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Comunismo oggi

In un interessantissimo articolo del 1949 di Benedetto Croce intitolato "La storia del comunismo vista fuori dei partiti" ( Il Corriere della Sera del 16/06/1949), rintracciabile oggi nel web alla pagina http://www.nereovilla.it/comunismo-... intitolata "Comunismo ieri", sono sottolineati fatti di 60 anni fa che oggi (2010) sembrano essere ancora sostanzialmente sconosciuti alla maggior parte degli uomini di sinistra.

Comunismo oggi

Leggendo tale articolo si scopre che la contraddizione ed il paradosso sono i fondamenti principali del comunismo, i cui promotori per esempio consistevano in una classe appellata da loro stessi "borghese" e da loro stessi odiata con ogni loro forza. È un po’ come se un deficiente affermasse che odia i deficienti!

 

Ed ancora oggi i neostalinisti, usi ad insultare col titolo di "borghese" i loro simili in quanto non allineati alla dottrina del materialismo storico o dialettico non mancano. A riprova di ciò basta inserire in un qualsiasi motore di ricerca del web le parole "stalinista forum" e subito ci si accorge che moltissimi sono coloro che da anni identifico nella "D.O.D.I.&C.", acrostico di mia invenzione per caratterizzare, appunto, la "Compagnia Dove Ogni Deficiente Impera. Sceglierò a questo proposito, come punto di riferimento per l’attualità, il forum politicainrete.net.

Ma torniamo ora a Benedetto Croce. Nell’articolo sopra citato il Croce sottolineava che ogni anelito a risolvere la questione sociale era ritenuto dai comunisti tanto utopico quanto inesistente e inutile, dato che con la rivoluzione tutto sarebbe andato a posto in futuro - a questo proposito Croce faceva notare che l’abitudine di coniugare sempre tutto al futuro era tipica del regime bolscevico - anche se per attuarla occorreva innanzitutto volere l’iniziale peggioramento delle condizioni sociali come necessaria e stimolante premessa generata dall’odio di classe e finalizzata ad offrire la speranza, almeno, di iniziare a veder muoversi qualcosa: la rivoluzione comunista appunto.

La logica del bestialismo materialistico pratico era: proletari di tutto il mondo unitevi nell’odio contro i non proletari perché così, con l’unione che fa la forza, incominciamo a spaccare tutto e a cambiare il mondo. Noi non vogliamo capirlo come fanno i filosofi, noi vogliamo cambiarlo. Se Aristotele dice che la forma da riformare è innanzitutto spirituale, immateriale, sovrasensibile, dato che solo la forza logica (logos) può far sì che l’aggregato sconnesso di sensazioni diventi insieme ordinato di cose nominabili, e che quindi occorre partire dal pensare per riformare, noi partiamo invece dalla materia: spacchiamo le forme e riformiamo, perché siamo stanchi di essere manipolati dai filosofi e dai teologi della "santificazione del nome". E se vogliamo parlare in termini di filosofia, la nostra filosofia, grazie a Marx, nostro salvatore, si realizza nella sua distruzione, dato che vediamo quella distruzione nel comunismo.

Cosa avvenne però in tal modo? Avvenne che la qualità di regime politico che in tal modo si creò e che portava il nome di comunismo, non abolì per nulla lo Stato, come Marx aveva prescritto, ma lo ripropose ancora più forte ed assoluto di prima, dato che si arrivò ad un totalitarismo a cui non era arrivato nemmeno lo zarismo che si volle distruggere. Il comunismo dunque che mai ottenne l’uguaglianza economica auspicata, dato che la misura dei salari degli operai non fu e non è certo quella dei politici, e degli alti gradi dello Stato, non fu e non è altro che un secondo zarismo.

