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Continuare a celebrare oggi Trieste e Gorizia italiane è come parlare di "reato penale", un pleonasmo storico utile solo ai nazionalisti

Trieste è oggi una cosa diversa rispetto a quella che fu un tempo, quando venne contesa, quando era una città contesa, quando si rischiò addirittura lo scoppio della terza guerra mondiale per la causa triestina. Cosa che oggi farebbe sorridere, eppure in quel tempo da sorridere c'era ben poco.

 Rifugiarsi nel passato è un espediente per fuggire dal presente, quel presente connotato da pochezza, da vuoti, tipici della nostra epoca. Trieste così come Gorizia per lungo tempo furono città dall'anima e spirito asburgico. Oggi, questo spirito lo si può intravedere solo nell'architettura di queste città che spingono a rendere Trieste unica, grazie al suo fascino imperiale, e Gorizia, per il suo essere stato contenitore di una pluralismo che oggi esiste solo nelle metafore o in quella "Nizza d'Austria". Trieste e Gorizia sono due città che si stanno piegando all'omologazione di massa, che è il grande turismo che nel paradosso dei paradossi tende a valorizzare solo per ragioni economiche e null'altro aspetti che per cent'anni son rimasi sepolti nel tabù storico. Oggi ricordare l'aspetto asburgico di queste due località non è più un mistero, perchè nell'economica del turismo, conviene e la storia è flessibile, si adatta con il rischio poi diventare quel circo privo di ogni senso che è la Berlino di oggi. Se c'è un qualcosa però che non ha più alcun senso è celebrare ancora l'italianità di Trieste e Gorizia. Ciò lo si può definire un pleonasmo storico. Un concetto inutile, espressione sovrabbondante, formata con l’aggiunta di quell'italianità che non ha più alcun senso dal punto di vista storico e concettuale. Un pò come parlare di reato penale. Ciò perchè Trieste e Gorizia sono indiscutibilmente città italiane ed esistono già delle feste nazionali e patriottiche dove ricondurre tutto ciò, come il 4 novembre oppure il 25 aprile, date universali dove evitare la ridondanza in salsa locale e revisionistica di eventi che agli italiani non interessano più. Continuare a soffermarsi su celebrazioni come il 26 ottobre, o il 12 giugno, o anche le date del 26 o 27 marzo a Gorizia, sono superflue, che servono solo ad alimentare nazionalismi e sentimenti anti europeisti in un contesto storico dove sicuramente c'è più bisogno di Europa a partire dalla costruzione di una politica di difesa comunitaria condivisa in un mondo sempre più bellicoso e orientato a sostenere i propri equilibri con la forza delle armi più che con quella della dialettica diplomatica. Ma qui nel confine orientale si preferisce concentrarsi su altro, come se Trieste e Gorizia avessero ancora oggi bisogno di dover rimarcare il proprio essere italiane e questo è un aspetto di debolezza culturale, politica e storica, appunto, un inutile pleonasmo storico.

mb

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