilità in auto).

Nonostante, i casi positivi diminuiscano lentamente, il 2 aprile il governo spagnolo inizia la fase di allentamento delle misure di contenimento. Questa concessione non fa impennare gli spostamenti ma, come per l’Italia, il vero aumento degli indici si registra solo negli ultimi giorni di aprile, anche a seguito dell’apertura delle prime riaperture di una parte dei negozi e delle attività produttive non essenziali. Tra il 20 aprile e il 6 maggio, infatti, notiamo un netto aumento dei tre indici (sempre fatto 100 il dato del 13 gennaio), con la mobilità in auto che passa dal 21,5 al 36%, quella con i mezzi pubblici dall’11 al 33% e quella a piedi dal 10,2 al 18,3%. Si noti, come a differenza dell’Italia, la crescita si sia focalizzata soprattutto nell’ambito dei mezzi pubblici e delle auto.

Francia

In Francia, diversamente dalla Spagna, già da inizio marzo si nota un lieve calo rispetto alle settimane precedenti. Il crollo degli spostamenti si vede però solo a partire dal 13 aprile, quando il Presidente Macron decide di chiudere le scuole. Quindi, il 17 marzo, inizia il lockdown: cinque giorni dopo gli indici toccheranno il loro minimo, con un dato al 10,3 per i mezzi pubblici, il 10,7 per la mobilità pedonale e il 14,3 per le auto. Risulta anche qui interessante notare come la paura per il contagio porti a cambiare radicalmente le abitudini di chi deve muoversi: se in Francia si utilizzava, nel periodo di normalità, soprattutto la mobilità pubblica, seguita da quella in auto, con l’inizio dell’epidemia la situazione è andata capovolgendosi, con i mezzi pubblici che hanno registrato dati inferiori anche a quelli della mobilità pedonale.

Anche in Francia, come in Spagna e in Italia, a partire dall’inizio del lockdown si è assistito a un lento ma costante aumento dei tre indici, soprattutto di quello riguardante la mobilità automobilistica. A partire dal 19 aprile, quindi, con la riapertura di alcune fabbriche e di ristoranti e bar con servizio take-away o consegna a domicilio, notiamo come aumentino nettamente coloro che utilizzano la macchina, passando dal 32,8% del 20 aprile al 46,1% del 6 maggio, mentre più contenuto è l’incremento degli indici della mobilità pedonale e automobilistica, che passano rispettivamente dal 13,9 al 24,8% e dal 12,9 al 22,8%.

 

Germania

Angela Merkel, il 22 marzo, ha annunciato sostanziali restrizioni di movimento in Germania. Tuttavia, già a partire da inizio marzo gli spostamenti iniziano a ridursi, visti i primi casi in Baviera, il Land più popoloso della Germania. Nonostante i casi aumentino nella regione tedesca, il 15 marzo si tengono le elezioni municipali a Monaco e in tutta la Baviera, con addirittura un aumento dell’affluenza (al 58.5% contro il 55% del 2014), al contrario di quanto era avvenuto in Francia con le elezioni municipali pochi giorni prima.

Se in Spagna e Italia il calo parte dagli spostamenti a piedi, nel caso tedesco la riduzione più netta la registrano, in una prima fase, i mezzi pubblici, che crollano dal 134% del 7 marzo al 29,1% del 21 marzo, mentre la mobilità con auto scende dal 112,9 al 37,9% e quella a piedi dal 140 al 36,4%.

Nonostante i numeri dei positivi aumentino, la Merkel non dichiara ufficialmente il lockdown del Paese, ma chiude la maggior parte delle attività, consentendo però ai propri cittadini libertà di movimento a piedi mantenendo le dovute distanze, permettendo anche l’uscita in coppia. La differenza con gli altri paesi è evidente: l’indice che scenderà di più è proprio quello dei mezzi pubblici, che però, dal 29,1 del 20 marzo, ricomincerà, lentamente, ad aumentare, fino a raggiungere il 55,6% del 6 maggio: gli indici tedeschi minimi, insomma, sono stati di molto superiori a quelli registrati negli altri paesi. Ciò si conferma anche oggi, con i tre indici al 55,4 (mezzi pubblici), 76,5 (mobilità pedonale) e 79,3 (mobilità automobilistica).

Coronavirus: la mappa animata della mobilità negli Stati europei

Sulla stessa lunghezza d’onda della Germania, anche in Belgio, che nel mese di aprile ha conosciuto un’impennata dei casi di coronavirus, gli spostamenti a piedi non sono mai drasticamente calati, tant’è che non vi è mai una riduzione al di sotto del 50% rispetto agli inizi di gennaio. Più in generale, la mobilità nel nord Europa (in cui includiamo Paesi Bassi, Belgio, Norvegia, Svezia e Finlandia) decresce approssimativamente nello stesso periodo (10-12 marzo), per poi tornare a crescere ad aprile. Inoltre, tranne nei casi di Amsterdam e Brussels, le curve non vanno mai al di sotto del 50% degli spostamenti (fatto 100 il livello del 12 gennaio). Risulta anche interessante l’andamento di Norvegia e Svezia, in cui la mobilità è molto simile nonostante nella prima si sia attivato una sorta di lockdown, mentre nella seconda no.