Infatti l’idea di cambiar musica distruggendo il pianoforte è solo una bestialità che non porta ad null’altro che all’"abbassamento della vita spirituale in tutte le sue manifestazioni, se anche non si possa di queste strappare gli ascosi germi, dai quali rinasceranno, nel modo stesso che nella età che si disse primitiva e selvaggia nacquero" (B. Croce, "La storia del comunismo vista fuori dei partiti", op. cit.).

Per arrivare a tanto, che è in fondo il parlamentarismo odierno, l’aberrante politica odierna, tanto di sinistra quanto di destra, anzi soprattutto di destra in quanto keynesiana e mascherata da anticomunismo, dunque di difficile individuazione soprattutto per l’uomo di oggi disabituato a pensare, occorreva, fra l’altro, una nuova cultura, la cosiddetta "arte proletaria" (ibid.). Al culto di Ur, che la parola "cultura" racchiude etimologicamente in sé come culto della luce ("ur" ed "or", in ebraico e in caldaico, significano luce, da cui anche i termini "aura", "oro", "oriente", "ordine", ecc.) si passava così alla kultura intesa non come forza ideale bensì come promozione della forza bruta o armata contro i non proletari - come dimostrarono poi le guerre - e ciò doveva essere promosso nonostante che, già dopo la seconda guerra mondiale, si avvertiva sempre più che si continuava a catechizzare la gente col la dottrina del marxismo, "tanto più insistentemente quanto meno [tale dottrina] era creduta" (ibid.).

Ma l’indebolimento del pensare a cui si era pervenuti con la limitazione materialistica del giudizio critico - limitazione dovuta all’odio della filosofia stessa, intesa come miseria (soprattutto nel libro di Marx "La miseria della filosofia") - faceva ugualmente accettare tale dottrina in modo dogmatico, vale a dire premettendola ad ogni ragionevolezza possibile. Ma ciò che sta sopra cosa in modo così acritico cosa altro è se non superstizione (quod super stat)?  

 Nasceva così una speciale superstizione, o magia: una vera e propria religion of darkness: "una nuova mitologia della luce e della tenebra" (ibid.), fatta di rozzezza spirituale e di "indistinzione della menzogna dalla verità" (ibid.), per cui il dire il contrario di quel che si sapeva vero, era considerato un bene anche se determinato dalla paura!

In tal modo si ritenne cosa buona e giusta che l’attività interiore degli uomini si indurisse e si bloccasse fino alla "necessaria" meccanizzazione dello spirito! Sembra incredibile ma è davvero così. La coerenza meccanica prendeva infatti il posto della coerenza umana degli individui. Ed avveniva soprattutto qualcosa di micidiale: l’esemplare della specie animale "uomo" prendeva il posto dell’individualità, la quale per definizione si emancipa dai condizionamenti della specie! Ecco perché il comunismo, pur essendo espressione di brutalità crassa in quanto deficiente di sofia, continua a sussistere soprattutto come materialismo e meccanizzazione dello spirito, a partire dalla statale "scuola dell’obbligo" (già questa espressione la dice lunga) o dalle università, deprivate di universalità! 

Da quanto precede si può dunque notare come sia attualissimo il citato articolo di Croce: non solo perché sono sessant’anni che si parla nei parlamenti di programmi politici per le riforme senza attuarne alcuna, né perché chi ci governa si professa anticomunista keynesiano - che in verità è una contraddizione in termini... statalistici - ma perché neomarxismo, neoleninismo ed neotrotskysmo sembrano ancora molto in auge, tanto nei salotti televisivi quanto nel web. Ed ora è il momento di citare il forum internet "politicainrete.net".

In tale forum (ma ripeto non c’è solo quello, dato che la meccanizzazione dello spirito è qualcosa che riguarda non solo il "pensiero" di sinistra ma anche quello di destra e perfino del cattolicesimo; cfr. ad es., il video: http://www.youtube.com/watch?v=JH2vqckoJws), il comunista di oggi è il leninista coerente con la bestialità. Oggi molti pensano che il leninismo sia superato. Ma non è così. Leggendo nel forum sopracitato il carteggio di un sedicente leninista con un filosofo neomarxista, emerge sen’altro maggiore coerenza nel leninista, anche se si tratta di coerenza con l’antilogica della "filosofia" antifilosofica di Marx.

