• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Cina sospende per due anni la pena di morte. Interessa a qualcuno?

Cina sospende per due anni la pena di morte. Interessa a qualcuno?

Il 25 maggio la suprema istanza giudiziaria cinese ha sospeso per due anni le condanne capitali. Per una combinazione sicuramente calcolata, la decisione fa scattare un articolo del codice cinese che stabilice la commutazione della pena capitale in ergastolo, qualora la condanna sia sospesa per un periodo di due anni. Così almeno assicurano i più quotati sinologi. Ne consegue che, salvo l'oscura eccezione per le condanne "che devono essere eseguite immediatamente" contenuta nellla decisione della corte, quasi tutti i condannati a morte cinesi vedranno la pena commutata automaticamente in ergastolo.

Una novità che in teoria dovrebbe avrebbe dovuto fare molto rumore in un Occidente, abitualmente scosso da appelli contro il governo cinese, in particolare proprio per il fatto che la Cina è il paese che pratica il maggior numero di esecuzioni capitali in assoluto (anche se non in rapporto alla popolazione) ed è per questo da anni al centro dell'attenzione delle associazioni che si battono per i diritti umani e dei governi che con i diritti umani cercano di giustificare l'infrazione di altri diritti umani. Se la Cina portasse a zero o quasi le esecuzioni, la nuova classifica della vergogna vedrebbe in testa il Pakistan, a guidare un plotone di paesi con un centinaio o poco più di esecuzioni all'anno, tra i quali gli Stati Uniti e tanti buoni alleati dell'Occidente. Qualcuno ha sentito proteste contro la pena di morte in Pakistan? O contro le esecuzioni capitali nei paesi "alleati", se non addirittura occupati dai portatori di democrazia? Qualcuno tra quelli che ha diffuso gli appelli contro le condanne capitali in Iran ha fatto lo stesso per quelle più numerose in Iraq?

A memoria direi di no, così non mi ha stupito per nulla leggere l'appello di chi ha dato la notizia della svolta cinese che ha fatto Gennaro Carotenuto, anche se mi ha fatto lo stesso impressione. Così come mi ha fatto impressione alcuni giorni dopo leggere di polemiche sui colloqui con i vertici cinesi invitati in Italia alla festa per il 150° del paese. Articoli che attaccano la Cina e chiedono al governo un'azione in difesa dei diritti umani, giudicando inopportuni incontri che cadono nell'anniversario di Tienanmen. Nemmeno un accenno alla moratoria sulle esecuzioni, quando semmai sarebbe stato il caso di plaudire la decisione sulla pena di morte e mostrare apprezzamento per quella che comunque rappresenta una svolta epocale per la società cinese, soprattutto dal punto di vista culturale. Invece niente, non si hanno notizie di interventi italiani in tal senso e probabilmente Napolitano e Frattini sono all'oscuro di questa cosuccia sulla pena di morte in Cina. Se lo dovevano venire a sapere dai telegiornali non c'è speranza, i telegiornali hanno proprio bucato la notizia, tanto che non risulta la reazione di un solo parlamentare, nemmeno una dichiarazione solitaria, nemmeno Berlusconi che si attribuisce il merito d'aver convinto i cinesi. Evidentemente certe retoriche e certo peloso interesse per i diritti umani sono atti ipocriti che fanno parte di un filone propagandistico ben noto e ben radicato nell'infosfera occidentale fin dalla guerra fredda. Mentre le élite occidentali hanno fatto profitti pantagruelici delocalizzando in Cina dove i lavoratori godono di meno diritti e remunerazione, i media che controllano hanno continuato ad offrire alle opinioni pubbliche domestiche la Cina come una plausibile minaccia, contro la quale mobilitare la società in caso di bisogno. E gran parte di questa propaganda si è esplicata proprio attraverso la strumentalizzazione della questione dei diritti umani. Che non vuole dire che i diritti umani vivano una stagione di splendore in Cina, ma solo che è evidente una strumentalizzazione che ha la stessa matrice culturale e politica della propaganda che ha infestato la Guerra Fredda e poi la fintissima War On Terror. Basta allargare lo sguardo alla massa di violazioni dei diritti umani nei paesi in teoria buoni e alleati, per rendersi conto che si tratta semplicemente di uno strumento retorico, ormai logorato dal plateale e sistematico impiego di un doppio standard che ne mina alla radice ogni legittimità.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares