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Concordato: amore tossico fra Stato e chiesa, dal 1929

Che tra la repubblica italiana e lo stato Vaticano corra una robusta corresponsione di amorosi sensi, accentuatasi in questa ultima compagine governativa, è fatto notorio e poco contestabile. Più che mai appropriata quindi la scelta di celebrare in pompa magna, Mattarella e Meloni in testa, il novantaquattresimo anniversario dei Patti lateranensi e il trentanovesimo degli accordi di Villa Madama, cosiddetto nuovo Concordato, proprio il giorno di san Valentino.

Data mediana tra l’11 febbraio dei patti stipulati dal Mussolini “uomo della Provvidenza” nell’anniversario dell’apparizione della Madonna di Lourdes e il 18 del reiterato trattato del 1984. A due giorni di distanza dal compleanno di Darwin. E soprattutto dal Festival di Sanremo, giusto per evitare sovrapposizioni scomode che potrebbero togliere qualche minuto dagli immancabili prime time di tutti i telegiornali.

Che questa love story sia, di fatto, una relazione tossica, basata sulla sudditanza non solo psicologica di una parte sull’altra, è reso evidente in realtà proprio da quel “Big C” che mentre scriviamo si sta ufficialmente festeggiando a salamelecchi e champagne istituzionali.

Il Concordato appunto, quello strano trattato internazionale che come tale unico e solo è nominato nella nostra Costituzione e sempre come tale non è sottoponibile a referendum abrogativo. Quello stesso trattato internazionale che viene però lanciato a piombo in mezzo a un dibattito squisitamente interno all’ordinamento italiano, quale quello attorno al ddl Zan per citare l’esempio più conclamato e recente, come fosse di valenza superiore a qualsivoglia altra fonte o impegno internazionale.

Quello stesso Concordato che nella visione mainstream vede tra gli oppositori solo nostalgici anticlericali, un po’ garibaldini in senso largo, un po’ mazziniani in senso stretto, ma comunque ideologicamente orientati a una muffita battaglia di principio e di nicchia. Non fosse però che il Concordato mette mano pesantemente nella nostra vita e nelle nostre tasche ogni giorno tutti i giorni, non solo a febbraio. E con nostre intendo di ogni cittadino italiano, volente o nolente, senza qui sì distinzione di sesso, lingua o religione alcuna.

E la normazione che dal Concordato direttamente discende, come obbligo assunto dalla nostra repubblica, ramifica a sua volta in si può dire praticamente ogni aspetto della quotidianità. Fino a creare un flusso di denaro che tra costi diretti e indiretti supera i tre miliardi di euro annui. Un miliardo da solo deriva dall’otto per mille, sistema fumoso di tassazione obbligatoria che dal 1985 ha sostituito la ben più ridotta congrua del vecchio Concordato.

Un’altra buona fetta è per gli insegnanti di religione, scelti però dal vescovo. Religione cattolica che dal 1984 è sì non più religione di stato, ma che è al contempo stata estesa come materia che lo stato è obbligato ad assicurare anche alle scuole dell’infanzia. Su quanto poi nei fatti sia per famiglie e studenti davvero facoltativa e sia de plano assicurata la possibilità di non subire indottrinamento nelle scuole pubbliche è tutta un’altra e molto lunga storia.

Anche le esenzioni doganali e fiscali, così come l’obbligo di garantire la sicurezza allo stato di Città del Vaticano con la nostra polizia (con buona pace delle decorative guardie svizzere), non costano proprio due spicci. Così come l’assistenza spirituale nelle forze armate, negli ospedali, nelle carceri: non è gratis, non è volontariato. Ed è obbligo concordatario. Ma fosse solo un problema di vil denaro, che comunque con i tempi che corrono resta indegno sperperare, per di più discriminando.

Dal Concordato dipendono anche le festività riconosciute: su 12 (+1: il santo patrono di ogni comune) festività nazionali solo 4 sono non religiose: 1 gennaio, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno. Manca il XX settembre ma ci sono tutti i santi del primo novembre, per dire. Dal Concordato dipendono le impunità e le immunità ecclesiastiche. Quel non obbligo scritto nero su bianco che permette a chi indossa un abito talare di non fornire informazione alcuna che abbia avuto «in ragione del suo ministero», che casualmente fa scomparire al momento giusto preti pedofili o a vario titolo inquisiti e financo condannati in opportuni esercizi spirituali esteri.

Così come deriva dal Concordato il regime speciale di nullità del matrimonio ecclesiastico, quella Sacra Rota dai costi proibitivi e solo recentemente e in parte calmierati, che dichiara matrimoni pluridecennali come mai esistiti sulla base di una riserva mentale. Concordato che è anche en passant il luogo nel quale il nostro stato si impegna a riconoscere «il valore immutato della dottrina cattolica sul matrimonio». Poi ci si chiede come mai siamo stati fra gli ultimi in Europa ad ottenere le unioni civili e perché il matrimonio egualitario resta talmente lontano da farsi guardare solo col cannocchiale.

Si sa, c’è amore e amore a guardarlo con la lente del confessionalismo di Stato. E proprio in questa giornata dedicata a inesistenti santi decapitati e ai cioccolatini ci troviamo a celebrare se non la sudditanza quanto meno il conclamato servilismo dell’Italia al Vaticano: quell’amore tossico che paghiamo e a caro prezzo, simbolico e non, tutti noi.

Adele Orioli

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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