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Cipro, l’ultimo di una lunga serie di casi unici

Mercati mondiali in gravi ambasce, quest’oggi, dopo l’annuncio del piano di salvataggio per Cipro che prevede di tosare pesantemente i depositanti bancari, inclusi quelli sotto la soglia di assicurazione pubblica sui depositi, pari a 100.000 euro. La mossa di Ue, Bce e Fmi è d’acchito scioccante e profondamente autolesionistica, nel senso di generatrice di un episodio contagioso le cui conseguenze potrebbero essere potenzialmente devastanti per l’intera Eurozona. Ad una lettura più attenta, tuttavia, ci si accorge che, dati i vincoli politici, europei e locali, di alternative vere ce n’erano poche o nessuna. Ma questa considerazione non ci fa star meglio.

 

Intanto, l’antefatto: Cipro ha un sistema bancario terribilmente ipertrofico, rispetto alla dimensione economica del paese: gli attivi bancari sono pari a circa 8 volte il Pil dello stato-isola. In pratica, prescindendo dal modo in cui questa ipertrofia si è sviluppata, possiamo dire che Cipro è una Islanda con l’euro. E questo conta moltissimo, nel trattamento e negli esiti della crisi. Le banche cipriote si sono gonfiate a questo modo essenzialmente perché l’isola è divenuta, nel corso degli anni, un centro finanziario offshore entro l’Eurozona, intercettando depositi, soprattutto russi e britannici. Anche la crisi greca ha giocato un pesante ruolo: le banche cipriote sono state riempite di depositi di cittadini greci in fuga. Questi enormi afflussi di fondi sono stati impiegati soprattutto in speculazioni immobiliari ed acquisti di titoli di stato greci. Operazioni andate ovviamente a rotoli, e che hanno prodotto un enorme buco negli attivi delle banche cipriote, stimato intorno ai 6-7 miliardi di euro.

Tale buco andava ovviamente coperto. Le stime della Ue indicavano un fabbisogno complessivo di circa 17 miliardi di euro, che può sembrare poca roba, ma alla fine è pur sempre pari a circa il 100 per cento del Pil del paese. Il salvataggio della Troika prevede 10 miliardi di aiuti ufficiali (bailout) ed i restanti 7 miliardi posti a carico degli investitori-risparmiatori ciprioti (bail-in). E qui sono sorti i guai sistemici, cioè contagiosi. Purtroppo pressoché inevitabili, vediamo perché.

Dove colpire per ristrutturare? Forse sul debito sovrano cipriota? Escluso, perché circa metà di tale debito è stato emesso sotto la legge britannica, e contiene della clausole di azione collettiva (CACs) che prevedono che la ristrutturazione sia possibile solo con accordo vincolante del 75 per cento dei creditori. Ciò preclude l’attuazione rapida ed indolore di un concambio “volontario” di titoli di stato, tale da ridurne il valore attuale, come fatto ad esempio due volte per la Grecia. Inoltre, la parte di debito sovrano cipriota emesso sotto la legge locale è nelle banche del paese, quindi ristrutturare (pur se tecnicamente possibile) non farebbe altro che gonfiare il prezzo del salvataggio a carico della Troika. E voi ricordate che a settembre si vota in Germania, vero?

Tra gli altri attivi aggredibili e sottoponibili a bail-in vi sarebbero le obbligazioni bancarie, sia senior che subordinate. Ma si è scoperto che le banche cipriote, potendo disporre di una enorme base di depositi, hanno emesso poco e nulla in termini di bond. Alla fine, dopo aver sfogliato la margherita, ci si accorge che restano praticamente solo i depositi bancari. E qui ci si attenderebbe una decurtazione solo sulla quota eccedente i 100.000 euro, cioè sulla parte non coperta da assicurazione pubblica sui depositi. Invece, con grande sorpresa di tutti, si scopre che anche i depositi coperti da assicurazione pubblica verranno incisi per un clamoroso 6,75 per cento, mentre quelli sopra tale importo, verosimilmente riconducibili soprattutto a non residenti, pagheranno il 9,9 per cento di questa bizzarra patrimoniale. Bizzarra perché prevede che i depositanti ricevano una sorta di warrant sul capitale azionario delle banche salvate, oltre (forse) ad una sorta di compartecipazione cartolarizzata al futuribile sfruttamento di giacimenti di gas scoperti nel paese.

Il mercato ovviamente non gradisce che la santità dell’assicurazione pubblica sui depositi venga stuprata a questo modo, e reagisce con un movimento di forte avversione al rischio che rende la piccola isola levantina un centro mondiale di contagio. Non c’è che dire, questa Eurozona regala a tutti un quarto d’ora di popolarità, nell’interminabile film dell’orrore a cui assistiamo da alcuni anni. Premesso che siamo tutti scioccati e scandalizzati per l’irruzione di questo euro-elefante nella sacra cristalleria dei depositi, l’unica domanda che dobbiamo porci è la seguente: c’erano reali alternative?

