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Cinque proposte per riformare la giustizia civile

La lentezza della giustizia civile è una delle zavorre che affossano gli investimenti nel nostro paese.

In Italia, secondo il rapporto “Doing Business 2012”, per risolvere una controversia commerciale tra due imprese servono in media 3,3 anni, mentre per concludere un processo e ottenere una sentenza definitiva sono necessari 1.210 giorni.

Le differenze con le altre economie europee sono clamorose. In paesi come Francia Germania i processi civili si concludono rispettivamente in 331 e 394 giorni (quattro volte meno!). Il rapporto classifica l'italia al 160° posto su 185 paesi per la capacità della giustizia civile di "far rispettare i contratti" (superati anche dal Pakistan, che è 155°).

Processi così lunghi comportano scarsa fiducia dalle banche (che quindi erogano sempre meno credito) ed una minore possibilità di crescita economica e lavorativa delle aziende, oltre che un tasso di mortalità delle imprese in continuo aumento.

Come al solito non basta denunciare i problemi, cosa che fanno più o meno tutti, ma è necessario fare qualche proposta.

Ecco le nostre:

1) introduzione di un filtro in ingresso contro le cosiddette “liti temerarie” e l'abuso del processo, spesso alimentato da un esercito di avvocati che in Italia ha proporzioni abnormi.

2) introduzione del filtro in appello, prevedendo che il giudice, in caso di manifesta fondatezza o infondatezza dell'appello, pronunci sentenza direttamente nella prima udienza. Si eviterebbero anni di inutili passaggi tra un rinvio e l'altro.

3) smaltimento dell'arretrato mediante il richiamo alle funzioni giurisdizionali di tutti i magistrati distaccati presso i ministeri ed altri enti pubblici. Divieto per i magistrati di assumere incarichi extra-giudiziari, in modo che tutto il loro tempo sia concentrato sul lavoro ordinario

4) riduzione e semplificazione dei riti processuali civili, ossia delle modalità con le quali si inizia, si celebra e si conclude il procedimento. Informatizzazione delle procedure e ricorso alle nuove tecnologie per le notifiche (ad esempio P.E.C. in luogo dei sistemi postali).

5) introduzione di modalità differenti dal processo per la risoluzione dei conflitti, in particolare in materia commerciale. Qualcosa è stato fatto con la mediazione, introdotta nel 2010 dal decreto legislativo n. 180. Ma è ancora troppo poco. La Commissione Europea ha censito oltre 700 modalità diverse di risoluzione dei conflitti, possibile che qualcuna non possa essere inserita nel nostro ordinamento?

Rendere più efficiente la giustizia civile è anche una questione di risparmi.

Gli attuali irragionevoli tempi causano sanzioni dall’Unione Europea e un danno economico che secondo Mario Draghi – ex Governatore della Banca d’Italia - costa al nostro paese un punto di PIL, cioè 14,1 miliardi all'anno.

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