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Col bonus monopattini abbiamo inventato le file digitali

Innovazione nella tradizione: digitali e telematiche, ma sempre italianissime file sono. Incluso il tempo perso per partecipare alla riffa

di Mario Seminerio – Domani Quotidiano

Il solito caotico teatrino sul cosiddetto bonus mobilità, con sito non accessibile per eccesso di accessi, problemi allo SPID ma soprattutto con la formula assurda del click day, cioè chi prima arriva meglio alloggia, è l’abituale rappresentazione del modo in cui questo paese cerca di entrare nella meravigliosa era digitale: a calci nel fondoschiena e in coda, come ai bei vecchi tempi delle file fisiche.

Sarà forse per dimostrare che c’è tradizione nell’innovazione, ma questa protervia nel fare impazzire i sudditi che accorrono a riscuotere il premio della riffa è a sua volta caratteristica della cultura di governo di questo paese.

Proviamo a scomporre la vicenda nei suoi elementi costitutivi, per cercare di cogliere almeno quello valido e riutilizzabile, e non fermarci al solito rito collettivo recriminatorio.

ALMENO C’È LO SPID

Intanto, un elemento positivo, anche se nasce da un travaglio tanto doloroso quanto evitabile, è il balzo in avanti che questo e altri bonus hanno prodotto nella diffusione del sistema pubblico di identità digitale, lo SPID.

Questo è un risultato da capitalizzare, per ogni futuro rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione. Possiamo considerarlo un investimento, pur se nato da un sistema di erogazioni a incentivo che di razionale ha assai poco.

In termini di marketing politico, si è cercato di coniugare il sostegno ai produttori di cicli, già in grave sofferenza per l’invasione asiatica, con lo spin “green” della mobilità dolce.Tutto bene, a parte per la quota di acquisti che di fatto andranno a beneficiare i produttori esteri, e i loro importatori italiani. Piuttosto che niente, meglio piuttosto.

Poi, l’aspetto del razionamento delle risorse, che è una consolidata tradizione italiana, e che ricorda antichi e dolorosi dipinti neorealisti di file per il pane e altre primarie necessità. In un paese che, ormai da tempo, trova coperture finanziarie (reali o di fantasia) per tutto, non si comprende perché ricorrere a questi sadici tetti e non stimare ex ante la potenziale domanda, prevedendo quindi recuperi successivi meno stressanti, ad esempio sotto forma di credito d’imposta rimborsabile.

Del resto, uno stanziamento di 215 milioni non appare tale da devastare i conti pubblici, in caso fosse stato reso più generoso per evitare il razionamento: non parliamo di importi rilevantissimi, dopo tutto.

DIGITALIZZAZIONE ALL’ITALIANA

Il bonus prevede il rimborso del 60 per cento delle spese effettuate dal 4 maggio al 2 novembre, o l’erogazione di un buono spesa da utilizzare nell’arco di 30 giorni per spese effettuate entro il 31 dicembre, per l’acquisto di biciclette, eBike, monopattini elettrici e servizi di mobilità condivisa a uso individuale. Non esattamente una misura redistributiva, certo, ma anche qui poteva andare peggio. Sulla effettiva necessità e priorità di una simile spesa, rimandiamo al capitolo marketing politico.

Tralasciamo poi la considerazione, tra il serio e il faceto, che il tempo perso davanti allo schermo di un computer per partecipare alla lotteria digitale non contribuirà a innalzare la produttività di sistema del nostro paese. Qualcuno potrebbe prenderci sul serio e giungere alla conclusione che la cosiddetta digitalizzazione, qui nella sua declinazione all’italiana, sia inutile quando non addirittura controproducente.

Parlando di click day non si capisce, poi, perché ogni volta realizzare un bel rito collettivo in cui viene simulato un attacco informatico di tipo denial of service, scatenando migliaia di accessi concorrenti. Forse per poter poi dare la colpa a degli hacker immaginari e non alla propria ottusità di pianificazione? Ah, saperlo.

Da ultimo, resta da capire quanto l’annuncio del bonus abbia spinto gli acquisti, e in che modo. Se si tratti di consumi nuovi o di sostituzione del parco ciclabile, per esempio.

Di certo, servirà capire quanta parte della domanda di bonus resterà inevasa e gli interessati avranno quindi sostenuto una spesa interamente di tasca propria, credendo per l’ennesima volta alle fiabe dello Stato erogatore di bonus. Ma forse questa credulità è figlia dell’attitudine nazionale verso i giochi. 

Foto di Boris Mayer da Pixabay 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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