Vediamo: forse il fondo salvastati ESM avrebbe potuto erogare tutti i 17 miliardi, ma sappiamo che i tedeschi hanno già detto che non ci saranno ricapitalizzazioni dirette delle banche prima che sia partito il regolatore unico continentale, cioè la nuova funzione della Bce. E comunque che ESM non può e non deve pagare per gli errori compiuti nel passato dalle banche di singoli paesi. Non fa una piega, o ne fa comunque assai poche. I dieci miliardi di euro erogati da Ue e Fmi non sono comunque pochi, ove raffrontati alla dimensione di Cipro: siamo intorno al 55-60 per cento del Pil. Se il settore privato può partecipare solo attraverso interventi sui depositi, per i motivi sopra elencati, non ci sono alternative ad agire sui depositi. Il punto vero è: perché toccare anche i depositi inferiori a 100.000 euro, cioè tutta la popolazione cipriota, con una azione ferocemente regressiva, oltre che potentemente sistemica per il resto del continente e del pianeta?

Non è poi così difficile, riflettendoci: per tentare (illusoriamente) di preservare a Cipro il ruolo di centro finanziario offshore ricoperto sinora. Una lettura molto istruttiva è il retroscena del meeting dell’Eurogruppo della notte tra venerdì e sabato scorso, scritto dal corrispondente da Bruxelles del Financial Times, il bravo Peter Spiegel. Da esso si intuisce che il neo-presidente cipriota, Nicos Anastasiades, avrebbe tentato disperatamente di mantenere con ogni mezzo il ruolo di centro finanziario offshore del paese, passata la tempesta. A quel punto, dovendo imporre un taglio “lieve” ai depositi di non residenti, e dato il vincolo di preservare il contributo al salvataggio fornito dal settore privato, discende automaticamente la sciagurata tosatura dei depositi che si trovavano teoricamente coperti dalla assicurazione pubblica. È del tutto credibile e verosimile, infatti, che i tedeschi e gli altri creditori del Nord Europa non avessero particolare interesse alla distribuzione dell’onere del bail-in ma solo a preservare il saldo finale. Di tale posizione “negoziale” di Anastasiades vi è traccia anche nelle dichiarazioni di Joerg Asmussen, il “tedesco dal volto umano” che ha trattato per conto della Bce, informando costantemente Mario Draghi sull’evoluzione del negoziato. Ed oggi una fonte anonima sostiene che la Bce si sarebbe addirittura opposta al taglieggiamento dei depositi sotto la soglia dell’assicurazione pubblica.

Che accadrà, ora? Il contagio verrà contenuto e riassorbito oppure scivoleremo inevitabilmente verso la resa dei conti in Eurozona? La Bce vedrà drammaticamente depotenziato il valore deterrente del “whatever it takes” di Mario Draghi e delle sue Outright Monetary Transactions? Come reagirà Vladimir Putin alla tosatura dei suoi oligarchi? Riusciranno i nostri eroi a far passare per l’ennesima volta che Cipro è “un caso unico”, come lo è stata la Grecia? ItaliaSpagna e Portogallo subiranno un gradino all’insù nel costo della raccolta bancaria ed un nuovo chiodo conficcato nella loro bara? Attendiamo e vedremo. L’unica previsione che ci sentiamo di fare con una certa confidenza è che Cipro uscirà a pezzi da questo salvataggio. Ma non pensiamo vi fossero reali alternative a tale esito, purtroppo.

Resta un punto fondamentale, nel progressivo denudamento del re europeo e nello sbriciolamento delle nostre antiche certezze. Senza questo salvataggio, le banche cipriote saltano. Se saltano, il sovrano salta con loro. Se il sovrano salta, pensare che l’assicurazione pubblica sui depositi possa essere onorata è purissima illusione. È questo l’insegnamento più inquietante della vicenda cipriota, ed anche quello realmente sistemico, al di là della “unicità” della vicenda. Difficile che i mercati se ne dimentichino presto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Arrigo Garipoli (---.---.---.70) 19 marzo 2013 11:50

    Ma di cosa stai Parlando, ma cosa sono tutti questi voli pindarici su disquisizione pseduo finaziarie,
    ma perche un correntista che non specula in borsa che ha risparmiato e ha depositato i suoi soldi creati da un lavoro che ha prodotto richezza deve pagare per chi non sa fare la matematica o per quelli che la sanno fare solo a loro favore e guadagnano sul lavoro altrui vendendo fumo e creando povertà ,
    ma volete smettere di fare i professori quando ormai vediamo i risultati delle vostre formule ,
    sono davanti agli occhi di tutti, ma chi credete di prendere ancora in giro,

    E FINITA lo conoscete 0 Zero, be si che lo conoscete e quello degli altri per voi non esiste vero, be fatevene una ragione perche è quello che vi rimane fra le mani se siete fortunati, se mai vi rimarranno le mani e non metterranno la legge Araba in vigore

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