Infatti se si è coerenti con l’impostazione della "logica" insita già a partire dal titolo del libro di Marx "La miseria della filosofia", che fino a prova contraria denota avversione assoluta nei confronti della filosofia, non si può che affermare frasi come le seguenti (del leninista): "la filosofia si realizza nella sua distruzione e Marx vede quella distruzione nel comunismo" (http://forum.politicainrete.net/799900-post3.html); "la difesa della filosofia la si fa uccidendola nella prassi comunista che genererà una Scienza Totale senza bisogno di discipline" (http://forum.politicainrete.net/801766-post11.html).

Ma in definitiva dove porta tale coerenza col bestialismo materialistico pratico? Porta al tradimento dell’"io", dunque all’anticristianesimo (intendo col nome tecnico "Cristo" l’involucro dell’io e della perduta sindéresi): "io come Uomo non esisto, esisto solo in quanto essere umano facente parte di una determinata comunità, non sono portatore di nessun diritto naturale; sono i rapporti tra me e gli altri e tra me e le cose. I Soggetti così come se li immagina da millenni la filosofia non esistono" (http://forum.politicainrete.net/800674-post7.html). Mi sembra chiaro.
 

Eccoci arrivati all’uomo in quanto mero "esemplare della specie" dato che "il comunismo (essendo socialità) non può permettere che in sè prevalgano questi istinti particolari slegati dalla comunità (i comunitaristi che si scordano la Kommune?)" (http://forum.politicainrete.net/799900-post3.html). Infatti in questo contesto non si concepisce l’uomo in quanto individualità superatrice dei condizionamenti della specie, perché si teme l’evoluzione dell’individuo come distruzione ("atomizzazione") del comunismo: "la tendenza è verso l’integrazione totale, non verso l’atomizzazione" (ibid.)!

Di fronte a ragionamenti di questo tipo non viene forse voglia di creare un comitato per la difesa dell’individuo dall’imbecillità? Se fossi giovane mi occuperei certamente di creare una simile associazione! Infatti se all’inizio del secolo passato Rudolf Steiner, il filosofo de "La filosofia della libertà", diceva nel 1918 che l’intelligenza di Trotsky era avulsa dalla realtà (R. Steiner, Esigenze sociali dei tempi nuovi), oggi - a secolare distanza - ci sono ancora persone che affermano l’altezza di tale "avulsione": "io di sicuro non mi considero all’altezza di Lenin o di Trotsky" (http://forum.politicainrete.net/801766-post11.html)!

Il "pensiero" di Marx, di Lenin, di Kurt Eisner e di Trotsky poggiava infatti sull’illusione che si potessero sottomettere i cosiddetti colletti bianchi ad un collegio proletario che desse gli ordini, dato che per costoro, e soprattutto per Trotsky, il più importante compito della rivoluzione russa consisteva nella creazione di un’armata! (Steiner, op. cit.). Infatti per Steiner, Lenin e Trotzki erano "i massimi e più sicuri nemici di una vera evoluzione spirituale dell’umanità, come non ve ne furono dai tempi dei peggiori imperatori romani, e neppure ai tempi dei tanto malfamati eroi del Rinascimento. Ad esempio, nel divenire storico i Borgia furono veri pivellini nel combattere lo spirito, rispetto a quel che si nasconde in uomini quali Lenin e Trotzki" (R. Steiner, "La necessità della coscienza per il presente e l’avvenire")!