Un discorso molto simile può essere fatto anche per Germania e Austria (Europa centrale), che hanno assistito in maniera compatta ad un calo degli spostamenti a marzo, per poi tornare a crescere ad aprile e nei primi giorni di maggio.

Differente è invece la risposta dell’Europa mediterranea (Spagna, Italia e Grecia), dove gli spostamenti si sono appiattiti attorno al 5-10% già alla fine di febbraio. In Grecia, vista anche la diminuzione dei positivi, in calo della mobilità è stato in realtà meno marcato rispetto a Italia e Spagna, che dovranno invece aspettare l’inizio di maggio per conoscere un primo e timido incremento della mobilità.

Le curve delle città francesi (Lione, Tolosa e Parigi) sono in linea con l’andamento nazionale: a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza e del conseguente lockdown, la mobilità si è repentinamente arrestata intorno a metà marzo. Nelle città del Regno Unito, invece, il calo della mobilità è progressivo, riflettendo la risposta tardiva assunta da Johnson: infatti, c’è stata la prontezza da parte dei cittadini – vedendo la situazione italiana e spagnola – nel ridurre gli spostamenti, ma il calo è stato solo graduale, in attesa di un’effettiva presa di posizione delle autorità nazionali.

Coronavirus: l’andamento della mobilità nelle città europee secondo i dati Apple

USA: le risposte statali a macchia di leopardo

Avevamo già parlato di come ogni governatore americano abbia annunciato il lockdown in giorni differenti, a causa del diverso numero di casi in ciascuno stato, ma anche – in alcuni casi – del colore politico del governatore. Infatti, alcuni stati repubblicani, come la Florida o il Texas, hanno annunciato la chiusura solo nei primi giorni di aprile, e quindi significativamente più tardi rispetto agli stati più colpiti governati dai democratici. Tuttavia, dai dati rilasciati da Apple questa differenza non è così evidente: in effetti, nella maggior parte delle città in analisi, il calo più importante nella mobilità si ha attorno all’11-12 marzo.

La differenza, piuttosto, può essere riscontrata nel grado di mobilità a cui si arriva. Fra le città del West, San Francisco è quella che registra un calo della mobilità più graduale e, rispetto a gennaio, più marcato se paragonato ai cali di Denver, Los Angeles e Seattle (nonostante i governatori degli stati di queste città siano tutti democratici). Il caso di San Francisco è particolare, come emerge dalla curva: infatti, nonostante il 17 marzo si registrassero meno di 50 casi di coronavirus in città, la sindaca Breed dichiarò subito il lockdown. Si è trattato di una scelta inizialmente criticata come prematura e affrettata, ma che in seguito sarà presa come modello per altre città.

Coronavirus: l’andamento della mobilità nelle città americane secondo i dati Apple

Un altro caso interessante è quello di Boston (in Massachusetts, stato repubblicano) che, a confronto con le altre città dell’East Coast, ha un calo degli spostamenti più notevole sia di Baltimora (in Maryland, anch’esso stato repubblicano) che di Philadelphia, città più popolosa della democratica Pennsylvania. Anche tra due città del Midwest come Chicago e Detroit, entrambe in Stati governati dai democratici, il tasso di mobilità è differente, nonostante il lockdown sia stato annunciato a soli 3 giorni di distanza tra uno stato e l’altro (in Michigan il 24 marzo, mentre nell’Illinois il 21).

E per quanto riguarda New York, la città maggiormente colpita? La Grande Mela ha il primo caso confermato il 1° marzo, per poi segnare un’impennata durante le due settimane successive. Il vero calo nella mobilità si registra però solo 10 giorni dopo: in effetti, il 1°marzo il livello di mobilità è pari al 103,4% rispetto gli inizi di gennaio, e il 7 marzo è addirittura al 148%. Solo, dal 17 marzo il calo – seppur lento – diventa costante, giungendo all’attuale 31,8% in quasi un mese. Sembra dunque che il ritardo nello stabilire il lockdown e nell’effettivo arresto della città abbiano sicuramente favorito l’impennata di casi positivi.

A oggi, visto il costante aumento dei casi, gli spostamenti dei newyorkesi rimangono ancora al 35%, uno dei livelli più bassi insieme a San Francisco (32,3%). Nel resto del Paese, invece, i cittadini hanno ripreso a spostarsi: ad Atlanta e Baltimora, per esempio, si raggiungono l’82,6% e il 78,6% rispetto a inizio gennaio

 

Il calo della mobilità anticipa i lockdown

Sicuramente i provvedimenti presi dai singoli stati influenzano la mobilità, soprattutto se il Governo decide la chiusura del Paese con limitazioni degli spostamenti. Tuttavia, molti Stati hanno conosciuto una riduzione degli spostamenti ancora prima dell’entrata in vigore del lockdown. Per esempio in Italia, prima ancora del 9 marzo, gli spostamenti a piedi erano già notevolmente calati, probabilmente per via del focolaio di Codogno e dell’aumento repentino dei casi in Lombardia: le notizie sull’aumento dei casi positivi, insomma, sono state senz’ombra di dubbio un deterrente psicologico alla mobilità dei cittadini.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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