È ovvio che di fronte agli attuali leninisti e/o trotzkysti, che odiano gli attuali sedicenti filosofi neomarxisti, io mi sento sostanzialmente più vicino al Marx di questi ultimi, anche se non riterrò mai Karl Marx un filosofo. E mi sentirei più vicino ad esso anche se l’operazione di tali neomarxisti risultasse a conti fatti una mera operazione commerciale. Perché in fondo l’istanza del marxismo non è altro - così almeno pare a me - che l’umana richiesta di avvicinarsi responsabilmente al mondo sovrasensibile, cioè ad una superiore percezione delle cose.

Io non credo che gli uomini si dividano fra persone di destra o di sinistra, bensì fra chi crede nella forza dell’idea, e chi non ha accesso a questa forza. Dai ragionamenti dei sedicenti filosofi neomarxisti mi sembra che essi abbiano questo accesso, anche se per ora si dimostrano ancora in larga misura proni al loro maestro Gianni Vattimo (http://forum.politicainrete.net/819653-post31.html) che tale accesso non sembra avere. Da questo punto di vista, l’attuale lotta "di classe" fra esseri umani condizionati da Lenin ed esseri umani condizionati da Vattimo è qualcosa di veramente anacronistico e tragicomico fino alle lacrime: una patologia tutta italica, che volendo ancora dividere il mondo tra destra e sinistra, trasforma l’italiano in un meschino "uomo del risentimento"...

La mia distanza col neomarxismo odierno dunque rimane. E in modo assoluto. Essa consiste soprattutto nel modo di intendere la dialettica e la storia, dato che il pensare è almeno una tacca sopra la materia (cfr. a questo proposito Massimo Scaligero in "Il pensiero come antimateria").

Semmai la distinzione, se vogliamo farla, è tra chi sa d’essere libero e chi non lo sa (o meglio, non vuole saperlo). "Dai la libertà all’uomo debole, e questi si legherà e te la riporterà. Per il cuore debole la libertà non ha senso" scriveva nel 1847 Dostoevskij, uno che su tale argomento ha detto molto (Fëdor Dostoevskij, "L’affittacamere").

Tanto il socialismo quanto il fascismo mostrarono istanze umane comprensibili: da un lato il desiderio dell’uguaglianza e della protezione dall’ingiustizia perpetrata dall’economia (socialismo), dall’altro il desiderio del rispetto della legge e dell’ordine sociale (fascismo). Si tratta di istanze o di aneliti pulsanti nell’uomo - il quale è comunque e concretamente libertà - e ai quali l’uomo risponde appunto astraendo un’uguaglianza ed un ordine che nella vita, nel concreto, sono irrealizzabili ed il cui tentativo di realizzarli non può che esplicarsi attraverso una disumana violenza affinché l’uomo venga subordinato a quelle necessità. La libertà sacrificata all’astratto: questo vogliono il socialismo e il fascismo. Perché non c’è cosa più penosa per l’uomo della libertà, diceva il personaggio del grande inquisitore de "I fratelli Karamazov" di Dostoevskij.

Ecco perché solo l’attuazione dell’idea steineriana della triarticolazione dei poteri dell’organismo sociale può armonizzare queste vie in modo non violento: la via della fraternità nell’economia, quella dell’uguaglianza nel diritto, e quella della libertà nella cultura. Da questo punto di vista l’idea economica del filosofo Hans Herman Hoppe in merito all’anarcocapitalismo è sacrosanta, anche se questa parola, è diventata un doppio tabù in quanto il concetto di anarchia è ancora pensato in modo ottocentesco intendendo l’attività dei bombaroli, ed in quanto soprattutto si crede capitalismo il corporativismo dei manipolatori di capitali, cioè lo statalismo odierno. 

Infatti quando comunismo e fascismo emergono, vuol dire che siamo ancora lontani da tale attuazione e che quella libertà ha operato male. Occorre imparare ad essere liberi, e questo vale sia per la politica che per l’economia: perché se vi è un modo che fa nascere il desiderio di uguaglianza economica ed un modo che fa nascere il desiderio di uno stato totalitario, ciò significa che il modo in cui si è liberi non è indifferente.

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